Analisi sulla situazione politica "made in Modugno"

Pd, “confusa chiarezza”: al voto tra qualche mese ma alleanze e programmi in alto mare. Solo nomi. Tre gli aspiranti candidati al ruolo di primo cittadino. Non è ancora chiaro il metodo che il Partito Democratico utilizzerà per raggiungere una sintesi che individui un solo candidato: primarie di partito, di coalizione o direttamente alle urne? All’interno del partito di maggioranza del centro sinistra esiste, da qualche mese a questa parte, un serio problema: l’individuazione di un metodo per decretare il candidato unico del Partito democratico.

Desiderio del coordinatore Lilly Del Zotti e di tutti coloro che frequentano le riunioni aperte del partito democratico di Modugno, è la designazione di un candidato sindaco che rispecchi veramente il desiderio di cambiamento di questo nuovo coordinamento e che, soprattutto, sia voluto dai cittadini. Le possibilità sono molteplici ed ognuna comporta dei rischi di “non democraticità”. Una possibilità è la convocazione ufficiale del coordinamento con relativa votazione con la conseguenza che appena trenta persone, di cui forse solo un terzo assidui frequentatori della vita del partito, si chiuda nella classica “stanza segreta” e decida per tutti come accadeva in passato.

La seconda possibilità è la convocazione – con relativa votazione – dei 203 tesserati del Pd con il rischio, paventato da alcuni, di votazione falsata a causa della presunta presenza di “tessere vuote”. Un’altra possibilità è l’utilizzo dello strumento delle primarie di partito, chiamando in causa la cittadinanza per individuare il candidato del Pd. La conseguenza di quest’ultima scelta, e che dopo le primarie di partito si debbano chiamare una seconda volta gli stessi cittadini per le primarie di coalizione, una terza volta per le amministra- tive e probabilmente un’altra volta ancora in caso di ballottaggio.

L’ultima alternativa, infine, è quella di presentare tutti i candidati del Pd direttamente alle primarie di coalizione. Anche le primarie di coalizione, considerando il fatto che sono aperte a tutti, inclusi gli attivisti di partiti politici dell’opposizione, offrono degli spiragli di inquinamento e pertanto non possono garantire una trasparenza tale da essere ritenute “lo strumento democratico per eccellenza”. I tre aspiranti alla candidatura a sindaco del Partito Democratico sono Domenico Gatti, segretario uscente del Pd di Modugno, Fabrizio Cramarossa, presidente dell’associazione di cittadinanza attiva “Modugno città Plurale” e Saverio Vacca che fu in passato dirigente. Accanto a questi vanno ricordati Antonio Sacco, Vito Del Zotti e Vito Maiorano che hanno da poco ritirato la loro candidatura.

Dei tre “aspiranticandidato” ancora in corsa, nessuno accenna a fare un passo indietro in vista di una candidatura condivisa, pertanto, si ritiene necessario un intervento esterno che decida chi dovrà partecipare alle primarie di coalizione per l’individuazione definitiva del candidato sindaco del centro-sinistra. Nel frattempo un articolo apparso sulla Gazzetta riporta per vera la candidatura a Modugno del consigliere comunale di Bari Pinuccio De Santis. La notizia ha lasciato non poche perplessità nel circolo cittadino del Pd.

"Piani di partecipazione azionaria" e i benefici sull'economia

In bilico tra l’invadente statalismo dell’economia sociale e lo sfrenato capitalismo degli Stati Uniti è arrivato il momento di comprendere che c’è una terza via, che un modello alternativo, vincente, esiste: le piccole e medie imprese italiane lo applicano da anni. Sono state le prime a capire che il futuro era nelle aziende capaci di competere per qualità e capacità produttiva.

Per fare questo hanno scelto di coinvolgere i dipendenti, integrandoli attivamente nel ciclo produttivo. Scelta prevista d’altronde anche nell’art. 46 della Costituzione: “la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende”. La partecipazione è la terza via tra il vecchio modello salariale “puro” e il modello postindustriale.

La funzionalità della partecipazione ha avuto le sue prime applicazioni in Germania, nella Repubblica di Weimar ma vanno ricordate le radici nazionali e religiose che ne fanno un’aspirazione del pensiero italiano; a cominciare dalla socialità mazziniana tesa a propugnare l’unione di capitale e lavoro nelle stesse mani. Negli anni ’50 il sindacato CISNAL, con la pubblicazione di saggi scientifici sull’evoluzione del rapporto di lavoro da semplice contratto di scambio fra fatica e salario a forma associativa,trasse ispirazione dall’Enciclica Quadragesimo Anno del 1931 di PIO XI.

Papa Giovanni Paolo II nell’Assemblea annuale dell’Episcopato italiano del 22 maggio 1998 ha affermato che : “Per combattere la disoccupazione bisogna sperimentare con coraggio modalità inesplorate di partecipazione”. La partecipazione agli utili è strettamente legata alla gestione dell’azienda, l’azionariato dei dipendenti sarebbe un buon deterrente ai processi di neocolonialismo economico che, nel caso italiano, hanno portato dei nostri colossi industriali ad ipotesi di trasferimento all’estero della produzione.

L’adozione del modello partecipativo ha un valore includente per il mondo del lavoro, migliorando la competitività dell’impresa, l’integrazione del lavoratore nel ciclo produttivo e la valorizzazione della forza lavoro come capitale umano. E’ la risorsa umana il bene più importante per l’azienda, ed è l’uomo che le moderne tecniche di gestione pongono al centro della nuova economia.

I Politici e "La Società Civile"

Il riferimento più usato dai rappresentanti delle forze politiche quando intendono indicare la globalità degli Italiani; è quello alla “società civile”. Quasi fossimo, noi italiani, un unico gruppo, un unico insieme di individui con lo stesso tenore di vita, con interessi comuni. Molti sicuramente ci credono, altri no! Mentono sapendo di mentire.

Collettività, SI! Civile – perché vengono rispettate (!) le leggi che regolamentano usi e comportamenti all’interno della comunità stessa – va bene. Società NO! Società indica un insieme di persone che partecipano alle decisioni, agli utili derivanti da iniziative comuni, un tutt’uno insomma, in cui ognuno partecipa attivamente e pienamente, socio di una società. In una società i soci hanno diritti e doveri regolati dal buon senso e dalla convenienza; nessuno rimane a lungo in una società che produce solo debiti e deficit. Come quella in cui, ruberie e mal governo, ci condannano a vivere.

Per sentirsi soci è necessario partecipare alle decisioni, decidere sulla conduzione, sulla direzione che la società intende seguire per raggiungere lo scopo sociale, altrimenti non si è soci ma inferiori, subalterni, pedine senza valore che altri manovrano sulla scacchiera della comunità umana. Non è possibile sentirsi soci se si deve sopportare il peso delle perdite e rimanere esclusi dalla distribuzione degli utili. Non avere diritti ma solo doveri è da sudditi, non da liberi associati. Sentirsi suddito non è piacevole, avere la consapevolezza di dover lavorare una vita intera per lasciare in eredità ai figli una quota del debito pari a due anni di “salario”. (questa è la quota, il dividendo che la cosiddetta società civile vuole affibiarci) non è proprio quello che gli eredi si aspettano da un buon genitore.

Un precetto che ci viene dato nel Vangelo è quello di amare il nostro simile come noi stessi; nel bene di chi ci è vicino risiede il nostro bene; il bene comune è il nostro bene. La partecipazione agli utili della società umana altro non è che il bene generale. Tale benessere, invece, non viene raggiunto dalla totalità degli individui poiché le leggi che regolano la nostra collettività non sono regole societarie ma obblighi, dettati e imposti da individui che vivono al di fuori della comunità, che seguono regole diverse. Rendere generale il benessere, dividere equamente gli utili è stato ed è il sogno e la missione che tanti uomini hanno fatto proprio, la meta che vogliono raggiungere.

Ma se l’intenzione è meravigliosa altrettanto non si può dire dei medoti usati per raggiungere tale traguardo. Per il raggiungimento di tale fine non si è mai tenuto conto della natura umana, l’uomo è tale prima di essere socio; cercare di ottenere dall’uomo un comportamento che non sia essenzialmente umano significa fallire lo scopo già in partenza. L’uomo trova soddisfazione, nel raggiungere il benessere, quando ha ottenuto quello che gli spetta per capacità, per applicazione, per merito personale; pertanto un individuo si sentirà parte della società, si sentirà socio effettivo quando riceverà la giusta mercede, il giusto guadagno in cambio del proprio lavoro, della propria abilità, il pagamento per i sacrifici che sopporta per il bene proprio e degli altri, per il benessere collettivo.

Rendere l’individuo socio effettivo della società civile deve essere il fine dell’azione politica dei partiti che si rifanno agli ideali di giustizia, di libertà, di impegno civile e rispetto degli altri. Tutti gli sforzi devono tendere alla societarizzazione della collettività umana. Societarizzazione, rendere societario l’ordinamento della nostra comunità, compartecipazione alle decisioni, responsabilizzazione del cittadino per cambiarne la condizione da suddito a socio effettivo. Come raggiungere tali obiettivi deve essere l’interrogativo principale cui i partiti devono dare una risposta.

Anni fa per compartecipazione agli utili si è inteso tutto e il contrario di tutto. La grande illusione del socialismo reale ha portato la comunità umana sull’orlo del disfacimento totale, dell’annientamento nell’olocausto finale a causa dell’eterna lotta di classe, conseguenza dell’imposizione della parità, dell’uguaglianza a tutti i costi a prescindere dalle capacità, dall’impegno personale, del merito individuale, insomma sudditi non soci. Legge fondamentale delle società è la partecipazione agli utili, in base alla quota di partecipazione alla società stessa, più quote più utili, più merito più utili.

Nella zona ASI la presenza delle grosse industrie è in costante riduzione

Cosa succede nella zona ASI? Separata dal tessuto urbano delle due città fin dalla sua creazione, circondata da tre linee ferroviarie e dalle ex Strade Statali 96 e 98, l’area industriale di Bari e Modugno non attraversa un buon momento. Abbandonati da tempo i sogni di grandezza nati con l’arrivo di giganti quali fiat, bosh, magneti marelli, isotta fraschini, philipps, osram sud che insieme alle officine calabrese, alle fucine meridionali, alla pignone davano lavoro a decine di migliaia di operai e impiegati, l’ASI è in crisi di identità.

Le grandi fabbriche, se non hanno già chiuso, sono in difficoltà. L’indotto, cresciuto accanto a tali giganti industriali, si è perso per mancanza di strategie comuni idonee ad affrontare la crisi del manifatturiero e abbandonano l’area. Molte aziende sono state smantellate e gli opifici abbandonati. Le infrastrutture, che non hanno mai raggiunto i livelli necessari e più volte richiesti, ormai mostrano il degrado degli anni e della mancanza di manutenzione.

Da sempre stretta fra l’autostrada A14, le direttrici ferroviarie Taranto/Bari/Foggia e le varie strade statali, l’area di sviluppo industriale di Bari e Modugno non ha mai avuto dei collegamenti facili con queste importanti arterie; negli ultimi tempi, anzi, i binari che i vecchi progettisti avevano incluso nella viabilità della zona per collegarla al porto e alle ferrovie, vengono coperti di asfalto a dimostrazione della loro inutilizzazione.

Del nuovo casello autostradale che doveva essere realizzato nella zona non se ne parla più da anni. La mancanza di innesti alle infrastrutture viarie per un rapido inoltro ed arrivo delle merci ha penalizzato le aziende del comprensorio industriale. Solo le aziende dislocate lungo le ex strade statali hanno potuto usufruire di tale vantaggio; non è casuale quindi la presenza di aziende di trasporto di grandi dimensioni che stanno occupando tutti gli spazi disponibili. Ed è proprio questo l’aspetto più rilevante che si evidenzia a chi attraversa la zona industriale, che di industriale ormai ha ben poco.

Satira "politica"

E il polo dov’è?
“scusi mi saprebbe dire il polo dov’è?”
“quale polo, quello degli orsi bianchi o quello dei pinguini?”
“quello del centro destra!”
“in televisione, solo in televisione lo può trovare, perché qui a Modugno di polo ci sono soltanto le magliette, quelle che si mettono in campagna elettorale e si tolgono subito dopo”
“e i partiti?”
“i partiti sono partiti e non si sa dove sono andati”
“ma la politica…”
“quale politica, quella seria o quella dell’a me che ci sta?”
“PDL, FLI, UDC ?”
“in televisione, li può vedere solo in televisione, a Modugno si vedono solo per la campagna elettorale…forse”.