La Prima Guerra Mondiale

Il 24 maggio del 1915 l’Italia entrava in guerra. Iniziava per il nostro Paese la prima grande esperienza collettiva. Per la prima volta, infatti, fu coinvolta in un conflitto l’intera popolazione e non soltanto i cittadini idonei a combattere. Per questo si può definire la prima guerra mondiale come una “guerra totale”. Bisogna tuttavia precisare il significato di tale locuzione.

In verità solo la seconda guerra mondiale fu una guerra totale in senso stretto, atteso che in essa si verificò l’annullamento della distinzione tra fronte di battaglia e fronte interno. Questo annullamento fu provocato da un lato da una diversa concezione di “fare e di condurre la guerra”, dall’altro dallo sviluppo della tecnologia militare che portò alla costruzione di nuove macchine belliche. Si pensi, quindi, ai bombardamenti aerei, allo sconvolgimento del territorio, alle deportazioni di massa, che coinvolsero anche la popolazione civile, di modo che vecchi, donne e bambini ne videro direttamente gli effetti subendone le conseguenze.

Tali fenomeni non si verificarono nel corso della prima Grande Guerra, che non coinvolse il territorio della penisola ma solo il fronte di combattimento. Chi non era partito per la guerra non poté rendersi conto di cosa significassero gli assalti, i bombardamenti, l’indicibile vita di trincea e la morte di massa. Sotto tale profilo si creò, infatti, una solcante cesura fra chi aveva combattuto e chi no, cesura che causò un risentimento dei combattenti nei confronti della popolazione civile.

Dopo queste precisazioni, possiamo definire la prima guerra mondiale come guerra totale solo nel senso che tutte le energie del Paese, intese sotto il profilo economico, sociale ed intellettuale, vennero mobilitate per sostenere il peso del conflitto, per cui la vita di tutti subì dalla guerra un forte condizionamento.

La scintilla ed il pretesto. Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, capitale della Bosnia – Erzegovina, provincia recentemente annessa all’Impero Austro – Ungarico, un irredentista slavo, lo studente Gravilo Princip appartenente alla società segreta “Mano Nera”, stronca a colpi di rivoltella la vita dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono austriaco, e di sua moglie la Duchessa Sofia Choteki.

Per l’Austria questo tragico evento potrebbe rappresentare il pretesto giusto per risolvere in maniera definitiva e radicale l’annosa “questione serba”. La Serbia, infatti, è la spina nel fianco dell’Impero asburgico nell’area dei Balcani, poiché alimenta l’opposizione anti – austriaca delle popolazioni slave. La responsabilità dell’attentato viene così attribuita proprio alla Serbia, pur in assenza di elementi tali da poter ricondurre a tale piccolo Stato la matrice del progetto omicidiario.

Il 23 luglio successivo l’Austria presenta alla Serbia un inaccettabile ultimatum, pretendendo entro 48 ore il divieto, in tutto il Paese, della propaganda anti – asburgica, lo scioglimento di tutte le organizzazioni politiche e patriottiche, la repressione di ogni movimento sovversivo, nonché la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini in territorio serbo sulla responsabilità dell’agguato. Si tratta, ovviamente, di richieste inaccettabili per uno stato sovrano come la Serbia, la quale appoggiata dalla Russia respinge le pretese asburgiche.

Il 28 luglio 1914 l’Austria, fomentata dalla Germania, dichiara guerra alla Serbia, innescando una serie di reazioni a catena che portano, nel volgere di pochi giorni, ad un evento storico di portata strabiliante: per la prima volta tutte le più grandi potenze d’Europa, e non solo, saranno coinvolte in un unico terrificante conflitto. Infatti, pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra alla Serbia, l’Austria dichiara le proprie ostilità nei confronti della Russia, vedendosi nel contempo dichiarare guerra dalla Francia e dal Montenegro.

Budino di pomodoro fresco con gamberetti marinati all’erba cipollina

E’ un piatto di facile preparazione. Procuratevi dei pomodori da insalata, non troppo maturi, quindi belli sodi, e ricavateci dei filetti. Come si fa? Non vi è nulla di più semplice. Prendete i pomodori, tagliateli a metà e tirate via i semi in modo che rimanga un guscio vuoto che provvederete a tagliere a listarelle. Ecco i filetti.

Poi tagliuzzate i filetti in modo da ottenere dei dadini non più grandi di 5 millimetri. Ponete i dadini di pomodoro così ottenuti in una ciotola e conditeli con olio sale e pepe, lasciandoli ad insaporire per circa 15 minuti. Sono passati i 15 monuti? Bene, riempite con i dadini di pomodoro, utilizzando un cucchiaino, delle tazzine o dei bicchierini da rosolio che abbiano una forma più o meno cilindrica (in numero pari ai commensali) ed esercitate una forte pressione con le dita delle mani in maniera da compattare il più possibile i dadini. Ponete poi le tazzine o i bicchierini in frigorifero dove resteranno per almeno 45 minuti.

Passiamo ad occuparci dei gamberetti. Io ho sempre utilizzato quelli bianchi locali, per il semplice motivo che è più facile reperirli freschi. Ce li avete? Bene! Adesso condannateli a morte per decapitazione!…Dopo aver tolto le teste, sbollentateli in acqua salata con tutto il guscio per circa 15 – 20 secondi. Sgusciateli e poneteli in una ciotola dove avrete già preparato in precedenza un malefico intruglio con olio, poco limone, un pizzico di sale, erba cipollina fresca sminuzzata. Lasciateli in questa succulenta posizione, tanto vi assicuro che non si muovono, per circa 6 mesi…d’accordo bastano 30 – 40 minuti.

Adesso bisogna guarnire il piatto. Tirate fuori dal frigo le tazzine (o i bicchierini) con i dadini di pomodoro e capovolgeteli ciascuno su ogni piatto cercando di far uscire il contenuto, magari aiutandovi con la lama di un coltello (se non ci riuscite non tagliatevi le vene!…non mi assumo responsabilità!). I dadini di pomodoro dovrebbero aver assunto una forma compatta simile ad un budino. Sistemateli al centro dei piatti e circondateli, anzi assediateli, con i gamberetti marinati.

Su questo piatto ho apprezzato molto il “Pinot Bianco Schulthauser” della “Cantina Produttori San Michele Appiano” (circa €. 9,00), il “Pinot Bianco Vorberg Riserva” della “Cantina Terlano” (circa € 10).

Il caso Gatti avvelena l'aria a Modugno

La calunnia è un venticello – Un’auretta assai gentile – Che insensibile sottile – Leggermente dolcemente Incomincia a sussurrar. – Piano piano terra terra – Sotto voce sibillando – Va scorrendo, va ronzando, Nelle orecchie della gente – S’introduce destramente, – E le teste ed i cervelli – Fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo – Lo schiamazzo va crescendo: – Prende forza a poco a poco, Scorre già di loco in loco, – Sembra il tuono, la tempesta – Che nel sen della foresta, Va fischiando, brontolando, – E ti fa d’orror gelar. – Alla fin trabocca, e scoppia, – Si propaga si raddoppia E produce un’esplosione – Come un colpo di cannone, – Un tremuoto, un temporale, Un tumulto generale – Che fa l’aria rimbombar. E il meschino calunniato – Avvilito, calpestato Sotto il pubblico flagello – Per gran sorte va a crepar. (Rossini – Il Barbiere di Siviglia).

 

Oltre alla calda aria dei tradizionali fuochi di San Giuseppe a Modugno si respira l’aria mefitica della campagna elettorale. L’elenco dei candidati a sindaco non è ancora completo e giunge già da svariate direzioni quello che Rossini, nel barbiere di Siviglia, chiama il venticello della calunnia. In un’altra parte del giornale riportiamo la dichiarazione rilasciata a Bari Sud Ovest dal … meschino calunniato; dichiarazione alla quale i lettori di BSO sapranno dare il giusto valore. Quello che riteniamo invece importante per la totalità degli elettori modugnesi è conoscere le motivazioni per le quali ad una notizia vecchia di otto anni, tanti ne sono passati dall’inizio delle indagini sulla corruzione all’istituto autonomo case popolari (IACP) di Bari, viene dato un risalto tale da interessare addirittura un giornale come Il Fatto Quotidiano. In casi come questi è spontaneo chiedersi a chi giova? A chi può far comodo avvelenare l’aria rimestando nella memoria di cose avvenute nel 2003?

A distanza di tanti anni dai fatti, si chiede l’applicazione di un cosiddetto codice etico che vieta la candidatura a consigliere, assessore e ancor meno a sindaco a persone incriminate ed ancora in attesa del giudizio definitivo, addirittura a pochi giorni dalla prescrizione. Ma questa persona, che allo IACP ci lavora ancora, era consigliere comunale fin dall’inizio del processo in cui risulta imputato, è stato assessore, è stato ricandidato e rieletto a consigliere, ha ricevuto dalla maggioranza degli iscritti al suo partito l’incarico di segretario del PD modugnese e solo oggi, che le primarie del suo partito lo hanno designato come candidato ufficiale nella competizione a sindaco, vede riaffiorare una notizia di cui, anche lui sottovalutava l’importanza. La segreteria politica locale e quella provinciale del PD, partito che da sempre fa della questione morale uno dei principi cardine di ogni campagna elettorale, dovrebbero spiegare agli elettori di Modugno, in maniera convincente, i motivi per cui hanno ritenuto l’ingegner Gatti persona irreprensibile, onesta e meritevole di ogni rispetto; altrimenti si potrebbe pensare che sia tutta una manovra architettata ai danni del candidato per estrometterlo dalla corsa a sindaco. Manovra che come diceva il latino Seneca “cui prodest scelus, is fecit”, cioè “colui che ottiene vantaggi da un crimine, egli l’ha compiuto”, può essere stata architettata e realizzata con premeditazione solo da un suo concorrente. Certo non è un crimine quello di sussurrare una notizia in un orecchio, stare a guardare mentre lentamente arriva ad assumere le dimensioni di uno schiamazzo prima e di un terremoto dopo, fino a diventare uno tsunami direbbe oggi Rossini.

Non possiamo tacere o nascondere la preoccupazione che prende tutti nel constatare che il malvezzo di accusare e condannare fuori dalle aule di tribunale i propri avversari politici prende sempre più piede. Ci permettiamo di dare un consiglio all’ingegner Domenico Gatti, scopra a chi giova la sua estromissione e scoprirà l’avvelenatore della campagna elettorale modugnese. A tutti gli altri candidati, di ogni partito e lista locale, possiamo solo suggerire di dargli una mano nella ricerca, perché se questo tipo di venticello elimina Mimmo Gatti, molti saranno colpiti nella stessa maniera da altri sussurri e tempeste fino a che … Sotto il pubblico flagello – Per gran sorte va a crepar.. la nostra Modugno.

Mimmo Gatti imputato per falso: notizia ad orologeria?

Mimmo Gatti e lo scandalo IACPUna notizia ad orologeria. Non potrebbe definirsi altrimenti la vicenda giudiziaria che coinvolge Mimmo Gatti, probabile candidato sindaco del Pd (avendo vinto con più del 51% la consultazione cittadina dello scorso fine settimana) e potenziale candidato sindaco della coalizione di centrosinistra.

Una storia cominciata circa 8 anni fa e ancora aperta, all’interno di una vicenda penalmente ben più rilevante, quella legata allo Iacp (Istituto autonomo case popolari) e in particolare ad un appalto da sei milioni di euro per la ristrutturazione di 228 alloggi nel quartiere San Paolo di Bari, in viale Europa, assegnato a gennaio 2002.
Ai quei tempi la Procura di Bari indagava su Gaetano Mossa (all’epoca commissario straordinario Iacp) finito in carcere nel 2005. Con lui furono arrestati anche Giuseppe Andriani, ex direttore generale dell’Istituto, Nicola Attolino, dirigente del settore amministrativo, Mario Gerardi, già direttore generale, Saverio Bratta, ex vicepresidente, Nicola Micchetti, dirigente dell’ufficio tecnico, e l’imprenditore edile Vito Carella. Per  l’imprenditore edile tranese Onofrio Lamanna, fu disposta l’interdizione.

Quale il ruolo di Mimmo Gatti in questa lunga e ingarbugliata vicenda? Era il maggio 2003. Gatti era direttore dei lavori di alcuni cantieri di proprietà Iacp, assunto come tecnico da circa due anni (oggi è responsabile della manutenzione di circa 40 cantieri Iacp in tutta la provincia di Bari). Stilava i cosiddetti Sal (stato avanzamento lavori), obbligatori per le opere pubbliche. Secondo l’accusa avrebbe falsificato uno di questi documenti, relativo alla ristrutturazione di 12 alloggi a Sannicandro, liquidando un’impresa per lavori che ancora non erano stati effettuati.

Il suo obiettivo era evitare che l’impresa fallisse (come di fatto poi è successo) e che il cantiere si bloccasse in attesa di una nuova gara d’appalto. Come se n’è accorta la Procura? Gatti è stato chiamato dal suo presidente di allora, lo stesso Gaetano Mossa da tempo sotto la lente d’ingrandimento della magistratura, proprio nell’ufficio in cui la Finanza aveva posizionato una cimice per le intercettazioni ambientali (per quell’appalto milionario che avrebbe portato poi al suo arresto). Gli è stata chiesta una spiegazione sulla vicenda.

Che quello di Mossa, ignaro dell’inchiesta a suo carico, sia stato fin dal principio un attacco personale per un contenzioso che aveva in corso col Comune di Modugno mentre Gatti (all’epoca militante politico della Margherita) era assessore all’Urbanistica? Gatti decise allora di mettersi in aspettativa (dal gennaio 2004 al novembre 2005). Al suo rientro scoprì che la ditta a cui, secondo l’accusa, aveva liquidato somme superiori agli effettivi lavori ultimati, era addirittura in credito di 23mila euro con lo Iacp. Tutto documentato in una relazione dello stesso Iacp e a firma dello stesso Mossa. Tutto risolto, quindi.

“Fare l’ingegnere dello Iacp – ha spiegato Gatti – non è come farlo in un qualsiasi altro ente pubblico. Se accetti di lavorare lì, devi anche calarti nel ruolo di assistente sociale. Giornalmente siamo chiamati ad affrontare decine di situazioni complicate e quando hai di fronte un’utenza fatta di persone alle soglie della povertà non puoi permetterti nemmeno di pensare. Devi agire con immediatezza. Ti addossi spesso responsabilità che non sono dovute, ma lo fai perché senti di volerlo fare. Ritengo sia stato doveroso da parte della magistratura approfondire la questione che mi riguarda, ma nella sostanza tutto è già chiarito”.

Gatti finì comunque nel calderone mediatico insieme agli altri indagati. Nei suoi confronti fu disposto il rinvio a giudizio e il processo è cominciato poco più di due anni fa. Una storia che molti modugnesi conoscono da allora. Ma perché tirarla fuori proprio adesso, a meno di due mesi dalle elezioni? Evidentemente qualcuno si è ricordato di quella storia e ha pensato che potesse essere un’ottima arma per mettere fuori gioco un concorrente. Insomma, di giudiziario questa vicenda ha ben poco. Gatti otterrà tra l’altro, tra qualche settimana, la prescrizione (che certo non è assoluzione nel merito, ma prendiamocela con i tempi della giustizia). E’ tutta una questione politica.