
Visitai per la prima volta il Trappeto di Montepeloso circa trent’anni fa. Mi accompagnava un amico che mi confidò di avvertire quasi tangibilmente il senso di antichità, di sacralità che aleggiava nell’aria sulla Lama di Musciano. Il tempo era grigio, il cielo coperto di nubi e all’angolo della strada si elevava dalla pariete di pietre a secco un Monaco cupo e maestoso, un temine muto custode antico dei campi e dei confini.
Nelle parole dell’amico c’era molta verità.
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