Al Centro Diurno Cunegonda di Bari S.Paolo presentato il progetto “Padiglione 25”. Estate 1975: un gruppo di infermieri dell’istituto manicomiale Santa Maria della Pietà di Roma, influenzati dalle nuove idee di Franco Basaglia, decidono di autogestire uno dei padiglioni del manicomio. Per 12 mesi, ogni aspetto della vita del reparto viene annotato dagli infermieri in un diario, che diventa l’occasione per raccontare il difficile percorso di liberazione dal regime di segregazione manicomiale. Oggi, mentre attendiamo ancora la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, è importante tornare a rileggere il “diario” del Padiglione 25 anche attraverso un film che dà voce agli infermieri, i soggetti più in ombra nei movimenti che negli anni ’70 hanno contestato il manicomio e cercato di trasformare la psichiatria; un’occasione per discutere il presente del trattamento e cura del disagio psichico, oltre che per riflettere sui pregiudizi che hanno caratterizzato e caratterizzano la percezione sociale della malattia mentale. La storia del Padiglione 25 è insieme specifica ed emblematica: una storia di pochi che si connette a quella dei molti che, nello stesso periodo, confluirono nel movimento di Psichiatria Democratica per contestare i manicomi e la gestione della malattia mentale nei termini sanciti dalla Legge 36 del 1904.
Nel luglio 2013 due professionisti della comunicazione Sergio Bellucci e Massimiliano cominciano a raccogliere la documentazione sulla storia del Padiglione 25 contattando alcuni dei protagonisti dell’esperienza. Le prime testimonianze raccolte da subito convincono del fatto che la storia avvenuta nel 1975, presso il Padiglione 25 dell’Ospedale S. Maria della Pietà di Roma, era un’occasione per discutere il presente del trattamento e cura del disagio mentale, oltre che per riflettere sui pregiudizi che hanno caratterizzato la percezione sociale della malattia mentale in passato.
Viene realizzata almeno una parte di un docu-film anche per far riflettere sui pregiudizi che hanno caratterizzato la percezione sociale della malattia mentale in passato. Gli autori, i testimoni della vicenda e gli abitanti del quartiere di Monte Mario, che hanno costituito da più di un anno una “comunità di memoria” attorno alla storia significativa che il documentario narra, hanno perseguito numerosi obiettivi:
– Documentare la storia dell’assistenza psichiatrica italiana dove la storia del Padiglione 25 è insieme specifica ed emblematica e ci offre un quadro circoscritto – per il suo essere memoria di pochi individui, impegnati in un solo istituto manicomiale, sito in un quartiere alla periferia di una città italiana – ma ricco di rimandi alle esperienze di “apertura” già attive nel resto del Paese (Arezzo, Città di Castello, Perugia, Gorizia e Trieste). Una storia di pochi che si connette a quella dei molti che, nello stesso periodo, confluiscono nel movimento di Psichiatria Democratica per contestare i manicomi e la gestione della malattia mentale in termini giudiziari, sancita dalla Legge 36 del 1904. Il film dà inoltre voce agli infermieri, i soggetti più in ombra dei movimenti che negli anni ’70 hanno contestato il manicomio e cercato di trasformare la psichiatria;
– Riflettere sullo stigma e promuovere il diritto alla salute mentale. Il progetto vuole incoraggiare una riflessione sul vissuto di chi vive una condizione di disagio psichiatrico ed è per questo percepito come persona pericolosa e violenta. La necessità di ridurre il fenomeno dello stigma diviene ancora più urgente se si considera che il pregiudizio nei confronti della malattia mentale può impedire alla persona che manifesta un disagio agli esordi di chiedere aiuto;
– Offrire spunti di approfondimento per gli attuali e futuri operatori della salute mentale. Non è facile immaginare il manicomio se non lo si è vissuto, come non è facile immaginare gli sforzi compiuti da chi ha lavorato nei manicomi per cambiare il trattamento e la cura del disagio mentale nel nostro Paese, affrontando le ostilità che provenivano non solo dalle istituzioni, ma anche e soprattutto da una mentalità ed una cultura che leggeva la malattia mentale solo ed esclusivamente in termini di pericolosità, di scandalo e di esclusione. Il progetto unirà dunque all’intento di documentazione sul passato della psichiatria la finalità di riflettere sul presente, offrendosi come strumento di indagine, sia nella direzione di una “educazione alla diversità” per le giovani generazioni, sia in quella di una complessa formazione professionale per i presenti e futuri addetti all’assistenza psichiatrica.
Il progetto finora è stato interamente prodotto da Ferro 3 e Altera Studio e dai professionisti che hanno offerto gratuitamente il loro lavoro e che hanno aperto una campagna di crowdfunding con l’obiettivo di completare la seconda fase di produzione.
Il progetto “Padiglione 25”, è stato presentato presso per il Centro Diurno Cunegonda, diretto da Gianfranco Carbone e appartenente al Dipartimento di Salute Mentale della ASL del quartiere San Paolo.
Alla proiezione di un estratto del film e alla lettura di alcune pagine del diario ha voluto ha partecipato tra gli ospiti, anche Tommaso Fiore. L’ ex assessore alla Sanità della Regione Puglia, nonché candidato alle elezioni regionali appena concluse, si è sempre mostrato sensibile alle tematiche della inclusione sociale dei disabili psichici . Il direttore del Centro Diurno Cunegonda, Gianfranco Carbone, nel suo intervento, ha sottolineato la necessità che le istituzioni svolgano un ruolo attivo perché questo tipo di strutture – lo ricordiamo, completamente a carattere pubblico – possa continuare a sopravvivere, a dispetto dei tagli indiscriminati operati a livello di governo centrale. Tra le maggiori preoccupazioni, la regolarizzazione dei contratti del personale specializzato, punto di riferimento fondamentale per gli utenti svantaggiati, che tarda ad avvenire.
Non da ultimo, a livello generale, è emerso come la legge 1968/99 che obbliga i datori di lavoro pubblici e privati ad assumere una determinata quota di lavoratori iscritti alle categorie protette, il sette per cento dei lavoratori delle stesse realtà, se occupano più di 50 dipendenti, sia ampiamente disattesa, soprattuto dalle aziende private che preferiscono rischiare di pagare le sanzioni previste, piuttosto che procedere alle assunzioni.
Il lavoro che si è intrapreso presso il centro Cunegonda dalla fine del 2012 rappresenta il punto di arrivo di un lungo percorso avviato anni fa nei centri di salute mentale della Asl di Bari. Sin dal 1992, infatti, il Servizio di Salute Mentale del San Paolo si è attivato nella sperimentazione di un centro di aggregazione per utenti psichiatrici, aperto al territorio, e basato sulla sinergia tra istituzioni pubbliche, associazioni di volontariato e strutture sanitarie.
Il centro è attrezzato per lo svolgimento di attività artistiche, formative e ludiche, ed è attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle 19, per le attività riabilitative, per le attività di socializzazione, corsi, convegni.
“Grazie ad una corretta gestione e valorizzazione del patrimonio pubblico – ha dichiarato l’assessore Giannini – non solo siamo riusciti a recuperare importanti strutture dal degrado edilizio, ma a metterle a disposizione di servizi primari per la comunità. È importante sottolineare come ‘la persona’ venga messa al centro di ogni nostra iniziativa di governo, attraverso questi interventi si dà attuazione al dettato costituzionale sul diritto alla salute e sul diritto alla vita. Questo modo di utilizzare il patrimonio pubblico, anche attraverso la sinergia tra varie amministrazioni accomunate da un’identità di obiettivi e politiche, è connotato dal concetto fondamentale del rispetto della
dignità umana”.
Per maggiori informazioni visitare i seguenti siti sul web:
https://www.indiegogo.com/projects/padiglione25#/story
https://www.facebook.com/ Pagina: Onda Cunegonda
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