Molto professionale (ultimo episodio)

In questo ultimo episodio, seguito di “Molto professionale (2° episodio)“, Valentino Di Persio sottolinea come l’attimo fuggente può dilatarsi nel tempo, trasformandosi in attesa – intrepida, incredula, interminabile – fino a rivelarsi tangibile e profumata di etereo. E così l’audacia porta a seguire l’immenso …oltre la notte.
“Qualunque cosa possiate fare, o sognate di fare, dovete iniziare a farla. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza.” (Toni Buzan)
Buona Lettura!
Marica Caramia

 

…oltre la notte
di Valentino Di Persio

-Diana, Diana!- Non avrei mai sperato di poter uscire con lei stasera quando, solo poche ore prima, l’avevo vista venire verso di me lungo il corridoio dell’aereo, austera ed imperturbabile nella sua divisa blu. Disteso sul divano dell’appartamentino al centro storico di Bucarest, a ridosso della Casa di Vlad III di Valacchia, detto “Tepes”, al secolo “Dracula”, sorrido pensando a lei. Finalmente rilassato, riassaporo le sensazioni del viaggio, specie le fasi del decollo che solitamente mi provocano una scarica di adrenalina. Il rullare dei motori, lo scatto improvviso dell’aereo lungo la pista, la forza gravitazionale del decollo che ti schiaccia contro lo schienale della poltrona e il senso di protezione della cintura di sicurezza, ti fanno sentire libero come un gabbiano in picchiata. Quando l’attrito del carrello sull’asfalto si interrompe e l’aereo sale su, sempre più in alto virando a destra o a sinistra alla ricerca della rotta, assapori la sensazione del librarsi nel vuoto, dell’abbandono all’ignoto. Mi capita anche di pensare che Battisti e Mogol abbiano scritto la bellissima “Io vorrei, non vorrei ma se vuoi…” mentre volavano verso l’Est: “…le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e poi giù il deserto e poi ancora in alto con un grande salto…”, fantastico. Un leggero contatto sul braccio per distogliermi dal momentaneo inseguire, a occhi chiusi, il farneticare della mia mente, e lei, Diana, me l’ero ritrovata improvvisamente flessa sulle ginocchia, adiacente alla mia poltrona.
-Sorry, ho l’obbligo di darle delle istruzioni sull’uscita di sicurezza.-
-Un briefing!- avevo replicato con malcelato sarcasmo.
-Esattamente! Debbo informarla sulle procedure di evacuazione di emergenza di questo aereo, del quale sono la responsabile di Cabina e di cui lei sarà, in caso di necessità, parte attiva, visto che è seduto nella fila del portellone di sicurezza.-
-Caspita, ho pagato un supplemento e all’occorrenza mi toccherà pure lavorare! E quanto ci guadagnerò in siffatta evenienza?- le avevo chiesto scherzando.
-Ci potrebbe guadagnare molto Signore!- mi aveva risposto con le gote arrossate e gli occhi scintillanti.
-Ovvero?-
-Un bene prezioso, Signore! La sua vita e quella degli altri viaggiatori!-
-Colpito ed affondato, mi arrendo!- avevo soggiunto sfacciato -A condizione però, che io possa abbandonare l’aereo dopo di lei per vederla sana e salva.-
-E’ molto improbabile Signore !– era stata la sua risposta.
-Signorina, la esorto a pensare positivo, scacci pure dalla sua mente queste “elucubrazioni lugubri” e pensi alla vita che è bella e che va vissuta!-
-Ne sono convinta!– aveva replicato con un sorriso allontanandosi.
Ed ora eccomi qui a sfidare il tempo che non passa, nell’attesa di andarla a prendere tra qualche ora.
L’immobile all’indirizzo che Diana mi aveva annotato frettolosamente nel bar, si trova vicino ad un grande Centro Commerciale, in un quartiere popoloso ma abbastanza centrale di Bucarest. Diana è già li.
-Quando hai chiamato ero già pronta!- mi dice salendo in taxi. Il traffico è scorrevole, la corsa verso Parcul Herastrau, dove ha sede l’Hard Rock Cafè, dura poco. Arriviamo verso le 21,15.
Il locale è già gremito. Fuori un gruppetto eterogeneo di persone, ride e scherza bevendo birra e fumando a più non posso. Dalle casse amplificate proviene musica Hard Rock a volume non eccessivamente alto. Daniel Ignat, leader del gruppo “The R.O.C.K.” è nel backstage con il resto della Band. Vicino a lui, l’inseparabile Cristina. -Valentino!- esclama Daniel vedendomi -Nu mai poate sa cred, prieten meu, esti aici!-, “non ci posso credere, anche tu qui amico mio”.
Saluti e convenevoli di circostanza.
Cristina si rivolge gentilmente ad un addetto del locale chiedendogli di farci sedere nei divani in prossimità del palco. Mentre ci accomodiamo Diana osserva ironica:
-Non mi avevi detto di conoscerli!-
-Volevo sorprenderti!- le rispondo ridendo.
-E ci sei riuscito benissimo!- soggiunge, dandomi un pizzicotto sul fianco. Alcuni fischi e applausi manifestano la crescente impazienza del pubblico. I diffusori di fumo entrano in funzione improvvisamente e dalla coltre di nebbia multicolore, ecco apparire ad uno ad uno come coccodrilli nella nebbia l’intera Band nel frastuono  della batteria, del basso e delle svisate della chitarra elettrica preveniente degli altoparlanti al massimo.
Daniel, scatenato, attacca subito con Highway to hell, a seguire, Black in black, Hells bells etc. Il chitarrista, in rosso e pantaloncini corti, vivacizza la scena scorrazzando a destra e manca sul palco.
Nel trambusto, i contatti verbali tra me e Diana sono ridotti all’essenziale. Riusciamo a comunicare a malapena solo parlandoci all’orecchio. Conveniamo che all’intervallo saremmo andati via e così abbiamo fatto dopo esserci scusati con Daniel e Cristina, adducendo la stanchezza. Il taxi, fatto chiamare dalla ragazza alla reception, è già fuori. -Calea Vitan!– dice Diana all’autista. Sul sedile posteriore del taxi, Diana mi si stringe a fianco: percepisco la fragranza del suo profumo. Le luci colorate della città scorrono attraverso i vetri. A tratti i lampioni illuminano il viso di lei appoggiato sulla mia spalla con gli occhi chiusi. La silenziosa corsa notturna per le strade della bellissima Bucarest è rotta dalla melodia proveniente dallo stereo. Sono le note suggestive ed ovattate di un famoso brano di Giorgio Moroder “Watching every motion in my foolish lover’s game. On this endless ocean finally lovers know no shame. Turning and returning to some secret place inside. Watching in slow motion as you turn around and say… Take my breath away… ”
“Guardando ogni gesto dei pazzi giochi d’amore in questo oceano senza fine, gli innamorati non conoscono vergogna. Girando e rigirando nei segreti anfratti del mio cuore, ti osservo mentre  ti volti lentamente e dici…  toglimi il respiro…”
Mi sento confuso, le immagini mi girano attorno a rallentatore, il suo petto ansima aritmico e mi pare di sentire una voce… portami via lontano, toglimi il respiro.

Valentino Di Persio

Felici a metà… Conquistando la semifinale

Si è disputata mercoledì la gara di ritorno dei quarti di coppa Puglia femminile con il Balsignano che, forte del secco 6-0 dell’andata, ha affrontato ancora una volta il Conversano di mister Berardi.

Nonostante il vantaggio, le giallonere scendono in campo con l’intento di non sottovalutare la partita e uscirne a testa alta.
Così è stato. Il quintetto iniziale – composto da capitan Mercurio tra i pali, Bellomo centrale, Gattulli e Annese laterali con Pellegrino pivot – mostra dal primo secondo di gioco la grinta che piace a mister Campanelli lasciando davvero pochissimi spazi alle padroni di casa che dopo pochi minuti si ritrovano sotto di un goal grazie a Pellegrino che insacca una palla servita da Pati.
Partita ancor più in discesa, ma le modugnesi continuano a creare occasioni e ad andare in rete con Annese per ben due volte, seppur in una circostanza aiutata da una netta deviazione avversaria.
E’ il Balsignano a fare la partita e, infatti, a pochi minuti dal termine della prima frazione arriva anche il quarto goal di Misurelli che manda le squadre negli spogliatoi.
Durante l’intervallo mister Campanelli si limita a correggere le imperfezioni viste e al rientro in campo la musica non cambia: la formazione ospite fa girar palla e blocca ogni minimo tentativo avversario, trovando così anche il 5-0 firmato Annese.

In un clima totalmente sereno, arriva la doccia gelida per il Balsignano: il direttore di gara si inventa un’ammonizione per Mercurio costringendola a saltare il match d’andata della semifinale. Il gioco comincia a farsi più nervoso e mister Campanelli è costretta a intervenire per far tornare la calma in campo evitando ulteriori danni.

Ristabilita la tranquillità, arriva anche il sesto goal di Misurelli che chiude la seconda frazione di gioco sancendo il definitivo 0-6 che regala al Balsignano la semifinale.

“Se fosse stata un’ammonizione meritata, o anche dubbia, di certo non mi soffermerei più di tanto sull’episodio; però quando si verificano queste ingiustizie (incompetenza?!) riesce molto difficile ragionarci su. Mercurio salterà la semifinale di andata perché in uscita e in netto vantaggio sulla palla «ha aumentato il suo volume» e l’avversaria le si è catapultata addosso. Il ché si commenta da solo!” – fin qui stizzita, mister Campanelli continua sorridendo – “Tuttavia… Siamo in semifinale! Ringraziamo la società conversanese per l’ospitalità e la sportività dimostrate nei nostri confronti. Giungere fino a questo punto non può che riempirci d’orgoglio. Per qualcuno potrà sembrare esagerato ma per tutta la nostra società è come vivere un piccolo sogno. Tutto questo permette di caricarci ancora di più in vista della gara di andata. Un pregio della nostra squadra è che non piace piangerci addosso. Troveremo una soluzione e affronteremo la prossima sfida con il massimo dell’impegno… Faremo della nostra debolezza la nostra forza!”

Prima della semifinale di coppa, le giallonere saranno impegnate domenica nella gara casalinga di campionato contro il Manfredonia, squadra neo iscritta e completamente sconosciuta alle nostre ragazze. Serve ovviamente una vittoria per caricarsi e mantenere alto il morale.

Molto Professionale (2° episodio)

In questo seguito di “Molto professionale (1° episodio)”, Valentino Di Persio narra di queigesti e di quelle parole casualmente mosse dalla volontà che innescano inopinatamente il “Carpe Diem” rievocando quei nascosti e taciuti pensieri che, senza il giusto risalto, si sarebbero persi tra i ricordi di ieri. Così quel viaggio che sembrava essere arrivato a destinazione, non ha fatto altro che aprire agli occhi un nuovo orizzonte e, mentre i piedi restano ben saldi a terra, la mente riprende a volare …verso la notte.

«Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione.» (Jules Verne)

Buona Lettura!
Marica Caramia

 

Verso la notte
di Valentino Di Persio

No, non poteva finire così miseramente al controllo passaporti dell’Aeroporto Henri Coanda di Bucarest. Non poteva finire nel naufragio della sua apparente indifferenza all’incrociarsi dei nostri sguardi. Sarebbe stata come una storia troncata sul più bello, una favola spezzata a metà. Come se il lupo quel giorno non avesse avuto fame. Come se il cacciatore quel giorno se ne fosse andato a pescar trote al laghetto artificiale, anziché brancolare, quatto quatto, nei paraggi della casetta dell’indifesa nonnina di Cappuccetto Rosso, con il colpo in canna, pronto a far fuoco sulla vittima designata ovvero il povero e sempre affamato lupo cattivo.
Certe situazioni non si creano così, senza una ragione. Tutto ciò che ci accade non è mai fine a se stesso ma cela sempre una opportunità che, il più delle volte, finisce nel nulla per negligenza, per sfortuna, per non averne saputo cogliere il segnale o saputo valutarne la portata.
Nel mio caso, invece, credo sia intervenuta la casualità, la fatalità o entrambe. Fatto sta che scendendo dallo Shuttle al Terminal di Pla?a Romana al centro di Bucarest, la mia bella Hostess dagli occhi di pece me la sono ritrovata di fronte appena scesa, anche lei, da un Minibus bianco della compagnia aerea.
Siamo scoppiati a ridere ritrovandoci faccia a faccia.
-Riuscirò mai a liberarmi di lei?- ha esclamato allargando le braccia, sorpresa e divertita nel contempo.
-Ed io riuscirò più a fare a meno di lei?– risata all’unisono.
Intanto, le sue amiche la stavano salutando con la mano, allontanandosi. Lei, impacciata, avrebbe voluto raggiungerle ma la stavo già trattenendo per un braccio. -Beven ceva impreuna!- espressione incerta per dire “Beviamo qualcosa insieme!“. Mi ha guardato sorpresa, forse per la pronuncia storpiata del rumeno o per la gran faccia tosta, fatto sta che s’è fermata.
-Ok, ma solo per un caffè, devo andare via presto.-
-Mi basterebbe solo il tempo d’un battito di ali. Solo il tempo per conoscere il tuo nome e dirti il mio!- rispondo, soddisfatto.
Mi sorride arrossendo mentre con le dita ravvia una ciocca di capelli dietro l’orecchio abbassando lo sguardo. -Diana, mi chiamo Diana.- mi sussurra, allungando la mano. -Francesco!- le farfuglio a mia volta, affrettandomi a serrarle la sua mano tremante nella mia.
Trascinando i nostri rispettivi trolley ci avviamo verso il bar “Espresso Italiano”, di fronte al Terminal. Ci sediamo a un tavolino rotondo in fondo al locale.
L’inserviente, una ragazza ben curata nell’aspetto, con grembiule marrone e bustina in testa con il logo d’una nota marca di caffè, ci consegna subito i coloratissimi dépliant delle vivande. Diana ordina Cappuccino con crostatina di mele, io spremuta di arance.
-Ed eccoci qui!- esclamo guardandola dritta in viso a volerne decifrare le emozioni del momento. Ma nulla, nessuna scintilla vagante nei suoi occhi, niente restava della sua vivacità rimarcata sull’aereo. Sarà, penso, a causa della stanchezza, del rilassamento dopo lo stress da lavoro. Prima d’intavolare qualsiasi discorso, Diana, guardandomi a sua volta fissa negli occhi, mi premette che per lei è inusuale intrattenersi con i viaggiatori e che nel mio caso rientra nell’assoluta eccezionalità. -Non posso che esserne lusingato!- le rispondo compiaciuto.
Passando al tu le chiedo: -Come mai questa volta hai deciso di venire meno ai tuoi principi e derogare alla deontologia professionale?-
-Francamente mi ha incuriosito il tuo atteggiamento sin da quando sei salito sull’aereo. M’intrigava quella tua sicurezza, quel tuo modo di guardarmi e l’approccio spontaneo che c’è stato subito tra noi. Comunque quello che m’incuriosiva di più era l’intensità, la frenesia che mettevi nello scrivere su quella specie di block-notes che ti porti dietro e se ben ricordo non ero la sola ad esserne incuriosita!- alludendo alla ragazza che era seduta vicino all’oblò nella fila accanto.
Alla sua arguta ed inaspettata osservazione, rispondo sorpreso -Ma sai, io scrivo sempre quando posso, figurati se mi sarei lasciato sfuggire un’occasione ghiotta come quella di vedere una bella creatura sgambettare con classe avanti ed indietro lungo il corridoio d’un aereo.-
-E cosa avrai mai potuto scrivere su quella bella creatura, come l’hai chiamata tu, proprio mentre faceva il suo lavoro?-
-Sono rimasto affascinato dall’eleganza, dai modi gentili, dalla sicurezza, dalla professionalità, dalla scia di gradevole profumo che lasciava e anche dal suo bel parlare la mia lingua. Ho avuto l’istinto irrefrenabile di scrivere di te, mi sei sembrata speciale, eletta, pulita, onesta, fiera di svolgere il tuo lavoro. Nel tuo sguardo vedevo, lo vedo ancora, trasparire uno spirito soave come ha scritto il Sommo Poeta. Conosci Dante Alighieri?-
-No. Ma se t’ispiri a lui vuol dire che è un tipo molto romantico.-
-Lo era, cavolo se lo era! E’ stato lui molti secoli or sono ad elevare la donna ad una dimensione angelica come tramite di Dio tra il cielo e la terra.-
-Stupendo!-
esclama, incrociando il suo sguardo col mio.
-Ti piace la musica?- le chiedo improvvisamente notando sulla vetrina la locandina di “The Rock“, una Tribute Band della nota formazione australiana “AC/DC”.
-Si Molto, perché?-
Indicando il poster. -Questa sera suonano all’Hard Rock Cafè. Se non hai altri impegni e ti piace quel genere musicale potremmo andarci insieme.-
Breve riflessione -Beh in effetti, non ho impegni irrinunciabili e, francamente, assistere ad un concerto rock sarebbe un diversivo e mi farebbe ovviare alla rituale e spesso noiosa rimpatriata con le solite amiche.-
Finiamo di consumare parlando dei nostri gusti musicali, simili e compatibili. Nel frattempo aveva tirato delicatamente dalla sua parte il mio ormai famoso block-notes per annotarvi telefono ed indirizzo.
-Sarò pronta per le 20.30, però tu chiamami prima.-

Valentino Di Persio

(Il terzo ed ultimo episodio seguirà la prossima settimana.)

Molto professionale (1° episodio)

Sull’aereo tutto è in porzione singola, anche le persone” (cit. dal film Fight Club)

 

Sono rari quegli incontri che inconsapevolmente ci trasmettono sensazioni, facendoci osservare dettagli che fino ad allora non avevamo considerato. Ad alcuni stringiamo persino la mano forse in segno di ringraziamento o forse a mo’ di saluto perché, a livello di subconscio, sappiamo che entreranno a far parte di quella lunga lista di “porzioni singole” dimenticate, assunte regolarmente con serendipità.
Valentino Di Persio, in questo racconto, primo di tre episodi, trae spunto da un breve viaggio aereo, cogliendo aspetti che il più delle volte sfuggono per distrazione, per mancanza di spirito di osservazione o per sopraffazione dei propri pensieri. Così, quello che potrebbe sembrare un noioso viaggio, assume frangenti divertenti e persino piccanti in una mente fertile che, come la sua, vola …oltre le nuvole.

Buona Lettura!
Marica Caramia

Oltre le nuvole

di Valentino Di Persio

-Do you speak English Sir?-
-Sometime it happens to me.- a volte mi capita, le rispondo. Un raggiante sorriso le illumina il viso che oserei definire a dir poco attraente, occhi neri come la pece accesi da scintille come saette a ciel sereno.
-Perchè questa domanda?- le chiedo in italiano.
-Please just sit down now, I’ll tell you why later.- si segga per favore ora, le dirò il perchè dopo, mi dice.
13C – lato corridoio è il mio posto sul volo Blueair 116 Roma Fiumicino/Bucarest Otopeni “Henri Coanda” delle ore 11,40. Dopo aver sistemato il trolley nella cappelliera, mi siedo posando sulla poltrona centrale un’agenda, occhialini da lettura, il K-Way piegato.
Sui Boeing 737 le file 12 e 13 sono ubicate in corrispondenza delle ali e sono più spaziose rispetto alle altre in quanto adibite come via di fuga in caso di emergenza. Le poltrone su queste file sono molto ambite dai passeggeri in quanto consente di accavallare le gambe e muoversi meglio. E’ diventata ormai prassi consolidata, per la maggior parte delle compagnie aeree, assegnare tali posti, previo pagamento di un supplemento, a quei viaggiatori che ne facciano specifica richiesta. L’abilità fisica al 100% è la condizione “sine qua non” per i richiedenti. Tali restrizioni, ma soprattutto il pagamento del supplemento, 10/20 euro, fan si che tali posti siano del tutto o quasi sempre liberi. Una risposta esaustiva alla sorprendente richiesta dei requisiti fisici si ha a bordo solo quando la Hostess, come nel mio caso, ti si avvicina per annunciarti un colloquio tête à tête e la cosa, se é carina come la mia, non può che farti piacere.
Il decollo é perfetto, solo qualche rumoretto nel vano bagagli causato dalla mia valigetta in balia della forza cinetica.
Dagli altoparlanti una voce femminile da il benvenuto a bordo da parte del “Comandante e del suo Crew” per poi invitare i passeggeri a seguire attentamente le indicazioni sulle norme di sicurezza da osservare in caso di estrema necessità.

Tre assistenti di volo, eleganti nelle loro uniformi tubolari blu fin sopra al ginocchio, fascia bianca all’altezza dei fianchi, foulard bianco a pois blu, scarpe nere con tacco medio, si piazzano lungo il corridoio dell’aeromobile: la prima avanti in corrispondenza della prima fila, la seconda al centro in corrispondenza della fila 11, la terza in corrispondenza della fila 22.
Non so se per caso o per scelta deliberata, la moretta dagli occhi di pece, capelli raccolti a chignon, fascia rossa da responsabile di cabina, me la ritrovo piazzata davanti a circa un metro di distanza. Al suo sorriso rispondo con un cenno di gradimento mediante un ammiccante occhiolino d’intesa. Approfitto dello spazio extra per accavallare la gamba destra sulla sinistra, appoggio il gomito sul bracciolo laterale destro ed il mento sulla mano chiusa a pugno. -Me lo voglio proprio gustare questo show a distanza ravvicinata.– mi dico. Lei mi lancia uno sguardo di sfida come volermi dire -Ah illuso! Ci vuole ben altro per mettermi in difficoltà.- Seguendo le indicazione della speaker, la ragazza inizia la sua dimostrazione con movenze eleganti, senza lasciarsi apparentemente intimidire dal mio sfacciato interesse. Alla fine non riesco a trattenere un accenno di compiacimento per la sua professionalità. Contraccambia con un sorriso velato d’imbarazzo. Un lieve rossore affiora sulle sue gote. Sarà a causa del caldo, penso. Eppure l’aria condizionata soffia a tutta birra. Una volta sistemato il materiale dimostrativo nell’apposito contenitore, la moretta torna da me per informarmi con tatto ma con fermezza che, in caso di bisogno, dovrò adoperarmi per aiutare gli altri passeggeri ad evacuare l’aereo, non prima di aver indossato il salvagente situato sotto la poltrona. Mi dice anche, con un sorrisetto malizioso, che potrò lasciare l’aereo solo prima dell’equipaggio ovvero prima di lei. -Ci mancherebbe!- le dico toccandomi con discrezione la nota parte come un gesto scaramantico -Le darò senz’altro la precedenza, il Bon Ton lo esige.- Mi sorride divertita allontanandosi. Ho la sensazione di esserle rimasto simpatico.
Inizio ad annotare le emozioni del momento sull’agendina. Nella fila di destra siede, accanto all’oblò, un’altra moretta dai capelli lisci a caschetto che sembra dormire. M’accorgo invece che ogni tanto allunga l’occhio incuriosita dal mio scrivere frenetico, in fretta, per non trascurare nessun dettaglio che m’affluisce nella mente. Mi giro di scatto ed incrocio i suoi occhi d’intenso azzurro come il mare. Sorriso di circostanza e scossetta puberale.
A guardarla bene la vicina é proprio carina. Ha le ciglia rimmellate, le labbra rosso fuoco leggermente botulinate, insomma, un viso ben curato e le unghie decorate con fiorellini rosa. Le mani incrociate sul ventre mettono in risalto un bel seno imbrigliato in una maglietta scura, molto aderente. I pantaloni grigi attillati, percorrono le sue lunghe gambe per andare a morire dentro stivaletti a tronchetto, tacco 10.
S’alza quasi di scatto e appena sul corridoio me la ritrovo di fronte, alta statuaria, con il bacino all’altezza del mio viso. Con fare sbarazzino fa ondulare ad arte i suoi capelli lisci a destra e a sinistra lasciando scoperto il collo bianco. M’inebrio della scia del suo profumo dall’inconfondibile fragranza di giovinezza mentre s’allontana a passi sicuri lungo il corridoio verso la ritirata. Cosa non pagherei per essere almeno lo specchio della toilette.
Sbraco leggermente la poltrona, inforco gli occhiali da sole chiudo gli occhi e cerco di scacciar via i pensieri malsani. Riesco persino ad appisolarmi. Al mio risveglio la ragazza era intenta a conversare con un giovane passeggero che le si era seduto vicino. Incrociando il suo sguardo mi fa un sorrisetto malizioso come voler dire “Le occasioni mancate sono perdute, per sempre.
Peccato”.
Dopo un atterraggio perfetto, mi avvio verso la porta anteriore annunciata per l’uscita. La bella Hostess era ferma sul pianerottolo per assistere i passeggeri nello sbarco. Mi saluta con un cordiale “La Revedere.”
-M A G A R I !– le rispondo con un sorriso.

Mentre, in fila al controllo passaporti, mi chiedo a cosa possa ormai più servire la verifica dei documenti all’arrivo nell’ambito del traffico aereo tra Paesi UE, vedo passare la moretta dagli occhi di pece insieme elle sue colleghe in direzione dell’usci
ta Staff Only. Scherzano, ridono eccitate. Staranno forse programmando dove e come trascorrere la serata. Incrocio per un attimo i suoi occhi ma nulla, nemmeno l’accenno ad un sorriso. Che dire? “Molto Professionale”, la tipa.

L’attore ha superato l’opera

Superlativa l’interpretazione di Lino De Venuto, attore principale di ‘Edipus’, opera di Giovanni Testori. Egli stesso ne ha curato l’adattamento, abbinato alle scene e alla regia di Gianfranco Groccia. Accompagnato dall’attore e musicista Gigi Carrino, Lino De Venuto ha portato avanti un monologo concentrato ed intenso, con un pubblico attento e colpito dalla sua poliedricità artistica, vocale, comunicativa, mimetica. Un successo in tre serate, 13-14-15 novembre al Granteatrino Casa di Pulcinella all’Arena della Vittoria a Bari con la Compagnia ‘L’occhio del Ciclone Theater’. La rappresentazione è stata patrocinata dalla Regione Puglia, dal Comune di Bari, dall’Università degli Studi di Bari e dall’Associazione Noi che l’Arte con la promessa di un espatrio artistico dell’opera, per la lodevole espressione dell’attore barese e grazie alla semeiotica del volto di Carrino che ne accompagnava il verbo e l’azione. ‘Edipus’ della Trilogia degli Scarrozzanti è la rivisitazione di ‘Edipo Re’ di Sofocle; solo che l’unico personaggio che riveste i tre ruoli di Laio re di Tebe, Giocasta, sua consorte ed Edipo, loro figlio è l’attore scarrozzante, il capocomico che, essendo stato abbandonato da tutti gli altri attori della compagnia, è costretto a rivestire tutti ruoli; ma l’attore si fa troppo prendere dalla storia, confondendo così la sua storia personale con quella dei personaggi, finchè lo stesso muore sul palco, colpito da una mitragliata. Il fascino della rappresentazione però, è rappresentato dal mix di neologismi, francesismi, spagnolismi, latino, gergo metropolitano e dialetti, il lombardo e il barese, del quale l’adattamento si è servito. Voce, mimica, pause, fisicità, sono gli elementi forti e passionali di Edipus -attore che vuole cambiare il mondo, ma il mondo non glielo permette.