Politica: Il "Vecchio" e il "Nuovo"

Se distinguere il nuovo è relativamente semplice, distinguere il vecchio presenta, invece, delle grosse difficoltà. Quando si può dire, indicando qualcosa, “è vecchio?”. Una barzelletta diventa vecchia subito dopo averla sentita. I jeans sono buoni quando sono vecchi, però un abito vecchio và cambiato. E quando il “vecchio” è vecchio per tutti?

Un disco di Adriano è vecchio anche se parla di attualissimi alberi di trenta piani, di cemento e di smog? Una Ferrari diventa mai vecchia? Tutto quello che oggi è vecchio, stantio, polveroso, un giorno è stato nuovo, fragrante, terso. Qualcuno avrà lavorato, manipolato, ideato, elaborato, quello che subito dopo hanno chiamato “nuovo”. Ma non solo le cose, gli oggetti, anche le idee, le abitudini, la moda. Molte di quelle che oggi sono le nostre abitudini le chiamiamo care “vecchie” abitudini, o tradizioni quando sono comuni a più persone. Tutto quello che oggi è “vecchio“ per qualcuno è stata una faticosa innovazione. Ma ogni innovazione, accettata da tutti e raggiunto il suo pieno successo, diventa essa stessa vecchia, stantia, polverosa e vive solo fino al prossimo nuovo.

In politica il nuovo, l’innovazione, è progetto, è movimento che si contrappone alla prassi, all’immobilismo, alle vecchie abitudini. Certo il nuovo per il nuovo, il cambiare solo per dirsi nuovi e continuare come se nulla fosse cambiato è la vecchia consuetudine di una certa classe politica. Classe politica che pone le basi della propria strategia sul trasformismo, sulle false differenze; caratterizzata da mezze figure, da comparse che prima occupano seggi e poltrone e dopo si ritrovano sui banchi delle aule di tribunale. Classe politica che per “rinnovarsi” saccheggia il magazzino delle maschere, dei costumi, tira fuori bandierine e striscioni facendoli diventare simboli e stendardi della “nuova immagine”. Rinnovano i simboli, ma non le care “vecchie” abitudini.

Corruzione, spartizione, incarichi, mio, tuo, nostro, “tutto mio perché sono riuscito a rinnovarmi tanto da trasformarmi in un cetriolo…per gli elettori”. Siamo in prossimità di nuove consultazioni elettorali ed ecco farsi avanti i cari, “vecchi” compagni di avventura, rinnovati, con idee diverse, addirittura disposti a gettare via le “vecchie” alleanze per piegarsi di “nuovo” al “vecchio” padrone. A noi elettori non resta altro che lottare ancora una volta, alla maniera “antica”, fino alla fine, per evitare che la nostra cara Modugno cada nelle mani di quelli che oggi, “rinnovandosi”, si presentano dichiarando di essere loro il nuovo, invece, sono soltanto di nuovo loro.

Riflessioni sulle ragioni storiche del fare opposizione

Con la rivoluzione francese la guerra si trasforma, da semplice gioco tra le dinastie, in guerra di popolo, in causa popolare che suscita l’impegno attivo e le passioni delle masse. Al suddito, trasformato in cittadino, venne imposto l’obbligo di portare le armi. Fino allora gli eserciti dinastici del ‘700 erano formati da rappresentanti di nobili famiglie e da professionisti altamente specializzati che assolvevano anche il compito di mantenimento dell’ordine pubblico.
Tali eserciti, poiché esclusivamente professionali, erano di difficile reclutamento e pertanto non si poteva rischiare di distruggerli in una battaglia decisiva, in una guerra spinta fino in fondo. La guerra era condotta quindi in maniera estremamente cauta, si riduceva a manovre dimostrative piuttosto che sulla battaglia. Con la rivoluzione e Napoleone, invece, i cittadini vengono arruolati nell’esercito, in un primo momento, come volontari e dal 1798 come coscritti. La legittimità del potere politico dipende, da quel momento in poi, dal consenso del popolo verso le istituzioni.
La democratizzazione dell’esercito aveva trasformato la guerra in una lotta a morte, che metteva in gioco vita e futuro delle nazioni. Sulla guerra, il punto di partenza del pensiero marxista – leninista, è che questa è un fenomeno sociale e rappresenta una continuazione e uno strumento della politica. Lenin asserisce che la totalità politica contiene la guerra e che l’intensità e la forza della guerra devono variare al variare delle circostanze e degli obiettivi che ci si propone di raggiungere. Egli estende i concetti dal campo propriamente militare a quello della lotta politica e li modifica attraverso la sua visione della storia.
In primo luogo rifiuta l’asserzione che esista “l’interesse dello Stato” e che la politica costituisca “l’intelligenza dello Stato personificato”. Per Lenin la politica è l’espressione degli interessi della sola classe al potere. In tal modo la vera guerra è quella tra le classi, fra gli sfruttati e gli sfruttatori. Di conseguenza la guerra non ha mai fine, prosegue anche in tempo di pace, senza soluzione di continuità; ogni possibilità di compromesso fra le parti diventa impossibile: la guerra – che è in sostanza sempre una guerra civile – può terminare solo con la distruzione dell’avversario “il potere, a differenza della gloria delle armi, non è divisibile”.
Mao Tse Tung ha attribuito un posto centrale, nel pensiero strategico militare, alla guerra di popolo; per un ventennio i cinesi sono stati coinvolti in una guerra civile – la guerriglia – che ha la sua essenza nella diffusione progressiva della lotta nello spazio per frazionare le forze nemiche, indebolirle, logorarle e creare le condizioni per attaccarle localmente con successo; nella lunga durata dell’azione per provocare il progressivo logoramento materiale e morale del nemico; nella priorità assoluta della conservazione delle proprie forze; nei legami fra guerriglieri e popolazioni; nell’inquadramento realizzato da personale altamente specializzato fornito dal partito o comunque da guerriglieri professionisti. L’individuo è prima militante del partito che soldato, agisce in modo politicamente attivo.

Sante Lomoro svela i retroscena di una Modugno con impianti sportivi inadeguati

Progetto pronto ma mancano i fondi. Piano triennale delle opere pubbiche: previsto stanziamento di 20mila €. Durante il suo primo mandato, il consigliere comunale Sante Lomoro ottiene la delega allo sport dal sindaco Rana e dà il via ai lavori per la riqualificazione del campo sportivo.

Nel 2006, oltre alla riqualificazione completa del campo esistente, viene creato anche un campo di calcio a 8 sul suolo degli ormai fatiscenti campi da tennis. In seguito è stato realizzato anche un campo da calcetto
all’interno del complesso del palazzetto dello sport.

La domanda che però tutti si pongono è: per quale motivo si è messo in moto un meccanismo di riqualificazione delle strutture, promettendo alle società sportive agibilità ed adeguatezza alla normativa sportiva vigente, se poi doveva essere lasciato tutto a metà?

“Già dal 2008 – risponde Lomoro – ho presentato un emendamento in cui si richiedevano interventi per garantire l’agibilità del campo sportivo ed in più la realizzazione di due spogliatoi esterni per il campo da calcetto del palazzetto. Dato che tutto si può dire tranne che quello che abbiamo a Modugno sia un Palazzetto dello sport, volevo, mediante la realizzazione di un campo da calcetto e spogliatoi all’aperto, almeno limitare quelli che erano i disagi delle società sportive che usufruiscono della struttura. L’emendamento è passato, il progetto è stato approvato nel 2009 e siamo ancora oggi in attesa dell’inizio dei lavori”.

“Io sono intervenuto più volte in consiglio comunale chiedendo risposte a queste mancanze ma la sola risposta che ho ricevuto è stata che non si può più accedere ai mutui. Io finisco il mandato nel 2011 e non mi va di lasciare la situazione così com’è dato che ho sostenuto fortemente la riqualificazione delle strutture e, attraverso queste, dello sport modugnese. La politica stessa mi ha limitato in quanto io ho presentato una serie di interventi e chiesto chiarimenti ma in definitiva ho solo parlato al vento. Io spero ancora che sino alla fine del mandato qualcosa si muova, almeno che vengano stanziati i 20.000 euro necessari per la realizzazione degli spogliatoi esterni nel palazzetto”.

“La cosa che lamento fortemente – continua Lomoro – è che nonostante tre anni fa sia stato fatto un Project financing con una risposta positiva da parte di un privato che ha presentato un preventivo di spesa interessante, si sia ancora oggi lì a discutere se realizzare o no il nuovo palazzetto. Il problema è che questo impegno era nel programma elettorale ed era inserito nel programma triennale dei lavori pubblici. Io sono rimasto molto deluso dal Pd. Come partito si è dimostrato insensibile a questo tipo di problemi. Quando nel 2008 presentai l’emendamento, il partito stesso non era d’accordo nel presentarlo perché non avevamo discusso prima il testo. In definitiva a me hanno dimostrato di essere molto più interessati a spartirsi il potere piuttosto che a risolvere i problemi dei cittadini”. “Ho sollevato anche il problema dell’avviamento al nuoto dei bambini delle scuole elementari. Quest’anno per questo tipo di attività non ci sono i soldi.

I pareri della cittadinanza sul doppio mandato Rana

A Modugno serve un cambiamento radicale. Manca un collante politico tra le istituzioni e la comunità locale. Gli innumerevoli rimpasti, le troppe cariche di potere, il cambiare spesso partito hanno dato un chiaro segnale di mancanza di idee e di progettualità amministrativa.

Il 2006 dopo una vittoria al primo turno davvero inaspettata, in quanto ci si attendeva almeno un ballottaggio, considerata la consistenza degli avversari Sanseverino e Bruno, l’amministrazione “Rana due” insediata nel maggio scorso appoggiata dalla coalizione di centrosinistra (Lista civica per Modugno, No alle Centrali, Udeur, Margherita ,DS, Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista) si riconferma alla guida del governo cittadino.

Con ben diciotto consiglieri (sedici più due determinati dal premio di maggioranza) tra l’entusiasmo dei suoi sostenitori e il gradimento di coloro che pur non masticando quotidianamente il “politichese”, assolutamente, non dispiaciuti di una sua riconferma anche alla luce di un buon operato nel primo mandato. Ora ci chiediamo cosa sia successo nel corso di questi anni di tanto grave, da trasformare l’incanto in amaro disincanto. Il rapporto cittadini modugnesi e Palazzo di Città davvero deteriorato è ai minimi storici. Il crescere in maniera spropositata di associazioni, comitati pro e contro, se da un lato sono la conferma più alta di un’espressione democratica, dall’altro sottolineano come gli avvenimenti siano stati avversi.

Quando la gente si associa? Quando non sente tutelata i propri diritti, quando vede a rischio quelle idee e/o nel concreto quei beni universali quali potrebbero essere l’ambiente tanto per citarne uno o progettuali quali una riqualificazione dell’ambiente urbano, il che non significa costruire ed erigere esclusivamente case e palazzi, ma il tutto bisogna contestualizzarlo all’interno di un progetto urbanistico degno di questo nome.

Esposto alla magistratura sulla nomina di Bruno a City Manager inviato delle Associazioni modugnesi

 

La spinosa e ormai nota questione del City Manager del comune di Modugno ha toccato il suo apice non solo con i profondi malumori provenienti da ogni dove, dalle associazioni ai singoli cittadini, ma si è tradotto in sostanza con la presentazione da parte dei Verdi e Azione e Tradizione di un documento esposto alla Procura della Repubblica di Bari, alla Procura Regionale della Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza ed alla Prefettura di Bari relativo a presunti illeciti penali, irregolarità contabili, amministrative e/o civili.

Le accuse principali che si muovono alla nomina del dott. Serafino Bruno come City Manager, sono legate oltre al fatto di mera inopportunità di nominare tale carica e quindi accettarla a questo punto terminale della legislatura e agli esborsi economici in termini di lauto stipendio che tale nomina comporta, anche e soprattutto al fatto che come si evince dall’esposto, il soggetto in questione non abbia titoli sufficienti atti allo svolgimento della mansione di Direttore Generale, ovvero: “esperienza, almeno quinquennale in qualifica e funzioni dirigenziali in aziende pubbliche e/o private” ed essere in possesso di “titoli di studio e di specializzazione in materia di organizzazione, gestione ed economia az.le” o aver pubblicato qualcosa in tal senso.

Requisiti che dalla lettura del suo curriculum vitae allegato alla delibera di giunta dell’ottobre 2009 non sono assolutamente deducibili. E nemmeno il “concetto” dell’intuito personae (fiducia personale tanto per essere più chiari) introdotto nella delibera del 12 agosto 2009 con la quale la giunta ha modificato il “Regolamento degli Uffici e dei Servizi” mutando parzialmente la prassi di nomina ha placato gli animi, anzi, ciò ha amplificato la sfiducia popolare nella classe politica se si aggiungesse a questo anche che la nomina sia stata viziata da assenza di motivazione, obbligo che scaturisce da un dettato normativo contenuto nell’art.3 della legge 241/90. La disputa è iniziata e a prescindere da come essa si concluderà gran parte della cittadinanza ha già sancito un vincitore…almeno sul piano etico e morale.