“a chi dobbiamo ricorrere?”

Sono convinto che quando il Manzoni scriveva di ciò che accadde ai milanesi durante la peste, non aveva lo scopo di descriverli come volgari assassini, colpevoli di aver linciato molti dei loro concittadini, ingiustamente accusati di spargere la peste perché, incautamente, avevano toccato in modo del tutto innocente gli abiti o le porte di casa altrui. L’obiettivo della sua opera erano i “signori” al governo di allora che oltre a non fare alcunché per evitare che tutto ciò accadesse, calpestando ogni forma di umana pietà, spinti dalla loro ignoranza e paura dell’epidemia e con la complicità di giudici altrettanto atterriti dalla malattia, avvallavano i linciaggi e addirittura erigevano, sulle macerie della dimora di un incolpevole “pseudo untore” quella che è diventata famosa come la colonna infame.

Oggi nella civilissima Modugno, e non solo, queste cose non si fanno più, la gente non rincorre più i presunti “untori” per dar loro una strapazzata, non si allarma più nemmeno se vede qualcuno che si soffia il naso e butta via il fazzolettino o tossisce guardando il cielo e “scatarrando” per strada. Siamo molto più civili, noi. Anche chi ci governa è diverso. Ci informano, non sempre bene ma ci provano; con esiti alquanto irritanti per noi a volte, come fanno quando ogni due giorni ci dicono che sono cambiate le modalità di come assicurare agli altri che non siamo contagiosi.

Ca…o però nessuno ci dice come fare o a chi “ricorrere” per segnalare che qualcuno sta male. Non lo sanno nemmeno loro.

Ecco quello che succede a Modugno e che mi è stato raccontato dalla persona che lo ha vissuto.

Ieri, un civilissimo modugnese ha postato quello che segue su una pagina social:

“Oggi sono uscito di casa per un motivo ben specifico e per una giusta causa (motivo? voleva comunicare il nominativo e l’indirizzo di un ammalato, suo vicino di casa).
Appena aperto il portone ho incrociato una pattuglia dei CC, ho fatto loro una segnalazione e dopo qualche secondo di titubanza mi hanno risposto che avrebbero allertato la polizia municipale.
Ho atteso per circa 1 ora…(che arrivassero i v.u.)
Nulla.
Mi sono deciso a parlare con la protezione civile (che ha allestito una grande tenda) fuori la posta, ho fatto la stessa segnalazione, risposta: “guardi noi non possiamo fare nulla, le conviene avvisare la polizia municipale, loro coordinano tutto qui a Modugno”.
Ok, perfetto.
Vado al comando, faccio nuovamente la mia segnalazione e con aria quasi a dirmi: “ma questo cosa vuole?”, mi rispondono di chiamare la protezione civile o i carabinieri.
Prendetelo come uno sfogo x ora…..
Volevo solo segnalare un probabile caso di contagio di un mio vicino nel condominio, che se accertato farà sicuramente di me una belva inferocita!
Credo che le persone con la divisa non la meritino tutti!

Tutto ciò fino a questa mattina quando, dopo una insonne notte passata a considerare i rischi di contagio condominiale ai quali sono sottoposti lui e i suoi figli, il civilissimo modugnese, ha telefonato al n° della protezione civile nazionale, il 1500, chi ha risposto gli ha suggerito, frettolosamente, visto l’alto numero di chiamate alle quali, presumibilmente avrebbe, o doveva, rispondere nello stesso modo, di chiamare la sede regionale competente. Chiamata la sede regionale pugliese della protezione civile, il gentilissimo ad-detto si è prodigato a spiegare al civilissimo modugnese che gli aveva elencato minuziosamente le tappe del suo tour telefonico, che visto che era arrivato là non gli rimaneva altro da fare che “chiamare il presidente Emiliano o in sua vece il sindaco Magrone”.

Questo civilissimo modugnese, che resterà tale fino a quando gli daranno la possibilità di esserlo, può certamente essere portato ad esempio da imitare. I “signori” al governo di oggi di sicuro non erigono nessuna colonna infame ma nemmeno possono essere un esempio da imitare.
La domanda però rimane, “a chi dobbiamo ricorrere?”

E finitela di chiedere l’elemosina all’Europa!

 

È di questi giorni la notizia del veto Olandese all’utilizzo di una misera parte delle risorse (oltre 400 MLD) del cosiddetto Fondo “Salvastati” (che brutta parola) per il “Cura Italia” (mammaiutami) elemosinato dal governo italiano per il superamento del limite massimo del 3% del deficit. Al veto olandese per il MES si è aggiunta l’opposizione della Merkel all’emissione, da parte della banca europea, dei tanto agognati Eurobond (ultimamente diventati Coronabond, più trendy) più volte richiesti in prestito da chi, improvvidamente, ci governa.

Emmenomale, dico io. Ad un debito che già supera i 40.000 €uri per ogni italiano – dal neonato all’ultracentenario – non ritengo sia una “right policy”, una scelta “giusta politicamente”, per il futuro del nostro paese, aggiungerne altri. Molto meglio una tassa sulle “ricchezze” di chi ha più interesse a prestare denaro allo stato piuttosto che aiutare qualcuno a non fallire.

Lo stato italiano, dagli anni ottanta – quando era già finito il “boom economico” e iniziava il degrado dei conti pubblici con l’aumento sempre più rapido del debito statale (oggi oltre 2.400 MLD di €uro; non vi dico in Lire) – non ha ancora determinato “che cosa lasciare o non lasciare alle generazioni future”.

Non abbiamo ancora scelto fra l’illogico e malsano comportamento da cicale che comporterà il non lasciare loro niente (a parte i debiti e l’inquinamento di “terra, dei mari e dei cieli”) e quello del rispetto di quella “Golden Rule”, la “regola aurea”, espressione che nei paesi anglosassoni (la perfida Albione in primis) viene utilizzata in economia e in politica per richiamare quella serie di regole morali molto semplici che indicano e “obbligano” ad assolvere i doveri di ciascuno nei confronti degli altri, i nostri doveri nei confronti delle generazioni future. Scelta politica che in Italia viene richiesta di continuo ma non viene mai affrontata davvero. Certo non esiste una regola semplice che consenta di scegliere, una volta per tutte, cosa sia meglio per il benessere delle generazioni future; regole diverse portano a conclusioni completamente diverse ma non scegliere affatto è, senzadubbiamente, la soluzione peggiore che i nostri Cettolaqualunque adottano da decenni. Basterebbe, però, il semplice buonsenso per scegliere di comportarsi in maniera tale da non rischiare di lasciare le generazioni future con il culo per terra.

Fin dall’inizio del dibattito europeo sui deficit pubblici si esortavano i governi nazionali ad attenersi a regole precise. Con il Trattato di Maastricht del 1992 si diede vita all’€uro e si fissò al 3% del PIL il limite massimo del deficit di bilancio, al 60% quello del debito pubblico di ognuno degli stati europei. Quale logica economica ha determinato la scelta di tali limiti, però, nessuno l’ha mai chiarita del tutto.

Questa mancanza di chiarezza deriva, in effetti, dalla difficoltà del calcolo degli insiemi degli attivi e della ricchezza nazionale. Non si riesce ancora a concordare un comune regolamento fiscale, oltre al fatto che – senza alcuna consultazione preventiva – abbiamo aderito alla decisione di creare una “moneta unica senza Stato”: soprattutto senza concordare di mettere in comune il debito e il livello di deficit uguale per tutte le nazioni aderenti all’euro.

Nella teoria economica una comunità “chiusa”, cioè interamente indipendente dall’esterno, “sovrana”, non avrebbe alcuna necessità di fissare limiti al proprio deficit annuale. Si tratterebbe, in tal caso, di una “democratica” scelta sovrana. Non ci sarebbe alcun motivo per imporre a priori regole come quelle, né tantomeno di scriverle nelle tavole di marmo della costituzione, nel più totale disprezzo delle future generazioni e delle loro future maggioranze politiche.

Il debito pubblico, il debito dello stato, come tutti i debiti, per definizione, va “restituito” ai creditori, a coloro i quali, potendo, prestano, in cambio di una remunerazione periodica (gli interessi) e della promessa di una futura restituzione, il capitale necessario allo Stato per sopperire alla differenza negativa fra entrate e uscite. Fra tasse in entrata e il pagamento di personale e servizi utili alla comunità nazionale come la sanità, le pensioni, l’istruzione, la difesa e le infrastrutture (e gli interessi pagati ai più ricchi). Debito che ricade su tutti, rendendoli debitori ma che favorisce una redistribuzione perversa: dai più poveri, che pagano, ai più ricchi, che prestano denaro allo Stato.

Dagli inizi del secolo scorso e sempre più accelerando nei “dopoguerra”, in Europa, si è via via creato quello “stato sociale” il cui “peso” si è fatto sempre più rilevante nell’economia statale delle nazioni europee.

Gli effetti devastanti per l’economia nazionale italiana, causati dal coronavirus, dovranno essere affrontati e “riparati” come nei dopoguerra, affidandoci solo alle nostre capacità e forze nazionali. Non con un ulteriore impoverimento statale determinato dall’incremento del debito ma utilizzando quanto gli italiani hanno accantonato nel passato, con un prelievo straordinario sulla “ricchezza” nazionale che oggi ammonta a 10.000 miliardi di euro.

Avete letto bene, DIECIMILAMILIARDI di euro, il 60% dei quali, (6.000 miliardi) è detenuto dal 10 % più ricco dei contribuenti italiani, mentre circa 82.000 italiani, cioè il 2 per mille dei contribuenti detengono quasi il 4 % della ricchezza nazionale (400 miliardi come il famigerato Fondo salvastati). Tutti questi dati, che non sono delle esagerazioni, sono verificabili consultando le tabelle allegate al “il Capitale del XXI secolo” di Thomas Piketty; oppure, con un po’ di pazienza, collegandosi al sito ISTAT o al sito del World Inequality Report 2018 al link https://wid.world/country/italy/ che pubblica i dati sulle disuguaglianze nel mondo.

Una tassa sulla ricchezza nazionale, applicata ai 41 milioni di contribuenti italiani, e ai diecimila miliardi di ricchezza nazionale, con le aliquote indicate per ogni fascia, come nella seguente tabella:

Fasce di ricchezza Aliquota d’imposta marginale
Tra E..
Fascia 1 0 € 200.000 € 0,0%
Fascia 2 200.000 € 1.000.000 € 0,5%
Fascia 3 1.000.000 € 5.000.000 € 1,0%
Fascia 4 5.000.000 € 20.000.000 € 1,5%
Fascia 5 20.000.000 € 100.000.000 € 2,0%
Fascia 6 100.000.000 € e più 2,5%

consentirebbe di ricavare, una tantum o, molto meglio, ogni anno, oltre 30 miliardi di euro, un misero 3 per mille della ricchezza nazionale ma un più che robusto 1,7 % dell’attuale misero PIL italiano.

Numero contribuenti % contribuenti In miliardi di €
Fascia 1 26.087.469 63,628% 0
Fascia 2 13.742.028 33,517% 10,67 €
Fascia 3 1.079.390 2,633% 10,30 €
Fascia 4 81.378 0,198% 5,63 €
Fascia 5 8.763 0,021% 2,80 €
Fascia 6 974 0,002% 3,51 €

A questo punto vedo già insorgere i “liberali un tanto al chilo”, quelli che si intitolano l’esclusiva del dirsi di “essere di destra” mentre invocano tagli e alleggerimenti delle tasse, Flat Tax uguale per tutti, che avvantaggiano solo chi le tasse può pagarle e vanno a discapito di quello stato sociale che invece dovrebbero difendere. La destra vera invece è “sociale”, questa è la profonda e unica essenza della destra. E chi è “sociale”, si adopera innanzitutto per la difesa della nazione e dello stato attraverso la tutela del suo legittimo “sovrano”, quel “demos” che la retorica qualunquista del “tanto paga Pantalone” ha relegato, senza vergognarsene, a “popolo da governare”.

Il coronavirus? Sarà l’occasione per il risveglio della fierezza italiana?

Gli italiani? Obbediscono immediatamente, senza batter ciglio, all’obbligo degli arresti domiciliari per difendere la loro  e l’altrui salute, e danno immediatamente del “fascista” a chi chiede più controlli da parte delle forze dell’ordine, a chi chiede pene certe per chi infrange la legge, il carcere per gli evasori, la sterilizzazione per i pedofili, più telecamere di vigilanza contro gli abusi su anziani e bambini, a chi chiede rispetto per la proprietà e per chi la difende, per la religione, per le consuetudini e le leggi nazionali e per chi indossa la divisa.

Gli italiani? Tutti con le mascherine per la difesa della salute pubblica ma gagliardamente pronti a creare disordini, a rovesciare e incendiare le auto, a sfasciare vetrine, impugnare estintori – o molotov, secondo l’estro momentaneo – per protestare contro lo spauracchio dello “stato di polizia” che minoranze politicamente agguerrite sventolano davanti agli occhi ogni volta che le “democratiche” decisioni di una qualsiasi maggioranza ledono i loro interessi.

Gli italiani? Una massa di altruisti, solidali nelle avversità e nelle sciagure nazionali, sempre pronti, però, a tornare ad essere la massa di pecoroni che il mondo irride. Sempre pronti ad eseguire docilmente le democratiche decisioni di un élite costituita dall’infima minoranza dello 0,0001 %, “quell’uno su diecimila che ce l’ha fatta”, 6.000 persone in tutta la nazione in grado, però, di determinare desideri e opinioni del restante 99,9999 %.

Gli italiani? Tutti pronti a cantare “fratelli d’Italia” fuori dal balcone ma ancora più scattanti nel gridare contro, a condannare “i pazienti zero”, ad additarli al pubblico ludibrio, a denunciarli come untori, attentatori della salute pubblica perché così vengono descritti dai media di proprietà dei “seimila” al potere.

Gli italiani? In sessanta milioni sono stati convinti, dai seimila al governo, che conviene chiudere gli ospedali per poter ricevere l’obolo del reddito di cittadinanza, che conviene ridurre le tasse per i redditi più alti quando già con l’attuale livello di tassazione e di sperperi vari non si è in grado di fornire le maschere di protezione al personale medico che assiste gli anziani colpiti dal virus.

Gli italiani? Brava gente che per difendere la propria e l’altrui salute rimane chiusa in casa, dimostrando di non essere proprio del tutto rincoglionita dopo tanti decenni di gestione di quel decimillesimo che l’ha convinta alle privatizzazioni degli anni 80; alla cessione di sovranità della Banca d’Italia e delle autostrade; ad aderire all’Europa delle banche; a rinunciare al riconoscimento delle radici cristiane degli europei, come, invece, auspicavano i tanti padri costituenti per  “l’Europa dei popoli”.

Gli italiani? Sempre ossequienti verso coloro i quali “impongono” di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche; di rinunciare al presepe e alla difesa dei confini nazionali, come se fossero la stessa cosa o avessero la stessa importanza.

Gli italiani? invece di essere orgogliosi di “essere italiani” subiamo, indifferenti, gli insulti e le stronzate della rappresentante della Banca Europea e dei banchieri apolidi, tutti loro sì figli di “tanti padri” dalla nazionalità e origini sconosciute.

Dopo che “tutto finirà bene” gli italiani non dimentichino che avranno ancora una volta dimostrato di essere quelli che senza i quali il mondo intero sarebbe in una condizione peggiore.

Qui, dove “è assai il danno”

Se è già tedioso ascoltare qualcuno che promette, in campagna elettorale, quello che sa già di non poter mantenere, immaginate ora quanto sia deprimente guardare qualcuno, che non sa quali sono i propri limiti, proporsi come guida di uno schieramento politico. Al primo, ormai datato autocandidato sindaco della “rinascenza modugnese” (che molti reputano destinato a “lapocaliste”) negli ultimi giorni se ne sono aggiunti più di uno. Ultimo in ordine di tempo, l’autocandidato rappresentante unico del suo centrodestra. Anch’egli, come tutti gli altri, si dice sicuro di ottenere il numero di voti necessario per “concionare” dalla postazione centrale del consiglio comunale. Intanto, però, lui come gli altri, non riesce a presentare proposte precise ed iniziative concrete per la soluzione dei problemi della città. Sorge il dubbio che non ne siano capaci.

Sono anni che gli stessi, più o meno noti personaggi, si adoperano per rastrellare i voti necessari per raggiungere il proprio obiettivo esclusivo, il loro unico interesse: quello di apparire meglio di quanto sono.
Costituiscono aggregazioni più o meno numerose di loro sodali e si danno da fare per essere eletti come amministratori della cosa pubblica. Spesso si appoggiano a datati cartelli elettorali del territorio – o a segreterie provinciali che poco conoscono le problematiche della città – per stipulare accordi basati solo su promesse di reciproci scambi di favori. Per questo rifuggono il confronto diretto, evitano il “faccia a faccia” disertando gli incontri organizzati da quelle stesse forze politiche che vorrebbero rappresentare. Si rifugiano sui social sperando di fare “rete”, manco fossimo allo stadio. Si limitano ad occasionali apparizioni mediatiche, spesso ripetitive, nessun accenno nei loro discorsi a soluzioni per gli annosi problemi della città e ancor meno a programmi di indirizzo politico. Nessuna prospettiva di governo che esuli dal semplice “sono io il vostro candidato sindaco di  Modugno”.

Nessuna visione della città reale, discutono dei problemi solo con l’unico fine di parlar male degli avversari. Parlano dei responsabili del problema ma non di come risolverli. Non hanno nessun punto di vista politico – dal quale rivolgere uno sguardo di prospettiva sul lungo periodo – per migliorare la condizione socio-economica dei modugnesi. Sono per l’immediato presente, promettono e si affannano per recuperare antiche credibilità. Addossano ad altri la responsabilità della loro storica incapacità di mantenere le antiche promesse e contemporaneamente ne fanno altre. È questa la reale consistenza politica delle autocandidature alla guida dell’amministrazione modugnese. Non si preoccupano di guardare oltre l’oggi o, quando è già sera, il domani. Stanno ammorbando l’ambiente politico, cambiando semplicemente la fraseologia, senza affrontare mai la questione di fondo: cosa si deve fare perché Modugno torni a crescere? Il vero obiettivo della governabilità. Quali strade seguire per migliorare il benessere di tutti i modugnesi. Questo è il fine unico e ultimo al quale tendere per realizzare il buongoverno della città. Basta con gli sproloqui quotidiani, con l’effluvio di promesse a basso costo per abbagliare gli elettori già stanchi di tante chiacchiere.

I modugnesi, negli ultimi otto anni, hanno già sopportato una dose eccessiva di invettive e sorrisetti irridenti verso chi si adoperava per rimediare alle deficienze dell’amministrazione. Gli elettori sono ormai stanchi di ascoltare chi afferma di essere più bravo degli altri e non ha mai concluso nulla. Sanno della scarsa conoscenza di temi tecnici ed economici resa sempre più evidente da quanto affermano un giorno sì e l’altro pure, quando pontificano su tutto e tutti. Si propongono come unico rappresentante politico in grado di risollevare il livello del “vivere” della città e non si rendono conto di fare solo teatro a buon prezzo.

L’ultimo, in ordine di tempo, si è autonominato candidato di tutto il centrodestra dopo aver fatto venir meno proprio quel coordinamento delle forze politiche e associative che si riconoscono in quello schieramento. Ha deciso in completa autonomia di rappresentare un intero schieramento senza aver mai chiesto, evitando anzi, pur invitato, di incontrare le altre delegazioni politiche locali. Ora, sfacciatamente, è proprio lui ad accusare il centrodestra di averlo escluso dal percorso politico intrapreso, fatto di incontri con le altre forze politiche sane della città. Incontri finalizzati alla formulazione di una sintesi politica in grado di assolvere positivamente al compito che gli elettori affideranno nelle urne il prossimo mese di maggio.

Non a caso il suo autolesionistico approccio mediatico si è rivelato più una mossa da spettacolo teatrale, a beneficio dei suoi sodali, che una iniziativa politica di qualche spessore finalizzata a migliorare i rapporti tra le forze e gli elettori di centrodestra. Unico risultato di qualche rilievo è l’infuocata polemica con il datato “resuscitante modugnese”, come lui autoproclamatosi “ostetrico” unico del centrodestra che, però, a differenza del primo, perlomeno cerca di contribuire all’unificazione di quest’area politica, a dimostrazione purtroppo che a destra jè assà u’ dann”.

Ti candidi? no, grazie

Una premessa – non sono candidato e non mi candido(..erò) a nessuna carica pubblica. A questo punto saranno in molti a pensare «..e chi se ne frega?» un attimo, arrivo a spiegarlo.
Ieri sera, in rapida successione – nel giro di qualche ora – ho partecipato, nell’ordine:
alle 16.00 convegno di F.d’Italia nella sede di Bari;
alle 18.30 nel teatro Fava, al convegno della Lega di Modugno;
alle 20.00 incontro, in via Roma, con gli iscritti di F.d’Italia a Modugno ed infine
dalle 21.00 ho assistito, in via X marzo, all’incontro di Nicola Bonasia con i suoi sostenitori.

A questo punto quei pochi che sono arrivati a leggere fino qua penseranno «..e chi …» eccetera. Aspettate un altro attimo, l’ultimo, ora vi spiego chiedendovi, innanzi tutto, di concedermi il beneficio di un briciolo di credibilità. Pur partecipando con interesse a quegli incontri, la mia presenza è dovuta solo e soltanto a una semplice curiosità, a quella tipica “curiosità” degli anziani come me; di quelli che passano le ore, in piedi, dietro le transenne dei cantieri ad osservare gli altri che lavorano. Questo, anche se a molti non “glienepuòfregaredimeno”, per rispondere a chi si chiede e mi chiede il motivo della mia presenza a tali incontri.

Fine della premessa. Ora il motivo di quanto scrivo qui di seguito.
Come tutti gli anziani – che mentre osservano gli altri lavorare si formano una opinione – ieri sera il sottoscritto se ne è formata una in merito alla campagna elettorale che, di fatto, da ieri è partita a Modugno.

È mia opinione che per tutti gli elettori, il prossimo maggio, sarà difficile scegliere, fra i tanti nomi che circolano da tempo, chi votare come sindaco. Iniziando da quegli elettori che speravano in un ritorno, dopo 20 anni, di un centrodestra riunito. Dopo la dichiarazione ascoltata ieri sera che “la Lega a Modugno è pronta a guidare la città”, iniziano ad avere seri dubbi che ciò possa avverarsi.

Anche chi sperava in un centrosinistra unito rimarrà deluso, visto il “passo in avanti” di uno dei consiglieri comunali dell’attuale opposizione. Dopo un periodo lungo più di un anno e le innumerevoli schermaglie dialettiche fra i vari gruppi “di appoggio” dei candidati sindaco, qualche giorno fa, proprio il promotore del documento politico – approvato da (quasi) tutta la coalizione di centrosinistra – che prevedeva lo svolgimento delle elezioni primarie fra i vari candidati, ha fatto il “passo in avanti” informando gli elettori, con un comunicato stampa, della sua decisione di proporsi come sindaco senza passare dal vaglio delle primarie. La sua decisione, oltre ad aver creato scompiglio fra gli altri gruppi del centrosinistra (che diversamente dagli accordi preliminari hanno visto “cambiate” le carte in tavola) ha disorientato molti degli elettori e dei rappresentanti provinciali e regionali del suo partito di riferimento, il Pd. Nella sede locale del Pd, nelle scorse settimane, per evitare una tale lacerazione all’interno del partito, si sono succedute varie riunioni alla presenza degli organi statutari, con esito negativo. C’è da dire, però, che in molti, per “il bene del partito”, in queste ultime ore, stanno già cercando di spegnere tutte le polemiche per ricompattare il Pd.

Anche chi sperava di confrontarsi lealmente con gli altri candidati a sindaco utilizzando le “primarie”, visto il venir meno degli accordi sottoscritti, ieri sera ha riunito in una sala in via X Marzo i suoi sostenitori. Tanti. Erano tanti e non tutti richiamati solo dal “cognome” del candidato sindaco. Molti si sono detti soddisfatti dell’approccio avuto con il candidato di quella coalizione diventata ora di “centrosinistra-centro” e ne elencavano i motivi mentre cedevano il loro posto ad altri nella sala rivelatasi troppo piccola.

Anche chi sperava nella ennesima candidatura dell’attuale sindaco potrà dirsi soddisfatto: risale a qualche mese fa, infatti, la sua accettazione dell’invito a ricandidarsi che gli iscritti della sua associazione, all’unanimità, gli hanno rivolto.

Per gli altri nomi che venivano fatti circolare, a volte anche in forma riservata (!), non ci sono più notizie.

Resiste, al di là di ogni maldicenza e ironia, la candidatura più datata: quella del presidente di “Rinascita per Modugno”.

A lui e a tutti gli altri candidati vanno i miei auguri.