Eccola di nuovo

Chi o cosa ha reso possibile questo imbarbarimento del confronto politico?

Alla fine degli anni 50, Chiaromonte, un paesino della Basilicata, (loro però preferiscono si dica “della Lucania”) diventa famoso, fra i politologi di tutto il mondo, per il libro di Edward C. Banfield, consigliere politico di tre presidenti repubblicani degli USA , Nixon, Ford e Ronald Reagan.
Il politologo americano, nel suo saggio The Moral Basis of a Backward Society (in italiano – Basi morali di una società arretrata) per trovare le cause della scarsa coscienza civile dei meridionali, del loro mancato sviluppo, della quasi inesistente capacità di partecipare alla modernizzazione capitalista,
analizza il particolarismo, la mentalità e i comportamenti dei cittadini di quel paese – che lui chiama Montegrano – e introduce un concetto diventato poi di uso corrente fra gli analisti politici “familismo amorale”.
Un concetto che l’autore usa per definire l’atteggiamento etico di quei paesani; non solo dei contadini e dei proletari ma anche della debole borghesia. I montegranesi anteponevano i loro vantaggi particolari, il “bene di se stessi” al bene della collettività. Atteggiamento dal quale Banfield fa discendere le politiche clientelari e la scarsa efficienza delle istituzioni pubbliche che affliggono ancora oggi i meridionali.

Modugno come Montegranaro?
Cosa rende impossibile lo sviluppo di quella coscienza civica la cui mancanza, a Modugno, ha devastato la politica della comunità modugnese?
Le triviali esternazioni degli ultimi giorni, il “lodevignottere” su facebook e i “vaffanculo” durante il consiglio comunale, propagati da una ben individuata e unica fonte, sono il segno della distruzione che tale familismo amorale, ben radicato a Modugno, riesce a determinare nella nostra città.
Quando nel 2013 l’attuale sindaco, avvolto nell’alone della incorrutibilità,  superò al ballottaggio l’altro candidato Saverio Fragassi – che poteva contare solo sulla sua onestà – in molti pensarono che a prevalere fra i due fosse stato il più qualificato.

Modugno, negli anni precedenti, era sprofondata nei meandri più bassi della cattiva amministrazione, del clientelismo, della corruzione; i modugnesi scelsero di porre un ex magistrato alla guida dell’amministrazione con la speranza che avrebbe posto rimedio a tali problemi.
Una speranza mal riposta? Gli ultimi sproloqui sembrano confermare che nulla è cambiato, forse addirittura tutto va peggio di allora.

La sapete l’ultima?

I modugnesi, come i contadini ignoranti nelle barzellette, vengono trattati come clienti buoni solo a sopportare le “pene” delle condanne.
Ai contribuenti modugnesi non vengono comunicati i pareri negativi formulati dai giudici amministrativi del TAR Puglia contro questa amministrazione. L’ultimo, speriamo non solo in ordine di tempo, è quello che ha visto condannare non gli amministratori comunali bensì tutti i contribuenti modugnesi al pagamento delle spese del procedimento, oltre all’onorario del legale designato da questa amministrazione a rappresentarci in giudizio.
Gli amministratori della cosa pubblica modugnese ci avevano “costituito” in giudizio contro la società “Habitat Costruzioni S.r.l.” che aveva presentato l’ennesimo ricorso contro questa amministrazione per vedere riconosciuti i propri diritti. Per maggiore chiarezza questo il link del TAR e quello della determina di conferimento incarico all’avvocato.
La vicenda che vede la comunità dei contribuenti modugnesi “soccombere” e pagare le spese dei vari ricorsi persi da questi amministratori, ha origini antiche.
Tutto inizia oltre 10 anni fa, con la volontà di un imprenditore edile locale di porre fine alle “interessate attenzioni” che subiva da parte di altri amministratori, politici e tecnici dell’epoca, che da tempo lo vessavano con richieste sempre più esose per porre fine agli “intralci tecnici” che impedivano, di fatto, la sua attività imprenditoriale. Per questo imprenditore, però, le indagini prima e gli arresti poi ai quali molti degli attuali imputati nel processo che ne è conseguito furono sottoposti, non gli hanno permesso di tornare a svolgere regolarmente la sua attività. Un altro “muro di gomma” gli è stato eretto intorno: le cavillose e capziose attenzioni riservate ai suoi progetti edilizi da parte dei responsabili all’urbanistica comunale nominati dall’attuale amministrazione. Cavillosità e capziosità sempre “condannate” dal Tar Puglia nelle sentenze sui vari ricorsi presentati dall’impresa.   

Non solo, anche in consiglio comunale sono state frapposte cavillose e capziose attenzioni alle legittime istanze dell’impresa. Vale per tutti il comportamento tenuto da un consigliere comunale del Pd locale –  in un consiglio  nel quale si discuteva proprio dell’oggetto dell’ultimo ricorso al T.a.r. vinto dall’impresa Habitat.

Il consigliere di opposizione, attualmente impegnato a proporre la sua persona come primo cittadino, inspiegabilmente soccorreva la responsabile del servizio urbanistica di questa amministrazione mettendole a disposizione la propria “memoria storica” riguardo alla vicenda; oltre a rimpinguare la scarsa documentazione in possesso degli uffici con vari documenti del suo archivio personale. Una “opposizione costruttiva” che ha permesso di rinviare per altri tre anni l’approvazione dello stesso progetto che oggi il T.a.r., ancora una volta, ha certificato essere legittimo.

Il 17 giugno scorso, i giudici del T.a.r. Puglia, nella loro sentenza, hanno assegnato, all’amministrazione, un termine di 60 giorni affinché provveda in modo espresso sull’istanza della società ricorrente Habitat (decorso inutilmente detto termine, nei successivi 60 giorni vi provvederà il Prefetto di Bari con tutti i poteri dei competenti organi di indirizzo politico e tecnici del Comune) e hanno “condannato”, tutti i contribuenti modugnesi, al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 700,00, oltre Iva, c.p.a. e rimborso del contributo unificato che vanno ad aggiungersi agli oltre 4.800 euro per l’avvocato difensore dell’ente.

In tutta questa vicenda il contribuente modugnese si sente come il cliente dell’avvocato nella barzelletta raccontata da Gigi Proietti, che chiedeva al suo difensore perché “se vinceva la causa a metterlo in c… all’avversario dovesse partecipare anche l’avvocato, mentre se perdeva sarebbe stato solo lui a prenderlo in quel posto”.

Anche i sindaci “vanno correndo”

Il dott. Paolo Marra ci ha inviato una sua riflessione.

Non solo i medici e gli operatori sanitari stanno lavorando per gli altri sacrificando la propria esistenza. C’è qualcun altro che corre da tutte le parti dalla mattina alla sera. Rischiando pure parecchio. Se non fisicamente, ma anche questo succede, di sicuro professionalmente e non di rado patrimonialmente.
Un grazie? Si, capita che se lo sentano dire; non sempre, ma qualche volta capita. Meno male. Molte di più sono però le volte che subiscono critiche. Anche aspre. Provenienti, generalmente, da chi fa poco e parla tanto, quasi sempre per esprimere sterile dissenso, quasi mai per dare una mano.
È la politica “minore”, quella dei Sindaci e degli assessori dei piccoli comuni che nessuno ascolta, che dispongono di poche risorse finanziarie e meno ancora umane peraltro in costante riduzione.
Quella dei Sindaci che dialogano con chi li ha eletti e pure con chi non li ha votati; no, non a distanza o, come si dice adesso, “on line”, ma proprio sull’uscio di casa previa scampanellata al citofono. E se l’argomento non si esaurisce lì, anche strada strada nel tragitto casa – palazzo municipale.
Dove, ogni santo giorno, trovano sulla scrivania Gazzetta ufficiale. E circolari. E risoluzioni. E note dalla Prefettura. E richiami dalla Ragioneria generale dello Stato se non direttamente dalla Corte dei conti. Di tutto, purché serva a complicar loro la vita. Spesso inutilmente.
Sono quelli che in caso di emergenza possono farsi aiutare da 4/5 vigili urbani si e no e, se è proprio necessario, da altrettanti “volontari autentici” della pro loco.
Hanno capito, ben presto in verità, che al partito al quale sono iscritti è meglio non chiedere niente. Lí dentro, infatti, sono interessati a ciò che fanno solo per verificare, ed eventualmente tagliar loro le gambe, se per caso stanno alzando un po’ troppo la testa travalicando i confini del paese.
Ah sì, certo, continuano a percepire l’indennità, ma evitano di suddividerla per il numero di ore lavorate e così evitano pure di auto interrogarsi: “chi me lo fa fare?”
Donne, il più delle volte! Elette, un po’ a sorpresa, mettendo in riga tutti i capobastone locali, increduli perché bastonati essi stessi alle ultime elezioni.
Le vedi, in questo triste periodo, che arrivano a sera stanche, angosciate, stremate.
Ma niente paura. Si sa: domani mattina, quando il gioco si farà ancor più duro, scenderanno regolarmente in campo.

Paolo Marra

E infine la capra ha fatto il latte

Di “tim’b e frasch’c” se ne è buttato via molto in questi 7 anni di magra amministrazione ma l’altra sera, finalmente, l’attesa si è conclusa. Così dicono.
L’approvazione all’unanimità del bilancio preventivo, da qualcuno raccontata come un grande successo di mediazione politica, non è stata altro che la conseguenza di una diversa “dislocazione delle forze” in aula. Quello che non si è riuscito a fare in questi lunghi anni, caratterizzati da duri scontri verbali in consiglio comunale, è stato fatto l’altra sera quando, posto fine, di fatto, alla maggioranza numerica, il gruppo consiliare di “Modugno nel cuore” ha finalmente permesso a tutti i consiglieri di affrontare gli argomenti in discussione prescindendo dall’essere (sentirsi?) in maggioranza o all’opposizione.
La comune volontà di approvare misure di sostegno finanziario alle categorie più colpite dal “fermo economico” degli ultimi mesi, ha poi reso possibile discutere, pacatamente, degli emendamenti presentati negli ultimi giorni – due addirittura all’inizio del consiglio – e raggiungere l’accordo di presentarne solo uno come sintesi di tutti gli altri.
Il consiglio si era aperto con una eccezione procedurale presentata dal consigliere Vito Del Zotti, capogruppo del PD, che richiamava l’attenzione del segretario comunale su una questione alquanto importante relativa agli atti propedeutici all’approvazione del bilancio. Questione, non risolta, che Del Zotti ha assicurato  porrà all’attenzione degli organi superiori competenti.
Da quello che è possibile desumere visionando la lunga registrazione video, lo svolgimento di questo consiglio comunale – presumibilmente l’ultimo di questa amministrazione – ha reso evidente il “farsi in quattro” dei consiglieri, non solo per il loro impegno verso la città ma anche per la loro divisione in vista delle imminenti consultazioni elettorali. Da una parte quella, più corposa, guidata da Nicola Bonasia, unico gruppo ad aver visto approvata dal consiglio la proposta di utilizzare dei fondi, 30.000 euro, “scovati” nelle pieghe del bilancio “pre emendato”. A questo gruppo si contrappone, come ormai noto da tempo, quello che segue Fabrizio Cramarossa che, detto per inciso, non ha il gradimento del capogruppo Pd, Vito Del Zotti, ma ha fra le liste che lo appoggiano, quella del Partito democratico (mystery modugnese). Di Cramarossa la proposta, approvata, di accorpare in uno solo i vari emendamenti presentati, quello dell’assessore Banchino, quelli di Bonasia e di Panettella oltre al suo, denominandolo “Fondo di solidarietà per attività produttive”. Titolo lungamente discusso ma non approvato – Cramarossa non aveva i numeri dalla sua – visto che sarà indicato come “Fondo di solidarietà per il commercio e la piccola impresa – covid 19”, titolo poi approvato all’unanimità.
Il terzo schieramento è quello rappresentato dai quattro consiglieri di “Modugno nel cuore”, con a capo Maurizio Panettella, gruppo che fino all’altro giorno manteneva in maggioranza l’amministrazione. Per ultimo i consiglieri, in ordine sparso, che continuano a restare, immobili al loro posto, nell’ex maggioranza.
Nel suo intervento durante il consiglio, il sindaco Magrone ha voluto comunicare, non solo ai presenti ma all’intera città, il suo prossimo ingresso in ospedale per risolvere un problema di natura ortopedica. A lui va il mio augurio di pronta guarigione.

Cosa ci ha ridotto così?


L’Italia ha fatto la storia ma gli italiani non la conoscono. Occupiamo la zona a più alto valore strategico d’Europa ma ne rimaniamo ai margini, scalzati ora anche dalla Turchia!. Abbiamo migliorato l’agricoltura del mondo antico e non sappiamo più raccoglierne i frutti; realizzato il più grande sistema viario che il mondo avesse mai visto e lo regaliamo a chi lo rovina. Non conosciamo la geografia e non sappiamo neanche cosa sia la geopolitica. Festeggiamo lo sbarco a Marsala del 1860 e non ci chiediamo perché fu “protetto” dalle navi inglesi; molti fischiettano l’Aida e non pensano al canale di Suez – all’epoca dell’avventura garibaldina già in fase di costruzione e ultimato nel 1869 su progetto di un ingegnere italiano. Canale che da allora la “perfida Albione” controlla per proteggere i propri traffici dall’oriente per l’Inghilterra e di arricchire le tante loro banche londinesi di “Lombard Street”, la strada dei “Lombardi”. Lombardi, così venivano chiamati i tanti banchieri italiani che già dal XII secolo, a Londra, come in tutte le maggiori città europee, gestivano banche e assicurazioni, insegnavano ai barbari come si “prestano” i denari. Italiani erano i primi artisti del conio delle monete; e italiani erano anche gli inventori del “signoraggio”, la percentuale di metallo prezioso trattenuta di diritto da chi “batteva” le monete. Abbiamo, noi italiani, prima ancora che ci fosse l’Italia, inventato la partita doppia e le assicurazioni su traffici marittimi; le banche e le cambiali; gli assegni e le note di credito; abbiamo insegnato al mondo intero come rendere fruttifero un prestito senza applicare l’interesse vietato dalla chiesa. Il Fiorino di Firenze, lo Zecchino veneziano o il Genovino, erano le uniche monete che riempivano d’oro i forzieri di tutta l’Europa che commerciava e pagava le tasse ai re. Sono stati i francescani italiani a inventare i Monti di Pietà, superando le resistenze ideologiche dei Domenicani stranieri. Era italiana la banca Ricciardi che nel 1294 fallisce a causa di regnanti “malpagatori” come Filippo il “bello”, il rapinatore e sterminatore dei Templari, ed Eduardo I di Inghilterra. Sovrani tanto indebitati da non poter restituire i capitali presi in prestito e utilizzati per le loro guerre che requisiscono i beni dei loro finanziatori italiani.
Qualcuno, per scherzo, ha calcolato che se oggi Elisabetta II dovesse restituire il maltolto (ovviamente con gli interessi) dovrebbe “vendersi” i due terzi della nazione inglese compresa l’Irlanda del nord. Erano i banchieri italiani che in quei secoli controllavano l’economia mondiale.
Eppure tutta questa maestria, dei banchieri prima e poi di tutti gli italiani degni di questo paese, nella finanza globale, non è bastata ad evitare che l’Italia sprofondasse nell’enorme indebitamento attuale.
La domanda che più di altre oggi ci poniamo è: cosa è successo all’Italia e agli italiani?
Le risposte date in questi anni sono tante. La più indigesta per la maggioranza al potere?
Questa: nel 1860, con lo sbarco garibaldino finanziato dai banchieri savoiardi e “protetto” dall’interesse albionico, s’è “fatta l’ITAGLIA” nazione da allora governata solo dagli ITAGLIANI peggiori.