Che brutta storia

A venti anni dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose il consiglio comunale della nostra città torna ad azzerarsi.

Sono finiti agli arresti domiciliari il sindaco Gatti e il suo predecessore Rana, i consiglieri comunali Pascazio e Liberio, gli ex consiglieri comunali Vasile e Caggiano, l’ex dirigente ora a riposo dell’ufficio tecnico Petraroli, il dirigente Capriulo con i geometri Alfonsi, Loiacono e Maiorano dello stesso ufficio tecnico comunale. Con loro è stato posto agli arresti domiciliari l’impiegato dell’ASI Stramaglia. Altre 15 persone sono finite a vario titolo nell’elenco degli indagati, mentre sono state archiviate le indagini a capo del consigliere comunale Graziano Diciaula e dell’ex city manager Serafino Bruno. Questa volta il consiglio comunale si è sciolto volontariamente, non era possibile continuare dopo l’arresto del sindaco e dei due consiglieri. Le accuse troppo gravi nei loro confronti non sono state ancora provate in un regolare processo e pertanto sono da ritenersi innocenti fino alla sentenza definitiva e questo vale sempre e per tutti ma l’aria che si respira a Modugno è pesante, avvelenata e continuare l’attività politica come se nulla fosse accaduto sarebbe stato un’ulteriore schiaffo in faccia ai modugnesi. Bene hanno fatto a dimettersi. Ora da più parti arrivano pesanti inviti alla spoliazione di ogni bene accumulato dagli indagati, come arrivano pure i primi ipocriti distinguo e prese di distanza. Una cosa però va chiarita: se è vero che intorno all’assessorato all’urbanistica si era creata una associazione a delinquere che obbligava gli imprenditori edili a pagare tangenti per ottenere permessi a costruire, come mai lo sappiamo solo adesso, come mai e perchè tutto questo è venuto alla luce solo in seguito ad una aggressione e rapina a mano armata ai danni di un imprenditore che da anni era costretto a versare tangenti per lavorare? Perchè solo ora si viene a sapere – e ci vorranno vari processi e sentenze per provarlo – che il consigliere dell’Api Liberio, il sindaco Gatti, l’ex sindaco Rana con Vasile e l’ex assessore Scarselletta facessero parte di questa presunta associazione a delinquere che sembra abbia costretto l’imprenditore Lello Lombardi a versare tangenti per oltre 500.000 euro? Solo ora si viene a conoscenza del fatto che i dirigenti e i funzionari dell’ufficio tecnico si presume chiedessero soldi per non intralciare l’iter burocratico delle concessioni edilizie? I vari processi che si susseguiranno nei prossimi anni dovranno accertare le responsabilità degli imputati ma il ritardo accumulato negli anni scorsi come sarà possibile recuperarlo non si sa. Quando, speriamo a breve, si potrà rinnovare la classe dirigente di questa città, i modugnesi sapranno certamente decidere per il meglio ma dovranno ricordare che in ogni caso il sindaco Gatti, come il suo predecessore Rana e tutti gli altri consiglieri agli arresti domiciliari, sono stati eletti con i voti di tutti, anche di quelli che non hanno votato e che pensano di non farlo nemmeno la prossima volta.

 

Il Sindaco Gatti ai domiciliari

Questa mattina, una dozzina di ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite su disposizione del Gip Ambrogio Marrone, su richiesta del pm titolare dell’inchiesta Francesco Bretone,

a carico del sindaco Domenico Gatti, del suo predeccessore nell’incarico Giuseppe Rana e altre persone coinvolte nella stessa inchiesta. Notizie giunte dagli organi di polizia e guardia di finanza indicano fra gli arrestati i nomi del neo pensionato dirigente dell’ufficio tecnico ing. Emilio Petraroli, l’ancora in servizio presso l’U.T. ing. Giuseppe Capriulo e altri tecnici dello stesso ufficio accomunati, secondo il PM Bretone in una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, contro il patrimonio e in materia edilizia.

Insieme a loro consiglieri comunali in carica come Saverio Pascazio del Pd e Vito Carlo Liberio dell’ApI oltre ad ex consiglieri come il dimissionario, già dallo scorso anno, Pinuccio Vasile. A questi si aggiunge il nome di Giuseppe Caggiano, anchegli ex consigliere comunale e il nominativo del dipendente del consorzio ASI Francesco Stramaglia, sconosciuto ai più ma che è stato inserito nell’inchiesta sull’indagine che sembra aver accertato irregolarità nella concessione edilizia per la costruzione di capannoni industriali.

Ai tanti personaggi agli arresti domiciliari si aggiunge il lungo elenco di persone raggiunte da avvisi di garanzia o indagate e fra le quali spuntano nomi eccellenti come quelli del consigliere comunale del Pd Graziano Di Ciaula, dell’ing. Livio Scarselletta assessore all’edilizia negl’ultimi anni novanta, del primo (e ultimo) city manager della storia modugnese, Serafino Bruno che in forza del suo passato nelle fila della sinistra storica modugnese seppe trasformarsi in candidato a sindaco del centro destra prima e successivamente accettò il ben remunerato incarico su “motu proprio” di Pino Rana; proprio il sindaco di centrosinistra che lo aveva sconfitto in campagna elettorale.

Il processo che sicuramente seguirà gli arresti di questa mattina metterà luce sulle tante storie che si raccontano per strada ma di cui non c’è stata mai certezza? Servirà a chiarire i motivi dell’immobilismo amministrativo che affligge da tanti anni la nostra città?

La vicenda Tributi Italia deve far riflettere

Pubblichiamo un intervento del Vice Sindaco del Comune di Modugno dott. Paolo Marra

In Italia, soprattutto negli enti locali, nessuno rende mai il conto del proprio operato, del proprio agire politico. La vicenda Tributi Italia consolida questo convincimento.

Non ci si riferisce ai conti con la giustizia (quelli, prima o poi, si è chiamati a regolarli), ma al rendiconto delle scelte politiche adottate negli anni che, in particolare gli amministratori degli enti locali, dovrebbero presentare ai cittadini, magari a fine mandato, ossia dopo un congruo periodo di tempo. Ed invece nessuno viene mai chiamato ad illustrare le conseguenze delle proprie scelte che il più delle volte sono adottate collettivamente dagli organi istituzionali e quindi sono scelte politiche.
Da diversi anni, ormai, si sostiene, con ferma determinazione, che la soluzione all’inefficienza della pubblica amministrazione sta nella privatizzazione dei servizi pubblici locali. L’espressione “esternalizzazione dei servizi pubblici”, infatti, è stata coniata proprio per rappresentare queste scelte amministrative.

L’ufficio tributi del comune non funziona? Che problema c’è? Basta affidare la gestione dei tributi all’esterno, ad imprese private.
E così moltissimi comuni hanno affidato la gestione non solo dei tributi, ma di molti altri servizi, a società esterne oppure a società costituite dal comune medesimo, magari coinvolgendo nella società, in misura minoritaria o maggioritaria, imprenditori privati, i c.d. soci operativi.
Le aziende municipali sono pressoché scomparse.
Quasi tutti i comuni hanno preferito esternalizzare il servizio spazzamento, raccolta e smaltimento dei rifiuti, il servizio distribuzione del gas metano, il servizio trasporto pubblico locale, il servizio manutenzione strade, il servizio mensa scolastica e molti altri ancora.

Si badi bene: per il solo fatto di aver esternalizzato un servizio, i relativi costi per il Comune certamente si aggravano a) per effetto dell’IVA, che normalmente ammonta al 21% in più (non proprio un’inezia) poiché la società affidataria del servizio deve obbligatoriamente assoggettare ad IVA il corrispettivo della prestazione fornita e l’IVA, si sa, resta a carico di chi riceve la prestazione; b) per le spese di gestione della società, che ovviamente non possono non concorrere alla quantificazione del corrispettivo; c) per le spese relative alla gara d’appalto che, nel tentativo – non sempre coronato da successo – di scegliere in modo imparziale e trasparente il miglior partner al minor costo, comportano procedure complesse e spese niente affatto trascurabili.
Almeno sotto questo profilo, v’è un consistente aumento dei costi, non una diminuzione.
Quanto al miglior rapporto costi – benefici della gestione del servizio affidata al privato rispetto a quella affidata al pubblico, in verità,  le esperienze, non solo quella davvero clamorosa di Tributi Italia, insegnano che per lo meno è tutto da dimostrare.

Eppure si continua a sostenere con insistenza e convinzione che per rendere alla cittadinanza servizi pubblici migliori a minor costo occorre rivolgersi al privato poiché il pubblico è quasi sempre fonte di inefficienze e ruberie di ogni genere.
Coloro i quali hanno deciso l’affidamento del servizio riscossione tributi a Tributi Italia dovrebbero, quanto meno, spiegare in che senso è migliorato il servizio per i loro amministrati. Per Tributi Italia sicuramente, ma per il Comune?
Sia chiaro: il caso Tributi Italia è solo quello più eclatante. Moltissimi comuni, e relativi cittadini, non sono affatto contenti dei servizi pubblici locali loro forniti per il tramite di imprese affidatarie e molto spesso i costi sopportati dall’ente, o peggio direttamente dagli stessi cittadini, non sono affatto più vantaggiosi rispetto ad una gestione municipale.
La privatizzazione dei servizi pubblici locali per molti è ancora la panacea di tutti i mali della pubblica amministrazione, ma sono pochissimi i casi in cui si è confrontata la qualità del servizio, e relativo costo, prodotto precedentemente in economia dal Comune con quella del servizio successivamente esternalizzato e quando ciò è avvenuto, con metodo serio e rigoroso, non sono mancati casi in cui si è preferito reinternalizzare il servizio.

 

Le mani sulla città?

L’estensore del comunicato stampa di Italia Giusta secondo la Costituzione pubblicato su queste pagine, relativo alle dimissioni dell’assessore Viola,

 

ha voluto porre in evidenza, fra le altre, come “la nuova amministrazione continua a caratterizzarsi con il nulla di fatto e realizzato nelle questioni rilevanti come la gestione dei rifiuti, eppure produttiva in progettazioni ben retribuite agli esperti di turno. Tuttavia l’edilizia nel paese continua a godere di attenzione e concertazione di intenti massima. Per i nostri amministratori l’urbanistica e le questioni annesse, sono circoscritte all’affanno di innalzare palazzine. Così i lavori della giunta hanno prontamente definito il piano di lottizzazione del comparto A6, che regalerà ai modugnesi ancora meno suolo agricolo e ancora più cemento.”

Nell’intento di cooperare alla ricerca “di quale realtà stiamo parlando” ed ottenere finalmente “trasparenza di atti e parole oneste” da “chi prende decisioni per il paese”  abbiamo posto alcune domande a Peppino Scognamillo, presidente della cooperativa “Guido Rossa”  proprietaria di oltre l’80% di quel comparto A6 al quale si riferisce Italia Giusta secondo la Costituzione.

BSOPresidente Scognamillo, qualche tempo fa Bari Sud Ovest ha pubblicato il ricorso presentato dalla cooperativa “G. Rossa” con il quale si chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia di intervenire presso l’amministrazione comunale di Modugno per il riconoscimento del diritto ad edificare che la cooperativa asseriva le venisse negato senza ragione da più di quattro anni. Nel ricorso erano elencati gli impedimenti normativi che ad opinione dei legali della cooperativa venivano erroneamente posti dall’amministrazione comunale alla realizzazione di quelle che lei con piacere definisce “residenze per lavoratori”; ci vuol dire come sia stato possibile per il segretario nazionale di un sindacato di “lavoratori” come il SIULS riuscire a sbloccare l’approvazione del “piano di lottizzazione del comparto A6, che regalerà ai modugnesi “ancora meno suolo agricolo e ancora più cemento”?
Scognamillo – Per quanto riguarda l’area sulla quale saranno realizzati quelli che come lei dice sono contento di chiamare “residenze per lavoratori” deve sapere che è dal 1995, con l’approvazione regionale del piano regolatore di Modugno che quell’area non è più terreno agricolo ma area destinata alla edificazione di alloggi e strutture commerciali.

BSO – quindi è dopo 17 anni dall’approvazione del P.R.G. e dopo circa 5 anni dalla presentazione della lottizzazione che la “Guido Rossa” potrà iniziare la realizzazione degli alloggi per i soci della cooperativa; a quali e quante porte ha dovuto bussare, magari con i piedi, per essere il primo ad ottenere l’approvazione alla lottizzazione?
Scognamillo – necessità di “bussare” alle porte non ce ne sono state, né tantomeno di bussare con i piedi, per continuare ad usare il suo eufemismo, anche se a volte i piedi avrei voluto usarli per stampare qualche pedata nel fondoschiena di qualcuno che per incompetenza ne ha ritardato l’iter procedurale; riuscire a sbloccare il primo comparto edilizio in assoluto dell’intero piano regolatore però lenisce i cattivi ricordi e mi rende orgoglioso – come dovrebbero essere orgogliosi tutti coloro che operano nel sociale – di aver contribuito con il mio lavoro alla realizzazione dei sogni di tanti lavoratori.
 

BSO – quindi almeno lei non ha posto le mani sulla città come adombrato da qualcuno?
Scognamillo – lasci stare i “pazzi malinconici”, siamo persone serie; vede Modugno da troppi anni è attraversata molto spesso da quello che una volta lei ha ricordato in un suo articolo, Gioacchino Rossini nel Barbiere di Siviglia chiama il “venticello della calunnia” e quello che fa disperare i modugnesi ancora di più è che nessuno fa nulla per ostacolare la circolazione delle calunnie e delle maldicenze. Con le chiacchiere non si è mai costruito nulla.

BSO – e per non dire chiacchiere … lo scriviamo?
Scognamillo – ma sì.

IMU: caos legislativo

L’assessore comunale alle finanze Paolo Marra ci ha inviato le sue considerazioni relative alla Imposta MUnicipale.

L’assessore Paolo Marra

Il fortissimo inasprimento della tassazione sugli immobili previsto per il corrente anno è già difficile da accettare.
La reintroduzione dell’imposta sull’immobile adibito a propria abitazione, la cui legittimità costituzionale peraltro appare assai dubbia, lo è ancor di più.
In fondo però, il cittadino, reso finalmente edotto dello stato in cui versano le pubbliche finanze e della necessità di una diffusa contribuzione alla soluzione del problema, se ne sta facendo una ragione, pur lamentando – sia ben chiaro – la palese iniquità del tributo, ossia l’esatto contrario di ciò che si andava proclamando, che finisce come al solito per colpire non i più facoltosi, ma semplicemente i più facilmente esposti all’imposizione.

Ciò che, invece, appare del tutto inaccettabile è il caos legislativo che, lungi dal precisare le modalità di applicazione della nuova imposta, sta suscitando gravissime incertezze innanzitutto nei contribuenti, sicuramente meritevoli di maggior rispetto, ma anche negli enti impositori chiamati a gestire il tributo – si badi bene – anche per conto dello Stato a cui è destinato una buona parte del relativo gettito.
Paradossalmente, man mano che si avvicina la data in cui si dovrà procedere al relativo versamento (18 giugno) le perplessità, anziché diminuire, aumentano perché non passa giorno senza che qualche ministro o qualche parlamentare non proponga, più o meno ufficialmente, una sua personalissima ipotesi di correzione.
Francamente non se ne può più.

Ora, nel tentativo di assicurare un minimo di certezze almeno nell’immediato, è previsto il versamento dell’acconto IMU determinato sulle aliquote di base dell’imposta stabilite dal Governo centrale con il Decreto – Legge n. 201 del 2011 e cioè 0,4% per l’abitazione principale e 0,76% per gli altri beni immobili.
Poi, entro il 30 settembre, si stabiliranno le aliquote definitive e, nel mese di dicembre, si verserà il saldo. Sino ad allora non v’è certezza sull’effettivo esborso che dovranno sopportare i cittadini e, di conseguenza, non v’è certezza nemmeno sulle entrate che affluiranno nelle casse dei comuni.
Sempre che, nel frattempo, non spunti qualche altra ipotesi di correzione, peraltro assai probabile a voler dar ascolto ai vari esponenti politici nazionali, improvvisamente divenuti paladini dell’equità.
Costoro, fra l’altro, nel tentativo di attribuirsi il merito di aver escogitato una qualsiasi agevolazione a favore di questa o di quella categoria di contribuenti, quasi sempre teorica, spesso dimenticano le più elementari esigenze finanziarie dei comuni, che di quelle risorse hanno necessità per poter programmare la propria attività e, di conseguenza, per garantire servizi adeguati alla comunità.
E questo sarebbe il federalismo fiscale? Gli addetti ai lavori cominciano a parlare di federalismo demenziale.
Paolo Marra
Assessore alle finanze
Comune di Modugno