Richieste di aiuto trascurate

Come i tanti segnali che precedono una tempesta vengono trascurati prima e successivamente riconosciuti

come premonitori dai tanti che poi magari discettano su tali fenomeni accusando i metereologi di non averli avvertiti in tempo, così vengono trascurati i tanti segnali di sofferenza e richieste di aiuto che giungono da tutte le direzioni e annunciano l’arrivo di sconvolgimenti epocali nella società italiana. La decapitata Maria Antonietta, con innocente ignoranza dei disagi patiti dai parigini per la mancanza di pane, li invitava a nutrirsi di brioches – “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche” – enunciava con candore mentre era circondata da lacchè e mantenuti. Allo stesso modo dei ghigliottinati sovrani francesi i nostri governanti, pinguemente retribuiti dalle casse statali, non prestano attenzione ai sempre più numerosi episodi di malessere che ormai giornalmente arrivano sulle pagine dei giornali. Il fioraio che avvolto dalle fiamme precipita dal balcone dell’ufficio del sindaco, il disoccupato che si lancia dalla finestra dell’appartamento da cui è stato sfrattato insieme al fratello disabile e all’anziana madre o ancora l’auto adibita ad abitazione di fortuna sequestrata perché non ha l’assicurazione in regola sono alcuni dei segnali più eclatanti del livello di disperazione di una parte sempre più grande degli italiani.
Non succede solo da qualche altra parte, succede anche da noi, qui a Modugno: tempo fa sulle scale di quella balconata in piazza Sedile, protagonista passiva dei tanti comizi elettorali di questi giorni, un uomo disperato si dette fuoco; nelle ultime ore un uomo di 43 anni ha minacciato di ritorsioni un impiegato comunale per ottenere un sussidio in denaro ed è stato arrestato dai carabinieri di Modugno ed ora è obbligato a non muoversi da casa. Parafrasando il “che fare” leniniano riferito alla formazione di un partito rivoluzionario nel quale la coscienza politica può essere portata solo “dall’esterno”, si potrebbe incitare alla “rivoluzione” gli italiani di oggi esortandoli ad organizzarsi per portare aiuto a chi è in difficoltà, realizzando il ben più antico insegnamento cristiano dell’“ama il prossimo tuo come te stesso”, l’invito alla fratellanza fra gli uomini che nasce “dall’interno” di ognuno di noi.
Mettiamo a disposizione dei nostri fratelli quello che abbiamo in eccesso e che spesso buttiamo via: “noi stessi”.

Ha vinto Magrone, viva Magrone.

Non più di un modugnese su quattro ha votato per l’ex magistrato ma ancora meno hanno avuto fiducia nel cinquantunenne avvocato/giornalista Fragassi.

Sommando i voti dei due candidati andati al ballottaggio a Modugno non si raggiunge il 50% degli aventi diritto al voto. La speranza degli elettori in un radicale rinnovo dei rappresentanti eletti in consiglio comunale si era grossomodo divisa equamente fra i due contendenti nel primo turno, ma quello che ha determinato l’esito finale è stato il diverso livello di fiducia che hanno raccolto i candidati sindaco allorquando sono stati resi noti i nominativi dei consiglieri comunali che avrebbero costituito i raggruppamenti di maggioranza e opposizione. Molti i nomi familiari con Saverio Fragassi che l’immaginario collettivo associa alle vecchie amministrazioni Rana/Gatti; degli assoluti sconosciuti invece la maggioranza dei consiglieri eletti nelle liste di Nicola Magrone. La storica idiosincrasia al recarsi alla urne degli elettori di centro destra, manifestatasi massicciamente ancora una volta, ha dato poi il colpo finale alle speranze di vedere Saverio Fragassi sindaco. Con il senno di poi (di cui sono piene .. ecc.) molti indicano nella scelta del candidato il motivo della sconfitta che, è necessario dirlo, è invece di tutto il centro destra. L’assenza della minima elaborazione politica realizzata con incontri, dibattiti, manifestazioni, confronti fra elettori di centro destra; l’inesistenza di luoghi di aggregazione – l’eccezione della sede Udc non può certamente sopperire a tale mancanza – ha reso negli anni impossibile il rinnovo dei rappresentanti della classe politica di centrodestra. La mancanza poi di “coraggio” ad affrontare in pubblico gli avversari è diventata un’arma concessa con troppa faciloneria a chi ne ha saputo trarre vantaggio. Inoltre dai fini conoscitori delle potenzialità strategiche date dai media in campo propagandistico- elettorale che supportavano il candidato di centro destra, ci si aspettava sfracelli nel campo della informazione mirata all’ottenimento di quel consenso politico che si tramuta in voto. Infine la grande differenza data dall’ubicazione dei comitati elettorali: in piazza Sedile quello di Magrone, in due punti alquanto periferici, anche se raggiungibili comodamente in auto, quelli di Fragassi, ha reso ancora di più evidente la diversa impostazione che i due maggiori contendenti hanno dato alla loro campagna elettorale. Il continuo rapporto “de visu” con gli elettori in piazza Sedile ha contribuito alla diffusione del “pensiero” magroniano fra gli elettori dando all’ex magistrato la possibilità di affidare al passaparola fra i modugnesi il proprio messaggio programmatico, cosa che invece non è riuscita al giovane avvocato, apparso distante se non addirittura assente agli occhi di quel popolo che ha dichiarato in varie occasioni di amare tanto. Ora il neo sindaco nel suo primo discorso da eletto ha offerto il ramoscello d’ulivo ai suoi avversari auspicando in questo modo una opposizione costruttiva in aula consigliare. Ora dopo quasi due anni abbiamo il sindaco e per questo obiettivo hanno lavorato i due contendenti. Ha vinto Magrone. Viva Magrone

 

Modugno: striscia da nord il cavallo d’acciaio

“Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”. Mentre a Modugno ci si consulta, ecco avanzare il cavallo d’acciaio. Ero ad ascoltare un comizio elettorale, l’altra sera. Fosse l’acustica della piazza, fosse la pronuncia dell’oratore, non si capiva nulla di quanto diceva. In compenso una logopedista (chiedo venia se sbaglio, ma credo che tale fosse) traduceva per i sordomuti, a gesti, ciò che sul palco veniva detto a parole. Peccato che io non comprenda il linguaggio dei segni, l’alfabeto muto. Ero intento a seguire il comizio quando vicino a me qualcuno pronunciò: «Qui stiamo a parlare, e la ferrovia è arrivata dietro la Pignone. Hanno già tagliato gli alberi lungo il percorso. …»

 

Quando, cosa, dove, chi? Mentre noi siamo impegnati nella difesa di Lama Musciano, mentre un candidato sindaco minaccia il pignoramento dei macchinari nella Zona Industriale, ecco da Nord strisciare avanti la Ferrovia sorniona per prenderci alle spalle, tagliarci fuori dal Bosco e da Balsignano. Sì, perché il nuovo progetto di variante per l’alta velocità, abbandonando le vecchie rotaie della Ferrovia dello Stato all’altezza della stazione di Sant’Andrea, tira dritto dietro la Pignone Sud e la Zona Artigianale, attraversa l’autostrada, la via di Carbonara e contrada Le Tacche, passa alle spalle dell’ex Oleificio Sociale e si ricongiunge ai vecchi binari all’altezza del boschetto oltre la cava della Cementeria. Scrivo queste righe a caldo e non ho davanti a me le mappe, ma è chiaro che questa seconda linea ferroviaria, non eliminando l’altra della Calabro-Lucane, chiude la città in una losanga di binari, raddoppia i fastidi ed i problemi che già abbiamo dal lato della via di Palese, strozza Modugno tra Scilla e Cariddi, tra lo scartamento ridotto e l’alta velocità. Dove sono finite le lunghe discussioni sull’opportunità dell’interramento della linea ferroviaria, dove i Consigli Comunali monotematici, le relazioni del dottor Perrone ingegnere ferroviario? A che pro i nostri passati amministratori hanno fatto la spola tra Modugno e i Mi(ni)steri di Roma? “Sono passati come il vento sull’erba, come la pioggia sui prati”. Una classe politica arrestata, inquisita, avvilita, tace. Sparita.

Già nel 2006 il consigliere provinciale Augusto Bellino aveva presentata all’Assemblea consiliare di Bari un’interrogazione sull’opportunità di realizzare il raddoppio della linea ferroviaria Bari-Taranto per la tratta che interessa il collegamento di Bari S. Andrea a Bitetto.

“Si tratta – affermava nel suo intervento l’avv. Bellino – di interventi che non rispondono al progetto originario, predisposto dalla Ba.Ta. Spa ed approvato nell’89 dal consiglio comunale di Modugno, bensì di un nuovo e assai più costoso (oltre 500 milioni di euro) progetto che danneggia irreversibilmente l’unico sbocco per lo sviluppo urbanistico del Paese”.

L’Amministrazione di Modugno, infatti, facendo proprie le osservazioni espresse dai cittadini e, soprattutto, dall’ufficio tecnico dello stesso Comune, riteneva che il nuovo progetto, così come approvato dal Cipe nel marzo 2006, attraversava una zona interessata da un vasto insediamento di reperti archeologici e chiudeva alla città l’unica parte dove fosse possibile prevedere l’espansione territoriale. Il consigliere Bellino, pertanto, indirizzava una lettera al Presidente del Consiglio Romano Prodi ed ai Ministri competenti per sollecitarli affinché fosse evitato lo sperpero di danaro pubblico in un momento così delicato della finanza nazionale, laddove una minima parte della somma stanziata per tale inutile ed antieconomica opera infrastrutturale avrebbe potuto essere utilizzata per l’interramento dei binari nella sede attuale del percorso ferroviario, senza creare danni alla città e all’ambiente, mentre i 400 milioni di euro risparmiati avrebbero potuto essere destinati alla ricerca scientifica, al welfare, alle spese dell’amministrazione giudiziaria ed a sostenere il capitolo per la formazione giovanile.

Certamente il Presidente del Consiglio ed i Ministri avrebbero tenuto conto di tale sollecitazione anche perché la congruità, l’efficienza ed il rigore nella spesa, sono le prerogative alla base di una buona amministrazione, ma ecco che a distanza di anni, i nodi (ferroviari) vengono al pettine.

Chi sa, venga ora a spiegarci dall’arengo in nome di quale obbrobrioso diritto si debba sezionare ancora il nostro territorio amputando, escindendo membra vive come il Santuario della Madonna della Grotta, il Bosco ed il Casale fortificato di Balsignano, e mettendosi di traverso ci voglia tagliare la strada verso un ultimo rifugio, oasi naturalistica, monumento storico, richiamo turistico. Siamo qui a pettinare le bambole mentre dal nord striscia il cavallo d’acciaio e qualcuno, col linguaggio dei segni, cerca di trasmetterci ineffabili ragionamenti.

Tutti Uniti per Modugno

foto di G. Martino

foto di G. Martino

foto di G.Martino

foto di G. Martino

foto di G. martino

foto di G.Martino

foto di G. Martino

foto di G. Martino

Un’altra occasione per dimostrare di aver capito la ragione del voto di protesta dei modugnesi è stata sprecata.

Ma forse è proprio perché non tutti l’hanno capito. Continuano a parlare di problemi senza proporre soluzioni; addossano tutte le colpe della crisi ai partiti e ne parlano come se fossero delle entità autonome, sovrastrutture aliene dotate di proprie volontà indipendenti alle quali rivolgere l’invito a rinnovarsi per non aggravare la crisi di credibilità della politica; il sempreverde leitmotiv de: “la responsabilità è della società”. No cari signori, i “partiti” sono costituiti da persone che la pensano nella stessa maniera; se in un partito qualcuno ritiene sia più importante la libertà di rubare si sentirà attratto dai ladri e si comporterà da ladro ma non per questo sarà ladro il partito; ci sono sempre stati e continueranno ad esserci però persone che i ladri non li frequentano e che cercano di non farli entrare nei partiti. Non sono certamente i partiti o le istituzioni a delinquere ma le persone, gli individui e se tanti politici vengono sorpresi con il “sorcio in bocca” non è certamente colpa della “società” e meno ancora del sorcio.

L’altra sera sono venuti addirittura dal capoluogo a impartirci lezioni di moralità: ci vengono a dire che per ovviare alle deficienze della classe politica modugnese dovremmo metterci al computer per consultare internet e attenerci a quello che degli sconosciuti “scrivono”. Sconosciuti che “assicurano” di avere fra gli altri meriti quello di non aver mai fatto politica; come tutti i neo-parlamentari grillini che per non sporcarsi le mani con la politica faranno annegare il bambino nell’acqua sporca. Ci invitano insomma a fare come il governatore della regione Sicilia che ha affidato un assessorato al famosissimo scienziato Zichichi ed un altro all’altrettanto famoso musicista di fama mondiale Battiato; il primo però si faceva recapitare dal messo comunale in macchina, fino in Svizzera, le determine di giunta da firmare e l’altro, parlando delle donne impegnate nella politica – che lui non ha mai frequentato – ha detto, testualmente: “queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile”, secondo lui sarebbe meglio che “aprissero un casino”; non hanno mai fatto politica ma i privilegi della carica li accettano.

No signori, servono proposte; l’unico messaggio che invece è stato lanciato agli elettori intervenuti è che “il probblema” (testuale: con due b) sono le istituzioni, i partiti, i politici, i dirigenti, il sindaco e i dipendenti comunali che sembra certo che con un corso professionale di aggiornamento saranno in grado di rinunciare a chiedere “a me che ci sta?”. Gli elettori che hanno riempito la sala conoscono i “probblemi” e si aspettavano perlomeno delle proposte. In sala una donna, timidamente, ha rivolto al vicino una domanda: “ma se i politici sono tutti dei ladri vuol dire che lo sono anche quelli che vogliono candidarsi?” No signora cara, i candidati non sono dei ladri, siamo noi elettori che tra tanti politici onesti eleggiamo anche chi, in seguito, diventa un ladro; perché come diceva qualcuno “al buio tutti i gatti sono scuri” e se non vogliamo ritrovarci ancora con qualcuno che viene scoperto con il sorcio in bocca dobbiamo, non solo fare luce ma aprire anche gli occhi quando li votiamo.

La risposta ha rincuorato la signora che facendosi coraggio continuava esponendo un dubbio “ma perché se sono tutti d’accordo sui problemi continuano a dividersi sulle soluzioni?” e già signora mia, è la risposta a questa domanda quello che tutti si aspettavano l’altra sera: si mettano tutti in competizione, eleggiamo sindaco e consiglieri e poi, in aula consiliare, approvino o respingano a maggioranza i provvedimenti proposti; si vada oltre la divisione che si creerà dopo le elezioni fra vincitori e vinti e votino tenendo conto solo della validità dei provvedimenti e non perché si è vinto o perso le elezioni. Del resto tutti si candidano per il bene di tutti e nulla vieta che dopo il 27 maggio si vada TUTTI UNITI PER MODUGNO

Non solo liberi e uguali

Dopo il commissariamento (per le mai dimostrate infiltrazioni mafiose) del ’93,

la classe politica locale, nelle elezioni comunali del 1995 venne totalmente sostituita. Tutti gli eletti in quella tornata elettorale possedevano gli stessi requisiti che l’elettorato di oggi richiede dopo un secondo commissariamento (le cui motivazioni devono ancora essere dimostrate in tribunale). Il successo elettorale del Movimento 5 Stelle mette in evidenza l’interesse che gli elettori hanno di riappropriarsi della politica, proprio come nel ’95 ci sarà un rinnovo totale degli eletti, sarà eletto chi non ha mai fatto “politica”, chi non ha mai frequentato circoli o sezioni, chi non ha mai espresso in pubblico le proprie opinioni e di sicuro anche molti che di opinioni non ne hanno proprio; e tutti questi neofiti della politica avranno la possibilità di decidere sulla gestione della cosa pubblica. Proprio come nel 1995. Sarà difficile però evitare di commettere lo stesso errore di allora. Molti degli indagati di oggi sono stati eletti negli anni scorsi perché erano “facce o nomi nuovi” della politica. Ottime persone prima, quando erano facce nuove, e malviventi dopo, quando sono diventati politici esperti? Difficile da credere. Più facile pensare che sia l’elettore a premiare con il voto il candidato che dimostra di avere le capacità necessarie a soddisfare le richieste più o meno (spesso molto meno) legittime degli elettori. Non si è mai visto un candidato a qualche carica amministrativa promettere, in campagna elettorale, che non farà mai alcun favore, che promette di non dire mai “dì a me” prima di dire “me la vedo io” e concludere con “a me che ci sta?”. È difficile che nel segreto della cabina elettorale non si pensi di dare il proprio voto a qualcuno che almeno si conosce, che può fare un favore, che può dare un posto di lavoro al parente disoccupato. Ciò che serve a Modugno, come dappertutto, non sono i politici nuovi ma una politica nuova; una politica che non si occupi più di appalti e concessioni edilizie ma che determini e diriga la comunità a considerarsi davvero come indicato con le prime due parole ascoltate in piazza San Pietro dopo l’Habemus Papam, “Fratelli e Sorelle”.