Grazie Mattarella

Forza Cottarelli

Grazie Presidente dagli “altri“italiani, quelli che il salvimaio ha dimenticato di inserire nel programma politico del finto cambiamento;
Forza, ex commissario alla spending review Cottarelli, spiega a “tutti” gli italiani che non si possono pagare i debiti indebitandosi ancora di più.
Tutti a discettare di Costituzione, di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica, uno squallido sciacallo addirittura lo invita a ricordarsi dell’assassinio del fratello Piersanti.
Salvini e Di Maio a gridare al colpo di stato; il leghista amico dei romani, già pronto a lavorare per gli italiani della padania senza curarsi della parte maggioritaria del paese, insieme al neoassunto della piattaforma Rousseau. In cosa erano indaffarati i tanti scienziati della costituzione quando il duo meraviglia ha terminato la stesura del loro programma meravigliao? In quel programma non c’è nessuna proposta per incrementare il lavoro al sud se non quella di un reddito da consumare per acquistare prodotti del nord; nessun accenno alla lotta contro la povertà ma una nuova procedura da seguire per costringere i disoccupati ad umiliarsi facendo la fila per ritirare l’elemosina. Hanno ingannato gli elettori con la promessa di abbassare le tasse facendo risparmiare qualche euro a chi ne prende pochi, mentre ne fa risparmiare molti di più a chi non ne ha bisogno. Illudono assicurando che lotteranno contro le banche mentre saranno proprio le banche a beneficiare dei maggiori risparmi derivanti dalle tasse più basse che chi non ha bisogno potrebbe pagare; tasse più basse e spesa statale più alta. Indovinate dove sarebbero andati a prendere i capitali necessari per pagare le pensioni, l’indennità di disoccupazione, gli ospedali, i treni, le forze dell’ordine, gli impiegati dello stato; insomma i quasi 900 miliardi che lo stato spende, ogni anno. Compresi gli oltre sessanta miliardi per gli interessi sul debito pubblico.
I salvimaio progettavano di aumentare di altri 100 miliardi la spesa, non chiarendo cosa/come fare e si lamentano che Mattarella non ha voluto che loro governassero.
Ma volevano davvero governare? Se proprio lo volevano sarebbe bastato, come già avvenuto in altre occasioni, cambiare il prescelto con un altro e avrebbero chiuso tutte le trattative. Oppure, resisi conto che non avrebbero potuto mantenere le promesse fatte in campagna elettorale hanno pattuito fra loro di presentare un candidato al ministero dell’economia che sapevano (se addirittura non lo avevano già concordato) che non sarebbe stato accettato e quindi poter far saltare tutto per potersi ancora una volta proporre come salvatori della patria, sicuri che i 17 milioni di scienziati della costituzione che li hanno votati potrebbero pure aumentare.

Pericolo "Delle Foglie"

è così perché lo dice lui?

È stato convocato per le 17,30 di oggi, 11 maggio, il consiglio comunale per l’approvazione del bilancio consuntivo dell’anno 2017. L’ordine del giorno prevede al 1° punto le “comunicazioni del sindaco”. Molto probabilmente saranno riservate alla nuova azione preventiva contro l’azienda “che uccide i bambini” situata sulla strada per Bitonto. Sono decenni che il nostro amministratore capo si è schierato contro la Tersan Puglia. All’epoca del suo biennio da onorevole deputato si adoperò molto per “convincere”, Silvestro Delle Foglie, a cedere i suoli su cui sorge la Tersan ai proprietari dei terreni retrostanti. Terreni retrostanti oggi di proprietà di Delle Foglie. Qualcosa di quel fallito tentativo di mediazione deve aver causato la ossessiva “strategia del terrore” riservata al suo ex compagno di infanzia. È noto, infatti, che i due sono figli di due dipendenti che operavano nella stessa stazione delle FAL.

Diversamente dal “caso” Newo, che ha visto l’amministrazione informare tardivamente i cittadini modugnesi sul pericolo per la salute rappresentato da quell’insediamento, (voglio ricordare ai meno attenti che il progetto della NEWO era noto all’amministrazione fin dall’inizio del 2016 e che i modugnesi ne hanno avuta notizia solo il 31 ottobre del 2017 – quasi due anni dopo – e solo in seguito al rilascio definitivo del nulla osta regionale alla realizzazione dell’insediamento) oggi, invece, si sollecita l’opinione pubblica modugnese a schierarsi contro un progetto di “chiusura del ciclo dei rifiuti” riguardo al quale i cittadini di Andria, con un referendum e il  presidente di Legambiente della città, Francesco Tarantinj, hanno dichiarato – vedi il recente articolo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno – che il ricavare biogas e biometano dalla parte “umida” dei rifiuti sia un’<<ottimo esempio  di economia circolare che ancora stenta ad affermarsi in Puglia, dove si è ancora all’economia lineare con le discariche che hanno un peso determinante nello smaltimento dei rifiuti. Invece occorre spingere su bioenergie e raccolta differenziata>>.

Un modo diverso di affrontare i problemi quello utilizzato nella città di Andria, dove l’amministrazione prima “ascolta” i cittadini e dopo agisce. A Modugno, invece, sono convinti di avere uniformato l’opinione pubblica, a cominciare dai consiglieri comunali di maggioranza, al loro pensiero, senza alcuno spazio alla critica e alle opinioni diverse dalla loro.

Quando chiesero “cos’è l’Illuminismo?” al filosofo prussiano Immanuel Kant, lui rispose così: <<L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso.
Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro.
Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da un difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro.
Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.>>

Immanuel Kant, l’ultimo degli Illuministi nel “Siècle des lumières”, ha dato tanto alla “Critica” del pensiero comune; difficile oggi, nella oscura, (anche materialmente, vedi C.so V. Emanuele) città di Modugno, scorgere qualche luce alla fine del tunnel del pensiero unico che questa amministrazione impone.

Renzi c’è, non è andato via

Matteo Renzi c’è e guida il P.d.R.

Il Partito di Renzi, il partito che ha definitivamente sostituito il Pd. Renzi ha concluso la ultra decennale fagocitazione del partito comunista da parte della democrazia cristiana. Strategia ideata e messa in atto da Moro, proseguita da Prodi con l’Operazione Ulivo, poi ribadita con “l’amalgama mal riuscito” (D’Alema dixit) fra la rutelliana Margherita e i fassiniani democratici di sinistra e ormai completata. C’è solo il Pdr.
Chi dava per finito l’ex premier Renzi sarà rimasto di sasso nell’ascoltare quanto ha dichiarato in TV da Fabio Fazio.
Renzi c’è, non è mai andato via. Dopo il 4 marzo si è dimesso da segretario, ma ormai si era assicurato maggioranze assolute nella direzione e nell’assemblea del partito, ha messo fuori i suoi avversari e concluso, con le ultime elezioni, la sua staliniana conquista del partito garantendo l’elezione ai suoi fedelissimi. Chi, come i pentastellati, pensava ad un governo M5S/Pd non si è accorto del tranello che Mattarella, fortemente voluto da Renzi a capo dello stato, ha posto a Di Maio sulla strada che porta a Palazzo Chigi. Il segnale di pericolo mostrato al “giggino stellato” dalle elezioni in Molise, avrebbe dovuto renderlo sospettoso verso l’incarico affidato al presidente Fico della camera proprio nella imminenza delle consultazioni in Friuli. Elezioni che hanno visto il crollo del M5Stelle, dal 24% dei primi di marzo all’8% di fine aprile. Risultato che ora suona come un campanello d’allarme per Di Maio, che si accorge solo ora che la sua insipienza politica non è affatto utile alla base pentastellata. I grillini avrebbero preferito molto di più che lui si accordasse con la Lega e non che si aprisse un tavolo di trattative con il Pd, ed ora sono ancora più insoddisfatti visto che Renzi ha spento il suo “forno” e che l’unico rimasto aperto è quello gestito dalla nota ditta Salvini/Berlusconi.
Renzi c’è e continua a vincere perché non ha avversari e sa che senza di lui non c’è possibilità di governo ed è per questo che è ormai ad un passo dall’ufficializzare la costituzione del suo partito personale. Ha i numeri per farlo e lo ha dichiarato da Fazio quando ha detto che: “su 52 senatori del Pd non ne conosco uno disposto a votare la fiducia a Di Maio”.
Renzi c’è, Di Maio se ne è accorto e ora chiede a Salvini di accompagnarlo al Quirinale, da Mattarella, per ritornare a votare a giugno, non rendendosi conto che questa è l’opzione che più conviene a Salvini in quanto tutti i sondaggi dicono che, anche con il Rosatellum, il centrodestra otterrebbe la maggioranza nelle prossime elezioni. Inoltre questa soluzione non è molto gradita a Mattarella, perché la vittoria alle prossime elezioni di un centrodestra guidato dalla lega non sarebbe molto gradita dal sistema istituzionale, economico e dei media nazionali. Gli interessi delle pmi del nordest italiano, difesi da Salvini, non coincidono con quelli ai quali guarda l’establishment internazionale. Questo Salvini lo ha capito e per non farsi bruciare, mentre l’inconcludente Di Maio deambula indeciso fra un forno e l’atro, evita, in questi giorni di crisi nel Medioriente, di farsi chiamare al Quirinale e spara dichiarazioni sulla crisi siriana a favore della Russia e dei suoi alleati mediorientali.
Renzi c’è e ha bloccato il Pd per farlo diventare PdR. D’altronde non ci sono più i partiti di una volta e neanche i politici di una volta e Renzi, per questo, ha potuto fare quello che ha voluto fare. Non diventerà mai simpatico ma quello che ha dichiarato in tv: “chi ha vinto governi, chi ha perso faccia l’opposizione” è una cosa alquanto sensata su cui si può anche essere d’accordo.
Renzi c’è e l’abbassare la saracinesca e inserire l’allarme al suo forno, ora che Martina, il facente funzioni di segretario, ha aperto al confronto con il M5S, diventa una cosa alquanto imbarazzante per il Pd. I piddini però dovrebbero essere intellettualmente onesti ed ammettere che erano davvero pochi quelli che seriamente potevano immaginare che il loro partito si alleasse (non inciuciasse, perché, per volontà di Di Maio, ora si dice contratto non inciucio) con chi ha fatto della denuncia contro tutto e tutti del Pd, la sua ragione di esistere. Purtroppo è vero anche che, per l’attuale cultura politica dei leader, non sembra sia necessario preoccuparsi dei contenuti politici da inserire negli accordi. Ma non è poi tanto difficile capire che l’alleanza con i 5Stelle determinerebbe la fine del Pd. A loro interessano i “contratti” nei quali sono la parte più forte, come fanno le banche quando si stipula un mutuo, dove si devono accettare pure quelle clausole scritte in piccolo e che non si possono togliere o come quello che la piattaforma Rousseau fa sottoscrivere agli elettori del movimento. A spegnere ulteriormente l’entusiasmo per un accordo Pd/M5S dovrebbe bastare l’esito deludente delle aperture di Michele Emiliano ai pentastellati, ai quali aveva proposto di partecipare al governo regionale: la porta in faccia gli hanno sbattuta e senza nemmeno tanti complimenti.
Renzi c’è e detta la linea. Dopo quasi due mesi di melina e catenaccio si va alla ripetizione della partita o ai tempi supplementari? Elezioni a giugno o quel governo di minoranza che Berlusconi ha proposto? Per il momento chi è stato messo fuori campo è Di Maio, autore di una asfissiante marcatura su Silvio Berlusconi, che lo ha sfiancato tanto da rendere necessaria la sua sostituzione e reso evidente che lui non è in grado di emulare i politici democristiani che, loro sì instancabili, facevano la spola fra i due forni. Ora il “giggino” di Napoli, che ambiva a diventare “er sor Gigi de noaltri”, quello che avrebbe voluto dettare il gioco del governo, è relegato in panchina e si consegna, mani e piedi, al suo principale avversario: “Lo dico a Salvini, andiamo da Mattarella a chiedere di votare, facciamo scegliere ai cittadini tra rivoluzione e restaurazione” supplica disperato. “Questi, per i loro sporchi interessi, stanno cercando in tutti i modi di fermare la formazione del governo del cambiamento. A questo punto non c’è altra soluzione, bisogna tornare al voto, a giugno”.
Renzi c’è ed è il solo che può infastidire il “capitano” del centrodestra, che non ha ancora deciso se è meglio la ripetizione della partita, come chiede il campione pentastellato seduto in panchina che voleva ad ogni costo provare la sensazione di sedersi invece sulla poltrona di presidente del consiglio, o andare ai supplementari, come da lui stesso richiesti fin dal 5 di marzo. Salvini ora può presentarsi all’arbitro del Quirinale potendo proporre/scegliere l’alternativa fra un governo di minoranza con Forza Italia e chi c’è, c’è (e Renzi c’è) oppure il voto anticipato. Senza alcuna ulteriore alternativa, esclusi a priori ogni altro tipo possibile di esecutivo.
Renzi c’è e dice: “chi ha vinto governi, chi ha perso faccia l’opposizione”.
Chi l’altra sera lo ha ascoltato ora si chiede: “ma chi ha vinto?”

Chi ha paura del Nazareno Bis?

Rousseau e Casaleggio junior

Sono queste le figure che temono la concretizzazione di un “Nazareno Bis”. Sono già in tanti, fra gli eletti stelliotizzati, che rimuginano sui 300 euro mensili da sborsare alla piattaforma intitolata al filosofo svizzero de “il contratto sociale”, Gian Giacomo Rousseau appunto, che riteneva e propugnava una società in cui l’individuo non avesse alcun altro diritto se non quello derivante dall’appartenenza ad uno Stato; da realizzare, quest’ultimo,  attraverso un “contratto sociale” sottoscritto da persone costrette su un piano di piena e completa uguaglianza. Una associazione, insomma, di individui che invece di essere “liberi di rinunciare” ai loro diritti naturali per aderire ad un accordo che, attraverso un patto d’unione, permetta di costituirsi come comunità e dare vita ad una società politica, siano, invece, membri di un corpo politico costituito da un “Io comune” garante delle libertà individuali e dei diritti (quali? a questo punto non si capisce).

Adesione onerosa ad una visione politica? O piuttosto una sorta di privazione (iniziale?) di un diritto naturale, quello di essere remunerato in funzione del proprio lavoro? Una tassa come ringraziamento per la libertà di incassare uno stipendio da parlamentare? Oltretutto obbligatorio pena l’allontanamento dalla comunità degli Honesti? Difficile, per chi sceglie l’onestà – possibile solo se individuale (non esiste, checché ne dica Beppe Grillo, l’onestà di gruppo) – sentire come “giusta” una menomazione dei propri diritti quale è quella di versare “volontariamente” 300 euro mensili ad una società avente fini di lucro.

Perché la Rousseau e Casaleggio Junior temono un Nazareno Bis? Con il patto del Nazareno, non dimentichiamolo, si concordò, fra Renzi e Berlusconi, di costituire quel fronte politico comune che ha permesso di evitare il fallimento nazionale che si andava delineando a causa della crisi indotta dalla speculazione internazionale abbattutasi, sul nostro paese, a seguito dello scellerato patto imposto all’Europa dall’allora presidente francese Sarkozy, che aveva tanti motivi per mettere a tacere il colonnello Gheddafi (ma questa è un’altra storia già raccontata). Se si realizzasse una nuova versione di quell’accordo, e il centrodestra e il Pd (con o senza Renzi e Berlusconi) dessero vita ad una maggioranza parlamentare forte e coesa, in quanti fra i pentastellati eviterebbero di versare l’obolo volontario alla Casaleggio per poter finalmente essere allontanati dal gruppo degli onesti a pagamento e confluire fra le fila degli onesti per scelta? Che oltretutto sono pure più numerosi?

Invece di 90.000 euro, quanto incasserebbe mensilmente la Rousseau per difendere i diritti degli associati alla Casaleggio?

Perdere fa bene

c’e voglia di rivincita

Ieri, 20 marzo, il Pd modugnese ha organizzato un incontro sul tema, ”le ragioni della sconfitta per una rinascita democratica”. Discorsi e spiegazioni che gli intervenuti: Dario Ginefra, deputato, Adalisa Campanelli, della segreteria regionale del partito, Irma Vaccaro Gammone, del coordinamento del Pd locale e il coordinatore Mimmo Cramarossa hanno largamente discusso con gli elettori intervenuti nella sala Le Volte di via C. Stella.

La pacata esposizione dei motivi del cattivo risultato elettorale e la formulazione di propositi e proposte per la riorganizzazione del Pd, non sono bastate a sopire del tutto lo sconforto che naturalmente pervade gli animi degli sconfitti.

Da osservatore esterno e distante dalle dinamiche politiche del Pd, devo rimarcare come le considerazioni finali dei relatori e gli interventi dei presenti non sono del tutto dissimili da quelle alle quali sono giunti gli esponenti dell’altra parte dell’”arco costituzionale”, quel centrodestra che pur potendo esibire un risultato numericamente migliore non può certamente dirsi soddisfatto del risultato ottenuto nel centrosud. Mal comune…pentastellato? Forse sì, ma non del tutto catastrofico.

Come più volte detto e scritto i prodromi della sconfitta erano evidenti. A chi voleva vederli certo, ma la cecità che ha colpito i politici, giustamente sconfitti in queste elezioni, è stata determinata proprio da quella lontananza, fisica oltre che telematica, denunciata più volte. Distanza che nelle assemblee di ognuno degli schieramenti politici sconfitti, viene indicata come motivo principale della disaffezione degli elettori verso i vecchi partiti di appartenenza. In molti hanno votato per dispetto, per danneggiare, per colpire chi li ha trascurati, non solo per credulità nei regali dei neo babbo natale.

Una sconfitta a testa non fa male a nessuno? Forse. Magari fa pure mezzo gaudio, per completare il proverbio sopra malmenzionato, perché un’altra particolarità che accomuna destra e sinistra nelle loro disamine postelettorali, è la voglia di tornare a fare politica davvero e non semplice amministrazione clientelare. Che sia la volta buona? Del resto come si dice: squadra che perde va cambiata, o sbaglio?