Minacce ai giocatori del Bari, un modugnese tra gli ultras in manette

Procura della Repubblica di Bari

Uno dei capi della tifoseria del Bari è modugnese. E’ il 34enne Raffaele Loiacono, in carcere con l’accusa di violenza privata aggravata, nell’ambito dell’inchiesta barese sul calcioscommesse. Insieme a lui è finito in manette l’altro capo ultras Roberto Sblendorio. Concessi i domiciliari ad Alberto Savarese, detto “il parigino”.

Nelle 35 pagine dell’ordinanza d’arresto, a firma del gip del Tribunale di Bari, Giovanni Abbattista, ci sono intercettazioni e stralci di interrogatori dei giocatori del Bari minacciati, dall’ex difensore del Bari, Andrea Masiello, ancora agli arresti domiciliari per frode sportiva nell’ambito della stessa indagine, all’ex capitano Jean Francois Gillet, per finire ad Alessandro Parisi, che sarebbe stato anche schiaffeggiato da uno dei tre.

“Sono in debito con gente pericolosa, rischio di morire e ho bisogno di soldi, se volete fare una vita tranquilla fino a fine anno, dovete perdere”. Minacce violente che dalle ultime partite del campionato di serie A del Bari, la stagione 2010-2011, avrebbero alimentato un clima di vero e proprio terrore psicologico e paura tra i giocatori biancorossi. Tre le partite incriminate: Bari-Sampdoria del 23 aprile 2011, finita 0-1, che segnò la retrocessione matematica dei biancorossi, Cesena-Bari del 17 aprile 2011, finita 1-0, Bari-Chievo del 20 marzo 2011, conclusasi 1-2.

Dalle indagini dei Carabinieri baresi, coordinate dal procuratore capo Antonio Laudati e dal sostituto Ciro Angelillis, emerge ancora una volta il ruolo di Antonio Bellavista, ex giocatore del Bari arrestato mesi fa dalla Procura di Cremona. Bellavista, stando al racconto di alcuni giocatori indagati, avrebbe minacciato a sua volta Masiello e gli altri dicendo che “se continuate a dire di no, sono disposto a mandare gente pesante”, riferendosi presumibilmente proprio ai tre ultras.

Gli interrogatori di garanzia dei tre arrestati sono stati fissati per la prossima settimana: lunedì in carcere quelli di Sblendorio e Loiacono. Giovedì prossimo in Tribunale quello di Savarese.

“Siamo stati costretti a intervenire prima della fine del campionato – ha detto Laudati in conferenza stampa – perché l’attività di intimidazione e capacità di condizionamento è proseguita e rischiava di compromettere l’esito ulteriore delle indagini e l’incolumità di alcune persone”. “C’è un primo episodio – ha detto Laudati – in cui a Bari doveva essere svolta una partita del Foggia per indisponibilità dello stadio Zaccheria, ma questi soggetti hanno impedito che la partita si svolgesse a Bari con minacce violente e atteggiamenti intimidatori nei confronti di istituzioni pubbliche, per cui la partita è stata trasferita a Lecce”. Laudati ha poi riferito di “azioni di rappresaglia nei confronti di alcuni giocatori”. “Una persona che era stata molto dettagliata su quello che accadeva negli spogliatoi è l’ex capitano del Bari, Gillet, e nei suoi confronti – ha detto il procuratore – era stata programmata una spedizione punitiva a Bologna per indurlo a ritrattare o comunque ridimensionare le dichiarazioni che aveva fatto. Queste persone – ha detto ancora Laudati – avevano cominciato a prendere di mira anche alcuni giornalisti i quali per primi avevano avuto il coraggio di denunciare e commentare in maniera molto significativa quello che era negativo nel comportamento dei tifosi”.

Il procuratore ha spiegato che questi arresti rientrano nella seconda delle tre tranche in cui si articolano le indagini della Procura di Bari sulla vicenda calcioscommesse. “Il tema di fondo della nostra indagine – ha spiegato Laudati – è l’interferenza, il danno, che le scommesse hanno creato nel mondo del calcio: una corruzione dei protagonisti del mondo del calcio perché gli interessi economici in gioco fanno sì che ci siano spinte molto forti dall’esterno delle società di calcio per corrompere i protagonisti sul campo, o per alterare il risultato, e in questo caso si consuma la frode sportiva, o per condizionare singoli eventi. Il secondo modo di interferire è quello di intimidire. Un aspetto tipico della criminalità organizzata – ha detto Laudati – da cui nasce l’omertà, che consente di tutelare propri interessi e realizzare scopi illeciti”.

Nel raccontare le modalità con cui avvenivano le minacce, Laudati ha detto che “non di propria iniziativa, ma mandate da alcuni scommettitori, queste persone hanno ripetutamente minacciato i giocatori del Bari per costringerli a perdere le partite”. Ma il ruolo degli scommettitori riguarda la terza tranche dell’indagine, ancora in corso, sul riciclaggio del denaro e il sistema dei movimenti economici delle scommesse. “L’utilizzo dei tifosi – ha detto Laudati – in un meccanismo che chiamo sistema criminale è stata una delle modalità con cui si riuscivano a condizionare i giocatori e le società per lucrare dall’esito delle scommesse”.

Sulla parte di indagine che il primo aprile scorso ha portato all’arresto dell’ex difensore del Bari Andrea Masiello e dei suoi amici Giacobbe e Carella, il procuratore ha annunciato “ultimi accertamenti in corso” e poi la chiusura “subito dopo la fine del campionato”.

Fallimento Divania, consumatori e anti-usura contro i vertici Unicredit

Procura della Repubblica di Bari

Con la costituzione delle parti civili, è cominciata davanti al gup del Tribunale di Bari, Sergio Di Paola, l’udienza preliminare a carico dei 20 imputati, i vertici nazionali e territoriale della “Unicredit Banca d’Impresa spa”, per i quali il pm della Procura di Bari, Isabella Ginefra, ha chiesto il rinvio a giudizio con le accuse, a vario titolo, di truffa aggravata, appropriazione indebita ed estorsione ai danni della società Divania srl di Modugno. Tra questi i due componenti del Cda dell’istituto di credito, Luca Fornoni e Davide Mereghetti, all’epoca dei fatti contestati responsabili dell’Area Coroporate Banking di U.B.M. spa. La pm ha chiesto il processo anche per il “responsabile erogazione crediti della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Francesco Conteduca, il “responsabile della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Alfredo Protino e il direttore generale della Unicredit Banca d’Impresa spa, Mario Aramini.
Secondo l’accusa, derivati ad altissimo rischio sottoscritti con Unicredit avrebbero portato l’azienda barese al fallimento. Nel 2006 (in seguito agli effetti catastrofici di quei derivati, sottoscritti a partire dal 2000) lo stabilimento ha chiuso, licenziando 430 operai. Unicredit, questa l’ipotesi dell’accusa, non avrebbe informato correttamente dei rischi connessi agli strumenti di finanza complessa che la società Divania stava acquistando, proponendoli anzi come sicuri.
La truffa complessiva ipotizzata dalla Procura di Bari si aggira intorno ai 15 milioni di euro. L’indagine è stata avviata dopo la denuncia del titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi, costituitosi parte civile nel processo, in proprio e per conto di due società, la Sedilia e la Parco Don Vito. Oltre a Parisi, si è costituito parte civile Rocco Ziino, anche lui presunta vittima dei derivati Unicredit, che avrebbe subito il crac della sua società, la “Tre Z Plast”, azienda leader nel settore edilizio e termoidraulico, passata nel giro di due anni da un fatturato di sei milioni di euro al fallimento. Parti civili anche un’associazione anti usura, Adusbef e Codacons.
L’udienza preliminare per i rinvii a giudizio proseguirà il prossimo 8 giugno.

Modugno – La risposta di CGIL – CISL – UIL

Comunicato stampa sindacale

 

 

A TUTTl I DIPENDENTI
AGLI ORGANI DI STAMPA
AL SINDACO
ALLA GIUNTA COMUNALE
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE
AI CAPI GRUPPO CONSILIARI
AL SEGRETARIO GENERALE
AL COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
AL PRESIDENTE DELLA DELEGAZIONE TRATTANTE
ALLA RAPPRESENTANZA SINDACALE UNITARIA 

OGGETTO: Problematiche del personale del Comune di Modugno – Comunicazioni.
I radicali cambiamenti che stanno interessando la società moderna con notevoli penalizzazioni di tutti i cittadini appartenenti alle fasce medio-basse, stanno fortemente mettendo in discussione anche ogni più elementare sacrosanto diritto che fino a ieri caratterizzava il dipendente pubblico.
Norme recentissime, la I. 122/2010, precludono ogni possibilità di costituire fondi che superino quello del 2010 e obbligano la parte pubblica al recupero immediato delle risorse indebitamente inserite nel fondo.
Detto ciò, sul versante delle relazioni sindacali siamo in presenza di elementi che modificano fortemente il ruolo delle Organizzazioni Sindacali che ancor di più di prima devono ritagliarsi un paziente ruolo concertativo con la parte pubblica, al fine di individuare percorsi che, benché obbligati, riducano fortemente il disagio del dipendente pubblico.
00.SS. che in questo delicato momento devono rendere residuale il semplice ruolo rivendicativo, che fa molto più presa sull’opinione pubblica ma illude i più sprovveduti e non produce effetti.
Quindi bisogna trovare soluzioni legittime e di utilità ai più e non solo a molti.
E’ certo che il problema nato a Modugno è collegato alle risorse maggiori assegnate al fondo negli anni scorsi, che sarebbero state, secondo l’Interpretazione della parte pubblica, percepite dal personale senza averne diritto.
Ora, premesso e acclarato quanto sopra, ogni sigla sindacale può decidere il percorso che vuole intraprendere. La CISL, la CGIL e la UIL, unitamente ai propri rappresentanti in seno alla Rappresentanza Sindacale Unitaria ( RSU ) hanno scelto di non fare demagogia e di cercare, con la parte pubblica, una soluzione che non produca un eccessivo disagio al dipendente e senza creare strumentali ed artefatte forme di divisione e fibrillazione tra il personale e le stesse Organizzazioni Sindacali.
Avevamo tracciato e presentato in forma scritta un percorso unitario tra tutte le sigle sindacali territoriali e la RSU, ma da subito altra sigla sindacale ha voluto intraprendere altre strade, con manifestazioni di piazza, in piena delegazione trattante, che non ci possono trovare consenzienti.
Ogni iniziativa assunta unilateralmente, tende a rappresentare una verità demagogica e populistica che non risolve il problema anzi ne allontana la soluzione (dopo tre incontri di delegazione trattante dove le pregiudiziali assorbono quasi tutto il tempo, l’ordine del giorno da trattare è sempre lo stesso ).Tutto ciò, ci costringe a non condividere certi percorsi e a chiedere all’Amministrazione una delegazione trattante in cui siano ripristinate le regole democratiche e sia foriera di decisioni possibilmente condivise a tutela e rispetto di tutti i lavoratori del Comune di Modugno.
La parte pubblica ha sicuramente le sue responsabilità, collegate alla errata costituzione del fondo degli anni scorsi, ma attualmente ha anche una maggiore responsabilità poiché consente, durante lo svolgimento della delegazione trattante, l’accesso a chiunque. Inoltre permette che accada di tutto senza un minimo di rispetto istituzionale e delle regole ne’ riguardo della dignità di chi partecipa alla trattativa per ascoltare e formulare proposte in maniera civile e democratica, senza subire forme di pressioni psicologiche di qualsiasi natura.
Le scriventi 00.SS. intendono chiarire, in maniera inequivocabile, la propria posizione politico-sindacale, che è mirata, in un’ottica di ottimizzazione delle risorse e di razionalizzazione della spesa, alla eliminazione degli sprechi per assicurare alla cittadinanza servizi sempre più efficienti ed efficaci.
Detta ottimizzazione non può prescindere da una riorganizzazione dell’attuale dotazione organica comunale che prevede un numero rilevante di figure dirigenziali, le quali se opportunamente soppresse, anche alla luce della situazione reale (n. 1 dirigente presente su sette previsti in organico), le relative funzioni potrebbero essere assegnate alle figure professionali di cat. D incaricate di posizione organizzativa, come peraltro già attuato da altre realtà locali. Tale riorganizzazione porterebbe un notevole rispannio economico che favorirebbe sicuramente una crescita del Comune di Modugno con particolare riferimento all’incremento occupazionale e alla risoluzione delle problematiche afferenti il personale comunale.
Distinti saluti.
Modugno 7 maggio 2012. 

CGIL – Antonio Lorusso – Lamberto Garofalo – Donato Foggetti                                         

CISL – Guido Manco – Domenico Proscia – Francesco Loiacono – Antonio Mangialardi                                      

UIL  – Emanuele Valerio – Remigio Pesole – Domenico Tedesco

                                                                

La lunga controversia della Chiesa delle Monacelle

Chiesa delle Monacelle - La Santa Famiglia con Santa Elisabetta e San ZaccariaLa questione Chiesa di San Giuseppe (comunemente nota come Chiesa delle Monacelle), rischia di ingarbugliarsi all’interno di una rete fitta di visioni distorte figlie di pareri, credenze e di quell’uso della forza, che spesso caratterizzò nel corso della storia, la lunga diatriba tra potere spirituale e potere temporale. Cerchiamo dunque di muoverci in questa delicata controversia attraverso l’unica fonte che rende possibile intraprendere tale percorso con oggettività, basandoci sulla presa visione di una documentazione scritta.
Il tutto ebbe inizio nel 2002 quando l’allora presidente dell’Associazione Musicale “Francesco Casavola”, Vito Bello, chiese a nome della stessa, attraverso una domanda avente ad oggetto la gestione continua della di Chiesa di San Giuseppe (all’epoca dei fatti in stato di degrado e abbandono) in via Monacelle, l’utilizzo della sacra struttura per le varie manifestazioni musicali della stessa associazione, per celebrare la festività di Santa Cecilia (protettrice dei musicisti) e per altre eventuali manifestazioni culturali. La domanda aveva come destinatario: l’Amministrazione Diocesana Curia Arcivescovile, nella persona del Rev. Don Gaetano Coviello e il Comune di Modugno, nelle persone del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura, all’epoca dei fatti rispettivamente il dott. Pino Rana e il prof. Franco Fragassi (quest’ultima domanda protocollata il 1 luglio 2002). La risposta dalle due parti chiamate in causa non si fece attendere. Mentre la prima demandava la competenza di tale consenso all’utilizzo del bene culturale ai secondi, in quanto la Curia a suo dire non esercitava alcun tipo di giurisdizione sul bene in questione, il comune rispondeva che non appena sarebbero stati ultimati gli aggiusti di restauro che avrebbero interessato il prospetto esterno e il tetto, si sarebbe affrontata la questione ai fini dell’esaudimento della richiesta. Detto fatto, dopo diverse riunioni che videro protagonisti l’amministrazione e le associazioni interessate all’utilizzo dei “beni” dislocati sul territorio comunale, la consegna delle chiavi avvenne effettivamente nel settembre 2007, dopo circa cinque anni dalla domanda protocollata, sancendo da quel momento in poi l’inizio della gestione autorizzata e continua dell’utilizzo della Chiesa di San Giuseppe da parte dell’Associazione Musicale “Francesco Casavola”.

Veniamo ai giorni nostri. Il 26 marzo scorso, il sig. Michele Mangialardi referente principale dell’Associazione Musicale “Francesco Casavola” veniva convocato dal Sindaco del Comune di Modugno, Mimmo Gatti, a seguito di una nota della Direzione Fondo Edifici di Culto, nella persona del dott. Francesco Minervini, con la quale intimava all’Amministrazione Comunale di Modugno la riconsegna delle chiavi della Chiesa di San Giuseppe poiché nei locali dell’immobile sarebbe impedito l’esercizio del culto in primis e per la necessità di salvaguardare e preservare le opere d’arte, i dipinti e gli arredi da ogni circostanza che potesse anche solo potenzialmente determinare un danno agli stessi, indicando nell’Arciprete Don Nicola Colatorti il soggetto destinatario della consegna delle chiavi di accesso. Accuse che venivano rispedite prontamente al mittente con tanto di risposta protocollata il 28 marzo, dove per l’impossibilità dell’esercizio di culto, si sottolineava come nessuno aveva mai impedito l’esercizio del rito, ricordando inoltre che dal 23 febbraio 2012 all’11 marzo 2012, nello stesso Sacro luogo erano state celebrate ogni giorno diverse Sante Messe nell’ambito del programma denominato “Aprite le porte a Cristo”, promosso ed organizzato dalla locale Parrocchia di Sant’Agostino ed autorizzato dalla Curia stessa.

Per il discorso legato alla salvaguardia di dipinti ed opere, invece, l’Associazione Musicale nella nota protocollata precisava come a seguito dei lavori di restauro avvenuti dal 2004 al 2005 (periodo quindi antecedente alla propria gestione), dieci tele originariamente presenti nella Chiesa di San Giuseppe, non fecero più ritorno dopo essere state temporaneamente collocate nella Chiesa Santissima Annunziata (Chiesa Matrice) di Modugno per il tempo strettamente necessario all’esecuzione ed ultimazione dei lavori di recupero, continuando e asserendo come non solo alcuna opera di ristrutturazione, pur programmata fu mai eseguita all’interno della Chiesa di San Giuseppe dal 2007 ad oggi, ma l’unica opera di restauro effettuata nel lasso di tempo vedente coinvolta la gestione dell’associazione in questione, fu il progetto e la realizzazione del restauro del “Crocifisso Ligneo” per un valore di Euro 5.000 (stanziate solo ed esclusivamente dall’Associazione Musicale, nella persona di Michele Mangialardi), il tutto testimoniato dalla corrispondenza epistolare tra l’associazione stessa, la ditta di restauro “Caputi Jambrenghi” di Bari e la Direzione Fondo Edifici di Culto. Presentazione del crocifisso avvenuta al pubblico il 21 novembre 2010 alla vigilia della festività di Santa Cecilia, con tanto di invito alle autorità locali, al presidente della Pro Loco e ai parroci delle parrocchie distribuite sul territorio comunale, nelle persone dell’Arciprete Don Nicola Colatorti, Don Luigi Trentadue, Don Vincenzo Gentile e Don Nicola Laricchia.

Questi sono i fatti utili per una rapida comprensione della questione e sull’oggetto della disputa. Allo stato attuale degli stessi, la sfida a colpi di pulpito da una parte e la raccolte di firme dall’altra, in attesa di prossimi sviluppi, lascia presagire un’estate modugnese davvero rovente.

Due cittadini rumeni arrestati per il furto di 10 quintali di rame

Sono finiti in manette il 44enne Dragomir Coardos ed un suo connazionale con l’accusa di furto aggravato in concorso. I cavi in rame erano stati appena sottratti da una ditta di Binetto. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Modugno.

Alla vista dei militari, i due hanno tentato la fuga a bordo di una Opel con a bordo ancora la refurtiva. Su disposizione della Procura della Repubblica di Bari sono stati tratti in arresto e la refurtiva è stata riconsegnata.

 

(Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari)