Una lezione di morale ci viene dai nostri vicini anglosassoni: il
British Museum ha totalizzato più di 7,5 milioni di sterline con la realizzazione, prima della mostra e, dal 18 giugno 2013 del film in HD sulla vita e la morte a
Pompei ed
Ercolano. Come? Teniamo conto che il British è per il 50% sovvenzionato dallo Stato inglese e dal 50% da charity e aziende. Con un progetto di Paul Roberts e la sponsorizzazione al trasporto della Goldman & Sachs, che in questo caso si è ‘rifatta il look’, è stata realizzata un’opera colossale in Inghilterra, dal punto di vista culturale ed economico, che avrebbe invece rimpinguato le casse italiane, se solo qualcuno alla Soprintendenza del posto non avesse sonnecchiato, prestando così un’infinità di opere che da Pompei hanno viaggiato fino al Regno Unito, per vedersi fare una pernacchia virtuale dagli Inglesi, che ne hanno fatto marketing. E volere non è solo avere un budget ufficiale che ti permette di farlo, ma è anche fare dei propri valori e del proprio passato storico o anche della propria attualità, motivo di rinascita, non solo legata ad un orgoglio nazionalistico, ma anche economico. Si pensi: opere italianissime sono state cedute quasi come pezzi di pietra inservibili, per essere acquisite dai nostri vicini europei, per farle fruttare e allo stesso tempo valorizzare, cosa che avremmo potuto benissimo fare noi. Dulcis in fundo, il film-documentario farà il giro di 100 sale cinematografiche il 25 e 26 novembre in Italia, nel quale si calcheranno ‘Vita e morte a Pompei ed Ercolano’, le due città sepolte di ceneri e lava dall’eruzione del Vesuvio, il 24 agosto del 79 d.C.. Un percorso audio-video cala lo spettatore-visitatore in una realtà retroattiva: la macchina del tempo riproduce non soldati romani nell’atto di una battaglia per conquistare territori altrui, non imprese navali, non arene eccitate dal sangue di persone e animali, i cui sussulti ci sono rimandati da fiumi di cinematografia, ma la vita di tutti i giorni, con i suoi suoni, il chiacchiericcio nelle strade, negli ambienti, nelle sale, delle due famose città dell’Antica Roma, con i loro usi e costumi, la loro cultura, le loro arti, il loro luccichio e infine la distruzione che le assalì; i calchi di alcune vittime a testimonianza del processo di pietrificazione. E mentre qui in Italia e soprattutto in Campania ci si piange ancora addosso per i crolli e l’incuria che hanno investito cotanta bellezza nostrana, più del vulcano, al di là delle Alpi, oltre la Manica, qualcuno, quasi con l’intuito di un bambino, ha ‘creduto’ di farne lustro e denaro, giusto, senza aver rubato nulla a nessuno, ma solo chiedendo in prestito, in seguito ad una collaborazione della Soprintendenza di Napoli e Pompei. Business non solo culturale, se si pensa che oltre ai biglietti, di cui è possibile l’acquisto anche on-line, come si fa per i concerti, a causa dell’afflusso, c’è da considerare il vitto e l’alloggio di tanti turisti che riversano a Londra; un indotto stimato intorno agli 8.000. 000 di euro fino ad ora. Un ondata di successo che non si è fatta attendere perché si tratta di Londra, ma riguarda l’Italia a Londra; ma non sarebbe stato meglio promuoverla sul posto? E tenendo conto di tutto il patrimonio storico, culturale, culinario (perché no?) e quant’altro rappresenta davvero un pozzo di San Patrizio per l’Italia (vedi solo per la Puglia ad esempio il nostro Stupor Mundi Federico II), quanti ‘British Museum’ avremmo potuto allestire con tali e altri risultati, apportando floridezza in loco, come è giusto che sia e non fuori? … Come diceva qualcuno in un vecchio spot pubblicitario: ‘Meditate gente … meditate.
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