Modugno tra le sei città della prostituzione: 9 arresti

altAssociazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento, induzione e sfruttamento della prostituzione (anche minorile), alla riduzione alla schiavitù e alla tratta degli esseri umani: con queste accuse i carabinieri della Compagnia di Barletta hanno eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese. A capo dell’organizzazione due andriesi: Salvatore Agresti, 40 anni, e Riccardo Del Zio, 42; a gestire l’attività illecita le loro conviventi: Manuela Ionela Nitu, 27, e Roxana Gratiela Gherghe, 23, entrambe rumene. Braccio destro di Agresti e Del Zio: Nicola Sgarra, 48, di Andria. L’organizzazione si avvaleva poi di un’articolata struttura territoriale. Per questo gli altri arresti sono stati eseguiti oltre che ad Andria (Giovanni Tota, 31 anni) anche a Barletta (Vincenzo Gorgoglione, 58 e Antonio Petruzzelli, 61). In carcere anche il rumeno Stefan Dumitrescu, 28 anni, residente ad Andria, ma domiciliato a Roma. Le zone interessate dall’attività illecita erano le principali arterie stradali di Andria, Barletta, Trani, Corato, Modugno e Palo del Colle. Decine e decine di ragazze rumene (alcune delle quali anche minorenni) costrette a prostituirsi per arricchire l’organizzazione criminale che non solo le gestiva ma le “possedeva” come se fossero una merce e, come tale, oggetto anche di compravendita. Giovanissime donne comprate nella loro terra d’origine (mediamente a 500 euro) portate in Italia, a Milano soprattutto, e da qui smistate in altre regioni a gente senza scrupoli che non solo le avviava con la forza alla prostituzione, ma poi le faceva vivere in stato di schiavitù nelle proprie abitazioni. A chi osava disobbedire veniva inflitta non solo una spietata violenza sessuale e fisica, ma anche la vendita ad altri “protettori”. Quasi impossibile per loro riuscire ad “affrancarsi” dal giro: il prezzo per la loro “liberazione” era altissimo e quasi nessuna era in grado di risparmiare una simile cifra. L’inchiesta nasce quasi per caso, nell’agosto del 2008, con una semplice denuncia di rapina da parte di una prostituta rumena. La ragazza raccontò ai carabinieri di essere stata avvicinata da un’auto con tre individui a bordo che le avevano rubato l’incasso della giornata. Da un riscontro fotografico la giovane aveva identificato uno dei rapinatori nella persona di Salvatore Agresti, perché conosciuto nell’ambiente della prostituzione come “protettore”. La stessa era stata in grado di fornire anche il nome delle “colleghe” protette da Agresti. Ed è stata proprio una di queste che, stanca delle continue violenze fisiche e morali, dalle continue minacce e vessazioni a cui era sottoposta, ha deciso di collaborare. Le prestazioni potevano arrivare a fruttare, se offerte in camere d’albergo, anche 120/130 euro. Ma la compravendita delle prostitute poteva rendere anche 10mila euro. Non solo, il corpo delle ragazze poteva essere utilizzato anche per compensare vecchi debiti, per cui il “creditore” invece che avere la restituzione del denaro otteneva la prostituta, non per una prestazione, ma per sempre. Alle ragazze che si prostituivano, soprattutto per poter aiutare i loro parenti rimasti in Romania, rimaneva meno di un terzo dei guadagni quotidiani, il resto veniva prelevato dall’organizzazione alla fine di ogni giornata. I “protettori” accompagnavano le ragazze sul “luogo di lavoro” e restavano lì fino a quando non venivano eseguite un determinato numero di prestazioni sessuali. Una volta finito “il turno di lavoro” le giovani donne venivano riportate a casa e qui rinchiuse fino all’indomani quando sarebbero state riportate sulla strada. Un’organizzazione che aveva intuito anche il mutamento dei costumi e per tanto si era adeguata: le ragazze venivano fotografate nude e in pose oscene e le immagini diventavano “merce on line”. Gli investigatori sono riusciti a risalire ad alcuni siti sui quali gli arrestati mettevano in vendita le prestazioni sessuali. A gestire la prostituzione “on line”, le conviventi rumene dei due andriesi a capo dell’organizzazione: erano la Nitu e la Gheorghe a inserire sul sito le connazionali “in offerta”, a tenere l’agenda degli appuntamenti, ma anche ad amministrare “la cassa” dell’organizzazione, nonché a reclutare dalla Romania coetanee disposte a venire in Italia, con la promessa di una vita migliore.

Ex cementeria, la denuncia di "Italia Giusta"

altContinua l’impegno civile e politico della rivista “Sudcritica” e del “Movimento Italia Giusta secondo la Costituzione”, della fondazione “Popoli e Costituzioni” con sede a Modugno e nata dalla necessità di difendere e di praticare le regole ed i principi della Carta Costituzionale del 1948.

Fondata nel 1979, la rivista ha pubblicato ultimamente in www.sudcritica.it una dettagliata inchiesta sull’area della ex cementeria situata nella periferia di Modugno, vicino alla strada provinciale Modugno-Bitetto. L’urgenza dello sviluppo dell’inchiesta e della sua pubblicazione si è imposta dopo aver acquisite le certezze dell’alto grado di inquinamento da amianto, presente nella zona della cementeria, e del legame epidemiologicamente verificato tra quell’inquinamento e le numerose manifestazioni tra i cittadini modugnesi, delle patologie e delle morti ad esso correlabili. L’inchiesta analiticamente e documentalmente condotta, ha rilevato, tra le altre cose, il potenziamento incontrollabile dei pericoli dell’inquinamento causato delle opere di demolizione ancora in corso delle strutture in cemento amianto della ex cementeria, in quanto praticate senza alcuna misura di garanzia per la sicurezza della salute dei cittadini. Il “Movimento Italia Giusta”, attivo sul territorio modugnese anche per aver denunciate attraverso molte manifestazioni pubbliche le forti responsabilità dell’Amministrazione Comunale del decennio appena trascorso, alla base dello stato di degrado della città di Modugno, prenderà una serie di iniziative con lo scopo di dare risalto pubblico alle condizioni di estremo pericolo ambientale in cui si trova Modugno, per la forza inquinante dell’area dell’ex insediamento industriale. A cominciare da un comunicato pubblico, rivolto al neosindaco e posizionato nelle piazze principali della Città, nel quale “Italia Giusta” e i “Verdi di Modugno” sostengono che “non è dato sapere dai pubblici poteri quale sia, allo stato, la destinazione dell’area e se la proposta di destinarla a parco pubblico intitolato al dr. Pinuccio Loiacono (tra le vittime dell’inquinamento da amianto della zona dell’ex cementeria) sia stata presa in considerazione dall’Amministrazione Comunale, e pertanto chiedono che il Sindaco dia alla comunità tutte le informazioni necessarie e documentate sull’attuale stato dell’ex cementeria e sulla destinazione dell’intera area”.

 

Furti con destrezza all'ufficio postale di Modugno

altLa direzione della posta centrale di Modugno sita in piazza Plebiscito avverte l’utenza che fuori dalla porta d’ingresso dell’ufficio postale si sono verificati episodi di “furti con destrezza”. I borseggi sono stati effettuati da persone di sesso femminile che col pretesto di chiedere l’orario o delle monete circondano il malcapitato al quale rovistano le tasche sottraendo portafogli o altro. Nel precisare che i fatti descritti sono stati già denunciati alle forze dell’ordine i responsabili dell’ufficio postale avvisano la clientela di prestare massima attenzione.

Inceneritore, Comune e Comitato Pro Ambiente parti lese nel processo

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Tribunale di Bari

Con la richiesta di costituzione delle parti civili è cominciata davanti al gup del Tribunale di Bari, Susanna De Felice, l’udienza preliminare a carico delle quattro persone per le quali il pm della Procura di Bari, Francesco Bretone, ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione dell’inceneritore di Modugno, centrale elettrica alimentata a Cdr della società Eco Energia srl (Gruppo Marcegaglia). Gli imputati sono il progettista e il direttore dei lavori – Carmine Carella, di Bari, e Nicola Trentadue, di Modugno – il legale rappresentante di Ecoenergia, Antonio Albanese, di Massafra (Taranto) e l’ex dirigente del settore ecologia della Regione Puglia Luca Limongelli. Carella, Trentadue ed Albanese sono accusati di avere, in concorso tra loro, cominciato i lavori dell’inceneritore senza le autorizzazioni previste (parere vincolante dell’Autorità di Bacino, essendo l’area sottoposta a vincolo idrogeologico, e nulla osta dell’Enac per la distanza dall’aeroporto) e per aver violato il vincolo paesaggistico e archeologico. Limongelli invece, è accusato di falso ideologico e abuso d’ufficio, per aver rilasciato parere favorevole di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione dell’impianto, definendo “erroneamente” le ceneri prodotte dalla centrale come rifiuto non pericoloso. Presente in aula solo l’imputato Limongelli che ha reso dichiarazioni spontanee. Durante l’udienza hanno chiesto di costituirsi parte civile i Comuni di Modugno e Bari, rappresentati dagli avvocati Ceci e Grandaliano e il Comitato Proambiente, rappresentato dall’avvocato Converso. La riserva sarà sciolta nell’udienza del 17 novembre prossimo.

Il Comune di Modugno e il Comitato Proambiente parti civili nel processo a Ecoenergia

altL’intricato rebus-inceneritore a Modugno sembra avviarsi ad una svolta.

Dopo che la magistratura mise sotto sequestro il cantiere di “Ecoenergia” e indagò quattro persone per presunti reati commessi durante la fase delle autorizzazioni, adesso la stessa ne ha chiesto il rinvio a giudizio. A firmare la richiesta il pm Francesco Bretone. I quattro imputati sono i due progettisti e direttore dei lavori, Carmine Carella e Nicola Trentadue, il legale rappresentante di “Ecoenergia” Antonio Albanese e un dirigente del settore Ecologia Luca Limongelli.

L’udienza preliminare è stata fissata dinanzi al gup del Tribunale di Bari, Susanna De Felice, per il 13 ottobre prossimo. In detta data sarà possibile procedere alla costituzione di parte civile da parte di Regione, Provincia e Comune di Modugno quali parti offese nel procedimento.

E cosi la giunta comunale del 4 ottobre scorso ha ritenuto di affidare l’incarico del procedimento all’avvocato Guido Ceci e ha espresso atto di indirizzo per la costituzione di parte civile.

Tutto questo, si legge nel deliberato, per “garantire ogni più ampia tutela e ragione dei diritti ed interessi dell’Ente”. Analogo provvedimento lo annuncia il Comitato Proambiente già fautore, in un recente passato, di numerosi esposti alla magistratura stessa e alla Soprintendenza dei Beni paesaggistici ed architettonici di Bari, la quale ha ritenuto di dare parere sfavorevole alla costruzione dell’inceneritore per la presenza di numerosi siti di interesse archeologico.

La stessa Soprintendenza ha evidenziato che l’area era vincolata ai sensi del D.m. 1 agosto 1985 e che non era stata coinvolta durante l’iter procedurale relativo al rilascio del parere di compatibilità ambientale. Il comitato richiederà il ripristino dello stato dei luoghi con annesso parco archeologico per tutta la zona. Il procedimento, annunciano gli ambientalisti, sarà affidato all’avvocato Attilio Converso. Tutto questo in attesa che si pronunci il comitato V.i.a. (Valutazione impatto ambientale) della Regione, iter ancora in sospeso proprio in attesa del processo.