Tre divieti per la notte di Halloween

altTre divieti per la notte di Halloween. Nell’ordinanza a firma del sindaco, Mimmo Gatti, si proibisce la circolazione con il volto mascherato per le vie della città, dalle ore 21 di lunedì 31 ottobre alle ore 7 del 1° novembre; la vendita per asporto e consumo in luogo pubblico e/o di uso pubblico di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione; l’abbandono in luogo pubblico e/o di uso pubblico di qualsiasi contenitore vuoto di bevande, alimenti, rifiuti ed altri oggetti che possano creare pericolo. L’iniziativa è stata presa “considerato – si legge nell’ordinanza – che negli anni precedenti, in ore serali inoltrate, la continuazione della festa è sfociata in atti di vandalismo, ripetuti episodi di schiamazzi, disturbo della quiete e delle occupazioni delle persone e che tali episodi, favoriti dal travestimento e legati all’abuso di alcool, sono accompagnati dall’abbandono, dopo l’uso, in strade e piazze di contenitori di bevande, alimenti, rifiuti ed altri oggetti che possano creare pericolo ai passanti”.

Tangenti e concessioni edilizie, 11 indagati a Modugno

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Procura della Repubblica di Bari

Concussione in concorso. E’ il reato contestato agli 11 indagati dalla Procura di Bari nell’ambito di un’inchiesta su presunte concessioni edilizie illegittime al Comune di Modugno. Tra gli indagati anche l’attuale sindaco, Mimmo Gatti, e quattro consiglieri comunali della sua maggioranza: Saverio Pascazio (Pd), Graziano Di Ciaula (Pd), Tonio Scippa (presidente del Consiglio comunale, Pd), Vito Carlo Liberio (Api).

L’ipotesi di reato contestata, è contenuta nell’avviso di proroga delle indagini preliminari notificato in queste agli indagati da militari della Guardia di Finanza. Tra questi anche l’ex sindaco di Modugno, Pino Rana (Udc), l’ex city manager Serafino Bruno (Pd), e l’attuale capo dell’opposizione, Giuseppe Vasile (Moderati e Popolari), fino alla scorsa legislatura in maggioranza perché in forza all’Udc. Indagati anche il dirigente dell’ufficio tecnico, Giuseppe Capriulo, Giuseppe Caggiano, ex militante del partito di Vasile, e l’ingegnere Livio Scarselletta. L’indagine farebbe riferimento ad alcune concessioni edilizie rilasciate dal 2003 ad oggi in cambio di denaro e altre utilità. Del fascicolo affidato al pm della Procura di Bari, Francesco Bretone, si era avuta notizia già nel maggio scorso, quando a Rana e Liberio venne notificato un decreto di perquisizione nell’ambito di un’indagine per concussione. Nel capo d’imputazione il pm contestava di aver “costretto o comunque indotto vari imprenditori a corrispondergli indebitamente ingenti somme di denaro e altre utilità a fronte della concessione di permessi edificatori”.

Fallimento Divania, i vertici Unicredit ora rischiano un processo per truffa

Tribunale di BariLa Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio dei vertici della “Unicredit Banca d’Impresa spa”. Venti gli imputati accusati, a vario titolo, di truffa aggravata, appropriazione indebita ed estorsione ai danni della società Divania srl di Modugno. Tra questi i due componenti del Cda dell’istituto di credito, Luca Fornoni e Davide Mereghetti, all’epoca dei fatti contestati responsabili dell’Area Coroporate Banking di UBM.

La pm Isabella Ginefra ha chiesto il processo anche per il “responsabile erogazione crediti della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Francesco Conteduca, il “responsabile della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Alfredo Protino e il direttore generale della Unicredit Banca d’Impresa spa, Mario Aramini. Secondo l’accusa, derivati ad altissimo rischio sottoscritti con Unicredit avrebbero causato il fallimento dell’azienda barese. Nel 2006 (in seguito agli effetti catastrofici di quei derivati, sottoscritti a partire dal 2000) ha chiuso, licenziando 430 operai, ed è stata dichiarata fallita nel giugno scorso. La truffa complessiva ipotizzata dalla procura di Bari si aggira intorno ai 15 milioni di euro. L’indagine è stata avviata dopo la denuncia del titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi. Unicredit non lo avrebbe informato correttamente dei rischi connessi agli strumenti di finanza complessa che stava acquistando, proponendoli anzi come sicuri. La società, che produceva mobili imbottiti, ha avviato un parallelo processo civile, chiedendo a Unicredit la restituzione di 219 milioni di euro più 61 di interessi. Secondo l’accusa gli imputati accusati di truffa e appropriazione indebita, avrebbero indotto “Parisi nell’errore di ritenere che i 203 prodotti finanziari derivati, dallo stesso negoziati con la Filiale di Bari del Credito Italiano Spa, dell’Unicredit Banca Spa ed ancora dell’Unicredit Banca d’Impresa Spa, avessero finalità di copertura del rischio di cambio tra sterlina inglese e lira italiana (in 4 casi), tra dollaro Usa e lira italiana (in 22 casi), tra euro e dollaro Usa (in 171 casi) nonchè di copertura del rischio di variazione avverse dei tassi di interesse (nei restanti 6 casi), anzichè natura speculativa”. Il reato di estorsione è contestato a tre dei 20 imputati, i già citati Aramini e Protino e il Procuratore speciale di Aramini, Giuseppe Cittadino.

“In concorso tra loro – si legge nel capo d’imputazione – constringevano Parisi ad impegnarsi a corrispondere all’istituto di credito la somma di 4,5 milioni di euro (somma riveniente dalla riduzione al 50% dell’esposizione debitoria complessiva di quasi 9 milioni di euro), a saldo dell’obbligazione illecitamente creata con gli strumenti finanziari derivati a danno della predetta società (Divania, ndr). In particolare – si legga ancora nel capo d’imputazione – al fine di consentire a Parisi di estinguere il debito, lo costringevano a sottoscrivere con un pool di banche e quale capofila la Unicredit Banca d’Impresa Spa la Convenzione interbancaria del 7 giugno 2005 con la quale, oltre ad assumere altre ulteriori obbligazioni con le altre banche firmatarie, Parisi veniva costretto ad assumere l’impegno di costituire una nuova società denominata Parco don Vito srl; far acquistare dalla parco don Vito Srl l’immobile di proprietà della Divania Srl; stipulare un mutuo fondiario dell’importo di 10 milioni di euro tra la Parco Don Vito Srl e la Unicredit Banca d’Impresa Spa a garanzia del buon fine di tutte le obbligazioni assunte da Divania Srl con la Convenzione; versare la somma di 10 milioni di euro alla Divania Srl quale acconto per l’acquisto dell’opificio; impegnarsi a versare ad Unicredit Banca d’Impresa Spa trimestralmente la somma di oltre 244mila euro a partire dal 31 marzo 2008 fino all’estinzione del debito”. Nell’informativa finale del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari, si legge che “nel secondo trimestre 2003 alla Divania si può dire che viene sottratta la reale gestione della propria liquidità che di fatto viene assunta dalla Unicredit. L’effetto di questa scelta faceva sì che Divania, per la prima volta nella sua storia, diventasse inadempiente su rate di mutuo da pagare ad altre banche. Ed è così che nell’anno 2003 la società presenta una perdita d’esercizio di oltre 16 milioni di euro.

All’inizio di marzo 2004 Divania era ormai paralizzata sul piano finanziario, ai limiti del fallimento”. Ma che il fallimento di Divania sia stato causato dai derivati sottoscritti con Unicredit, e’ ancora tutto da dimostrare. E’ sostanzialmente questo il contenuto della sentenza con cui il 27 giugno scorso la sezione fallimentare del Tribunale civile di Bari ha dichiarato fallita la società Divania srl. Nel provvedimento, i giudici ripercorrono la situazione debitoria dell’azienda. Del resto il debito accertato dal tribunale fallimentare e’ di gran lunga superiore ai crediti vantati nei confronti di Unicredit (17 milioni di euro) e ammonta a oltre 43 milioni di euro.

Fumo giallo dalla centrale turbagos Sorgenia, il dottor Agostino Di Ciaula scrive al Comune

Centrale Turbogas - Fumo giallo dai camini

Centrale Turbogas – Fumo giallo dai camini

Agostino Di Ciaula è un medico Isde (International Society of Doctors for the Environment), un’organizzazione non governativa che si occupa di riunire medici interessati a capire il nesso tra problematiche sanitarie e problemi ecologici.

Da anni impegnato con le varie associazioni ambientaliste di Modugno contro la centrale turbogas Sorgenia e l’inceneritore di “Ecoenergia” del gruppo Marcegaglia, ha recentemente relazionato al convegno di Capannori sulla tecnica “Rifiuti zero”. E sulla scia delle denunce presentate dal comitato Proambiente agli organi competenti di Arpa Puglia sull’anomalo fumo giallo che è fuoriuscito in questi mesi dai camini della centrale Sorgenia e che noi abbiamo documentato, Di Ciaula ha voluto dare un contributo.
Con una missiva protocollata nella mattinata di ieri e indirizzata al sindaco, al presidente del Consiglio comunale, agli assessori e ai consiglieri del Comune di Modugno, ha mostrato in maniera scientifica la preoccupante situazione in cui versano i cittadini modugnesi. In modo eloquente si spiega come il fenomeno del fumo giallo “è frequente nel caso delle centrali termoelettriche alimentate a metano, ed è dovuto alla emissione di ossidi di azoto (NOx)”.

La stessa Sorgenia affermava nel 2009 nella dichiarazione ambientale Emas per la centrale di Termoli come “la sostituzione dei bruciatori sulle due linee di turbogas con quelli previsti dalle ultime tecnologie presenti nel mercato internazionale(Dln 2.6), permetterà nel 2010 di incrementare ulteriormente tali prestazioni e, si ipotizza, di ridurre l’emissione di fumo giallo, dovuta agli NOx prodotti per alcuni minuti, durante le fasi di avviamento delle turbine a gas”. Dunque chiarito il “giallo” del “fumo giallo”, la lettera si concentra sui superamenti di NOx che come previsto da decreto ministeriale non devono superare i 30 mg/m3(milligrammi per metro cubo). Il sistema di rilevazione di Sorgenia, non ha mai rilevato superamenti di NOx da agosto 2009 ad oggi.

Tuttavia la centralina di monitoraggio gestita da Arpa puglia nei pressi della centrale (En02) ha registrato numerosi superamenti del valore di 30 µg/m3. Per esempio dal 4 al 14 gennaio 2011 il sistema di monitoraggio di Sorgenia mostra valori che non sono mai superiori a 20 mg/m3 mentre la centralina di Arpa puglia registra picchi che arrivano anche a 100 µg/m3. L’NOx è un gas irritante, spiega ancora Di Ciaula, e nel breve termine le emissioni di questo inquinante inducono un incremento della mortalità per cause cardio-respiratorie. Stretta correlazione si è dimostrata anche fra le concentrazioni di NOx in prossimità della centrale e il numero di accessi in pronto soccorso in persone con 70 o più anni di età. Questo dato fa parte di uno studio prodotto proprio da Di Ciaula sulle conseguenze che ha Sorgenia sul territorio di Modugno e che attualmente è in corso di pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, la “European Journal of Internal Medicine”.

Nella speranza che Arpa Puglia faccia il sopralluogo nella centrale Sorgenia e che qualche tempo fa ha annunciato tramite un suo funzionario, Roberto Giua, la situazione a Modugno sembra davvero critica. Al sindaco, massimo responsabile della salute pubblica, il dovere di prendere in considerazione questa lettera che analizza, senza più ipotesi ma in maniera scientifica, come Modugno e i suoi residenti siano seriamente in pericolo.

Modugno tra le sei città della prostituzione: 9 arresti

altAssociazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento, induzione e sfruttamento della prostituzione (anche minorile), alla riduzione alla schiavitù e alla tratta degli esseri umani: con queste accuse i carabinieri della Compagnia di Barletta hanno eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese. A capo dell’organizzazione due andriesi: Salvatore Agresti, 40 anni, e Riccardo Del Zio, 42; a gestire l’attività illecita le loro conviventi: Manuela Ionela Nitu, 27, e Roxana Gratiela Gherghe, 23, entrambe rumene. Braccio destro di Agresti e Del Zio: Nicola Sgarra, 48, di Andria. L’organizzazione si avvaleva poi di un’articolata struttura territoriale. Per questo gli altri arresti sono stati eseguiti oltre che ad Andria (Giovanni Tota, 31 anni) anche a Barletta (Vincenzo Gorgoglione, 58 e Antonio Petruzzelli, 61). In carcere anche il rumeno Stefan Dumitrescu, 28 anni, residente ad Andria, ma domiciliato a Roma. Le zone interessate dall’attività illecita erano le principali arterie stradali di Andria, Barletta, Trani, Corato, Modugno e Palo del Colle. Decine e decine di ragazze rumene (alcune delle quali anche minorenni) costrette a prostituirsi per arricchire l’organizzazione criminale che non solo le gestiva ma le “possedeva” come se fossero una merce e, come tale, oggetto anche di compravendita. Giovanissime donne comprate nella loro terra d’origine (mediamente a 500 euro) portate in Italia, a Milano soprattutto, e da qui smistate in altre regioni a gente senza scrupoli che non solo le avviava con la forza alla prostituzione, ma poi le faceva vivere in stato di schiavitù nelle proprie abitazioni. A chi osava disobbedire veniva inflitta non solo una spietata violenza sessuale e fisica, ma anche la vendita ad altri “protettori”. Quasi impossibile per loro riuscire ad “affrancarsi” dal giro: il prezzo per la loro “liberazione” era altissimo e quasi nessuna era in grado di risparmiare una simile cifra. L’inchiesta nasce quasi per caso, nell’agosto del 2008, con una semplice denuncia di rapina da parte di una prostituta rumena. La ragazza raccontò ai carabinieri di essere stata avvicinata da un’auto con tre individui a bordo che le avevano rubato l’incasso della giornata. Da un riscontro fotografico la giovane aveva identificato uno dei rapinatori nella persona di Salvatore Agresti, perché conosciuto nell’ambiente della prostituzione come “protettore”. La stessa era stata in grado di fornire anche il nome delle “colleghe” protette da Agresti. Ed è stata proprio una di queste che, stanca delle continue violenze fisiche e morali, dalle continue minacce e vessazioni a cui era sottoposta, ha deciso di collaborare. Le prestazioni potevano arrivare a fruttare, se offerte in camere d’albergo, anche 120/130 euro. Ma la compravendita delle prostitute poteva rendere anche 10mila euro. Non solo, il corpo delle ragazze poteva essere utilizzato anche per compensare vecchi debiti, per cui il “creditore” invece che avere la restituzione del denaro otteneva la prostituta, non per una prestazione, ma per sempre. Alle ragazze che si prostituivano, soprattutto per poter aiutare i loro parenti rimasti in Romania, rimaneva meno di un terzo dei guadagni quotidiani, il resto veniva prelevato dall’organizzazione alla fine di ogni giornata. I “protettori” accompagnavano le ragazze sul “luogo di lavoro” e restavano lì fino a quando non venivano eseguite un determinato numero di prestazioni sessuali. Una volta finito “il turno di lavoro” le giovani donne venivano riportate a casa e qui rinchiuse fino all’indomani quando sarebbero state riportate sulla strada. Un’organizzazione che aveva intuito anche il mutamento dei costumi e per tanto si era adeguata: le ragazze venivano fotografate nude e in pose oscene e le immagini diventavano “merce on line”. Gli investigatori sono riusciti a risalire ad alcuni siti sui quali gli arrestati mettevano in vendita le prestazioni sessuali. A gestire la prostituzione “on line”, le conviventi rumene dei due andriesi a capo dell’organizzazione: erano la Nitu e la Gheorghe a inserire sul sito le connazionali “in offerta”, a tenere l’agenda degli appuntamenti, ma anche ad amministrare “la cassa” dell’organizzazione, nonché a reclutare dalla Romania coetanee disposte a venire in Italia, con la promessa di una vita migliore.