Perché Modugno non vola più?

“chi vale vola, chi non vola non vale”

chi ha tarpato le ali a Modugno?

Negli ultimi anni siamo addirittura arrivati al punto che qualche modugnese sogna, facendo venire gli incubi a tutti gli altri, la Modugno, “terra-terra” del 1947, quella antecedente la costituzione meglio scritta al mondo, non “la più bella al mondo”, come continuano a blaterare – poiché tutte le Costituzioni, come i figli, sono belle per la “mamma sua” –  ma quella scritta meglio (in Italiano!) perché la sua stesura fu affidata, su suggerimento di Palmiro Togliatti, al latinista, accademico dei “lincei”, nonché massone, Concetto Marchesi; ma questa è un’altra storia.

Parliamo di Modugno. Fino agli inizi degli anni 60’, cioè prima della “nascita” della “Area di Sviluppo Industriale” la nostra città era come tutti gli altri paesi del meridione d’Italia. Aveva un reddito derivante essenzialmente dalle attività agricole e scarse prospettive di sviluppo. Nel 1957 venne emanata la legge di proroga dell’intervento straordinario nel meridione d’Italia della “Cassa del Mezzogiorno”, con la quale venivano istituiti i Consorzi Industriali. Enti di pianificazione dello sviluppo ai quali venivano assegnate delle aree in zone strategiche del meridione che per la presenza di servizi, viabilità, manodopera e infrastrutture, esprimevano potenzialità di industrializzazione. Nel 1960 fu costituito, con la camera di commercio e la Provincia, il Consorzio ASI di Modugno e Bari, che avrebbe diffuso in tutto il territorio i positivi effetti economici/finanziari derivanti dagli indennizzi degli espropri delle aree destinate alla edificazione degli opifici industriali.  La maggiore concessione dei crediti necessari agli “industriali” e i mutui bancari – concessi alle sempre più numerose maestranze presenti nell’area per l’acquisto di alloggi il più possibile vicino al posto di lavoro – stimolò quella pianificazione urbanistica oggi contestata dai fautori della “decrescita felice”. Contestatori dello sviluppo che, ironia della sorte, vivono comodamente impoltronati in auliche dimore condonate, acquisite spesso con capitali ricavati da perdonate attività. Attività “predatorie” rese possibili proprio da quella programmazione urbanistica che oggi additano come facilitatrice di “speculazioni edilizie”.

Nei primi anni ’60 furono iniziati i lavori dei primi insediamenti industriali: le Fucine meridionali Breda, la manifattura dei tabacchi, lo stabilimento della Coca Cola, “la” Pignone Sud; ai quali si affiancarono subito dopo, la Philips, la Riv-SKF, la Fiat, la Alco Palmera – sul prolungamento dell’attuale via Roma (in attesa ancora di un accordo con Autostrade per realizzare lo sbandierato progetto del rondò all’incrocio con viale della Repubblica) – l’Osram, la Bosh, la Firestone senza sminuire l’apporto già consistente della Officine Calabrese che assicurava già da anni l’impiego e il reddito di numerosissimi modugnesi strappati al lavoro agricolo.

Lavoro e redditi che come nel filmato hanno portato Modugno, dal 1947 al 2018, ad essere, nel bene più che nell’inevitabile male, quella che è oggi.

Il filmato è stato elaborato utilizzando foto del Istituto Geografico Militare, di Google Earth, di dati Istat, del Ministero Economia e Finanze e della camera di commercio di Bari. I dati, ricavati su base nazionale e/o regionale, sono stati “ragionevolmente” adattati su base comunale.

P.S. Tutti gli errori rilevati e civilmente segnalati saranno tenuti in debito conto per future pubblicazioni. Grazie

La sapete l’ultima?

I modugnesi, come i contadini ignoranti nelle barzellette, vengono trattati come clienti buoni solo a sopportare le “pene” delle condanne.
Ai contribuenti modugnesi non vengono comunicati i pareri negativi formulati dai giudici amministrativi del TAR Puglia contro questa amministrazione. L’ultimo, speriamo non solo in ordine di tempo, è quello che ha visto condannare non gli amministratori comunali bensì tutti i contribuenti modugnesi al pagamento delle spese del procedimento, oltre all’onorario del legale designato da questa amministrazione a rappresentarci in giudizio.
Gli amministratori della cosa pubblica modugnese ci avevano “costituito” in giudizio contro la società “Habitat Costruzioni S.r.l.” che aveva presentato l’ennesimo ricorso contro questa amministrazione per vedere riconosciuti i propri diritti. Per maggiore chiarezza questo il link del TAR e quello della determina di conferimento incarico all’avvocato.
La vicenda che vede la comunità dei contribuenti modugnesi “soccombere” e pagare le spese dei vari ricorsi persi da questi amministratori, ha origini antiche.
Tutto inizia oltre 10 anni fa, con la volontà di un imprenditore edile locale di porre fine alle “interessate attenzioni” che subiva da parte di altri amministratori, politici e tecnici dell’epoca, che da tempo lo vessavano con richieste sempre più esose per porre fine agli “intralci tecnici” che impedivano, di fatto, la sua attività imprenditoriale. Per questo imprenditore, però, le indagini prima e gli arresti poi ai quali molti degli attuali imputati nel processo che ne è conseguito furono sottoposti, non gli hanno permesso di tornare a svolgere regolarmente la sua attività. Un altro “muro di gomma” gli è stato eretto intorno: le cavillose e capziose attenzioni riservate ai suoi progetti edilizi da parte dei responsabili all’urbanistica comunale nominati dall’attuale amministrazione. Cavillosità e capziosità sempre “condannate” dal Tar Puglia nelle sentenze sui vari ricorsi presentati dall’impresa.   

Non solo, anche in consiglio comunale sono state frapposte cavillose e capziose attenzioni alle legittime istanze dell’impresa. Vale per tutti il comportamento tenuto da un consigliere comunale del Pd locale –  in un consiglio  nel quale si discuteva proprio dell’oggetto dell’ultimo ricorso al T.a.r. vinto dall’impresa Habitat.

Il consigliere di opposizione, attualmente impegnato a proporre la sua persona come primo cittadino, inspiegabilmente soccorreva la responsabile del servizio urbanistica di questa amministrazione mettendole a disposizione la propria “memoria storica” riguardo alla vicenda; oltre a rimpinguare la scarsa documentazione in possesso degli uffici con vari documenti del suo archivio personale. Una “opposizione costruttiva” che ha permesso di rinviare per altri tre anni l’approvazione dello stesso progetto che oggi il T.a.r., ancora una volta, ha certificato essere legittimo.

Il 17 giugno scorso, i giudici del T.a.r. Puglia, nella loro sentenza, hanno assegnato, all’amministrazione, un termine di 60 giorni affinché provveda in modo espresso sull’istanza della società ricorrente Habitat (decorso inutilmente detto termine, nei successivi 60 giorni vi provvederà il Prefetto di Bari con tutti i poteri dei competenti organi di indirizzo politico e tecnici del Comune) e hanno “condannato”, tutti i contribuenti modugnesi, al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 700,00, oltre Iva, c.p.a. e rimborso del contributo unificato che vanno ad aggiungersi agli oltre 4.800 euro per l’avvocato difensore dell’ente.

In tutta questa vicenda il contribuente modugnese si sente come il cliente dell’avvocato nella barzelletta raccontata da Gigi Proietti, che chiedeva al suo difensore perché “se vinceva la causa a metterlo in c… all’avversario dovesse partecipare anche l’avvocato, mentre se perdeva sarebbe stato solo lui a prenderlo in quel posto”.

E infine la capra ha fatto il latte

Di “tim’b e frasch’c” se ne è buttato via molto in questi 7 anni di magra amministrazione ma l’altra sera, finalmente, l’attesa si è conclusa. Così dicono.
L’approvazione all’unanimità del bilancio preventivo, da qualcuno raccontata come un grande successo di mediazione politica, non è stata altro che la conseguenza di una diversa “dislocazione delle forze” in aula. Quello che non si è riuscito a fare in questi lunghi anni, caratterizzati da duri scontri verbali in consiglio comunale, è stato fatto l’altra sera quando, posto fine, di fatto, alla maggioranza numerica, il gruppo consiliare di “Modugno nel cuore” ha finalmente permesso a tutti i consiglieri di affrontare gli argomenti in discussione prescindendo dall’essere (sentirsi?) in maggioranza o all’opposizione.
La comune volontà di approvare misure di sostegno finanziario alle categorie più colpite dal “fermo economico” degli ultimi mesi, ha poi reso possibile discutere, pacatamente, degli emendamenti presentati negli ultimi giorni – due addirittura all’inizio del consiglio – e raggiungere l’accordo di presentarne solo uno come sintesi di tutti gli altri.
Il consiglio si era aperto con una eccezione procedurale presentata dal consigliere Vito Del Zotti, capogruppo del PD, che richiamava l’attenzione del segretario comunale su una questione alquanto importante relativa agli atti propedeutici all’approvazione del bilancio. Questione, non risolta, che Del Zotti ha assicurato  porrà all’attenzione degli organi superiori competenti.
Da quello che è possibile desumere visionando la lunga registrazione video, lo svolgimento di questo consiglio comunale – presumibilmente l’ultimo di questa amministrazione – ha reso evidente il “farsi in quattro” dei consiglieri, non solo per il loro impegno verso la città ma anche per la loro divisione in vista delle imminenti consultazioni elettorali. Da una parte quella, più corposa, guidata da Nicola Bonasia, unico gruppo ad aver visto approvata dal consiglio la proposta di utilizzare dei fondi, 30.000 euro, “scovati” nelle pieghe del bilancio “pre emendato”. A questo gruppo si contrappone, come ormai noto da tempo, quello che segue Fabrizio Cramarossa che, detto per inciso, non ha il gradimento del capogruppo Pd, Vito Del Zotti, ma ha fra le liste che lo appoggiano, quella del Partito democratico (mystery modugnese). Di Cramarossa la proposta, approvata, di accorpare in uno solo i vari emendamenti presentati, quello dell’assessore Banchino, quelli di Bonasia e di Panettella oltre al suo, denominandolo “Fondo di solidarietà per attività produttive”. Titolo lungamente discusso ma non approvato – Cramarossa non aveva i numeri dalla sua – visto che sarà indicato come “Fondo di solidarietà per il commercio e la piccola impresa – covid 19”, titolo poi approvato all’unanimità.
Il terzo schieramento è quello rappresentato dai quattro consiglieri di “Modugno nel cuore”, con a capo Maurizio Panettella, gruppo che fino all’altro giorno manteneva in maggioranza l’amministrazione. Per ultimo i consiglieri, in ordine sparso, che continuano a restare, immobili al loro posto, nell’ex maggioranza.
Nel suo intervento durante il consiglio, il sindaco Magrone ha voluto comunicare, non solo ai presenti ma all’intera città, il suo prossimo ingresso in ospedale per risolvere un problema di natura ortopedica. A lui va il mio augurio di pronta guarigione.

CSM? Nicola Magrone ne parlava già nel ’93

Negli ultimi giorni si parla insistentemente delle intercettazioni telefoniche che scuotono dalle fondamenta il “palazzo dei Marescialli”, sede del Consiglio Superiore della Magistratura.
Molti a Modugno non ricordano o, come i più giovani in particolare, non sanno che già nei primi anni novanta, alla vigilia delle stragi Falcone e Borsellino in maniera più soft ma in maniera molto più eclatante subito dopo, si parlava già dell’assetto poco “democratico” del C.S.M.
Una delle voci più critiche era quella del nostro concittadino Nicola Magrone, allora Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bari.
Insieme all’avvocato Raffaele Della Valle e al Magistrato Leonardo Rinella, in una conferenza stampa tenutasi a Milano il 1° settembre del 1993 e trasmessa da Radio Radicale, l’ex giudice Nicola Magrone espone gli stessi argomenti che ultimamente occupano le prime pagine dei giornali nazionali.

Quella che segue è la trascrizione di una parte della conferenza. (audio a questo link)
NB – Le voci degli intervenuti, ad eccezione, in parte, di quella del giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, Gustavo Delgado, sono poco decifrabili e nella trascrizione sono indicate con alcuni punti.

A seguito della domanda del giornalista Delgado prende la parola il magistrato Leonardo Rinella;
Ma vedi Gustavo il problema non riguarda soltanto il palazzo di giustizia di Bari ma riguarda molti palazzi di giustizia, ….riguarda ovviamente tutto il sistema generale, dobbiamo uscire, abbiamo fatto uscire noi magistrati, dalla logica della partitocrazia, della spartizione partitocratica i partiti, così dobbiamo essere capaci di farlo fra di noi, dobbiamo finire di fare una continua trattativa di scambio: io ti faccio un esempio, a Bari, a Bari concorrono come procuratori dalla Repubblica tre persone, faccio i nomi perché è storia non è che io rivelo niente, De Marinis, che è il più giovane e due più anziani, uno si chiama Montedoro e l’altro si chiama Barretta (?), uno in quel momento il procuratore dalla Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bari, l’altro è procuratore dalla Repubblica presso il tribunale di Matera, in quel momento De Marinis era procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Erano cioè tre procuratori della Repubblica, tutti nell’esercizio di funzioni di procuratore dalla Repubblica, De Marinis non era il più anziano. De Marinis però viene nominato procuratore della repubblica. Bene il Consiglio si è convinto che il più bravo dei tre è Michele De Marinis. Mi va benissimo.
Due mesi dopo, tre mesi dopo, Montedoro che era meno bravo di Michele De Marinis a fare il procuratore della Repubblica, diventa procuratore generale della Repubblica a Bari, cioè diventa il diretto superiore di De Marinis, la persona che era meno brava del suo inferiore diventa il suo superiore.
Barretta (?) che era persona meno brava di De Marinis a fare il procuratore della Repubblica, grado di Consigliere di Cassazione, diventa procuratore generale della Repubblica a Potenza, grado di presidente di sezione di Cassazione e allora qua qualche cosa ci dovete pure far capire, siamo noi che vogliamo capire, io non capisco perché voi fate le domande a noi che siamo fuori, tu vieni a fare la domanda a me per dire che cosa deve cambiare e io che non so niente, io che sono disperatamente solo, io che ho avuto notizia che, da questo collaboratore di giustizia, che mi volevano fare fuori, Annacondia, è successo il finimondo, hanno fatto processi, del caso mio non si sa niente.
Ma pensate se avessero voluto far fuori Maritati, Magistratura democratica si sarebbe schierata, attentati alla Costituzione, di me non glie ne frega niente a nessuno, non glie né fregato niente a nessuno, stai e continua a fare quello che vuoi.
Vittimismo? ma io, io sto un po’più zitto rispetto a Nicola Magrone perché sono più rassegnato. Ho capito dopo trentun anni, che non è possibile reagire senza farsi stritolare, l’ho capito, Nicola non si vuole ancora rassegnare a questo, …..ma sono a fianco di Nicola lo stesso,…certo, ma ogni tanto trovo anche io il coraggio di dire basta. Di dire basta e io ti devo dare le risposte come cambiare …
MAGRONE – e comunque vedi Gustavo questo fatto di risolvere il problema della procura di Bari così, ma lo vuoi risolvere togliendo me, perché io sono del vecchio regime? no scusate ma … no capisco, ..capisco… tu hai fatto la domanda che io ritengo, per me, oltre che intelligente, affascinante, perciò te ne do atto, ma voglio dire, fatta questa premessa sulla tua domanda, sul giudizio rispetto alla tua domanda, io voglio dire c’è questa grande attesa di qualcosa che cambi, come si risolve, come si cambia, come si fa ma mi permetterai, ma guarda che io alla Procura di Bari sono l’eretico da vent’anni. Se questa …palingenesi che tutti attendono e …questo cambiamento radicale … passa attraverso … allora prendiamo l’eretico lo sbattiamo fuori paradossalmente il momento in cui c’è la vittoria dei nuovi, la vittoria dell’eresia, Il momento nel quale le forze dell’eresia di ieri diventano forze di comando di oggi, non fanno altro che quello che facevano quelli, prendono l’eretico lo sbattono fuori. Io non lo so, io non lo so che meccanismo è questo, io sono d’accordo, ..(altre voci sovrapposte) ecco io sono d’accordo talvolta che va cambiato che va fatto…, per esempio un provvedimento che ci vuole per rasserenare, raffreddare, rendere più vivibile questa.. più funzionale è banalmente questo: i capi degli uffici siano temporanei, siano temporanei e siano a rotazione … Da noi un capo dell’ufficio costa in termini di conflitto, di bagarre, di lotte, di sconquassi, costano quanto l’elezione di una Giunta regionale, caro Gustavo Delgado.
Costano tanto e di più di questo e allora tu capisci, … tu mi chiedi cosa si può fare, non si può fare un appello alla buona volontà. Bisogna fare mettere in moto meccanismi oggettivi che spengano… le possibilità.
…(altre voci sovrapposte) no per me non si è creata perché …( altre voci sovrapposte) ..ma io io rivendico questo, guardate io rivendico questo, è vero che è giusto parlare io la mia è un’incompatibilità col Palazzo. …
…Questo è vero, è una incompatibilità col palazzo ma non con la città e con la comunità, vacci piano, no tu personalmente, come concetto. È un’incompatibilità sì, allora io dico e con la criminalità e questa sì, ma l’altra città quella che conta della quale tu fai parte … ad altissimo livello ed ecco quello sono incompatibile se mi permetti, ma voglio dire tutti i modi per risolvere questi problemi non passano attraverso, a mio parere, appelli alla buona volontà, c’è poco da fare la retorica io lavoro e non parlo, … io sono un cattedratico che non scendo nella mischia, no la miccia, invece, la miccia eversiva è stata posta proprio dal cattedratico che oggi non parla, abbi pazienza.. (altre voci sovrapposte) …ma guarda e ma è tipico nella storia … l’agnello sacrificale, ehh figurati, e questo è un meccanismo, è un meccanismo perfetto, il palazzo torna ad essere di vetro, costui è quello che ha reagito, ha parlato, ha protestato, accusato, e ha fatto.. lo togliamo di mezzo, la criminalità è contenta, tutto a posto, non è un caso che sarebbe contenta. Tutto a posto. Voglio dire come si risolvono, io mi importa questa tua domanda: quali sono le vie per risolverli; bisogna fare in modo che la valutazione su di me non sia per linee politiche.
La valutazione se io devo passare come una pecorella qualsiasi da consigliere di appello a consigliere di Cassazione, non sia frutto dell’arbitrio e dell’arroganza di chi dice non ti decido punto e basta.
Bisogna che l’assegnazione dei processi sia fatta in modo automatica, in modo controllabile, bisogna togliere la discrezionalità: questo lo fa Tizio, questo lo fa Caio, questo lo fa Sempronio. Si annida nel meccanismo la possibilità di tutto questo, è disposto qualcuno a fare questa battaglia?
Un po’come si diceva per il sistema elettorale no?
Non basta dire i partiti devono, così dicevano, io parafraso, non so non voglio dire se ero d’accordo o meno ma parafraso un’argomentazione, come si diceva non basta dire i partiti devono rinnovarsi bisogna fare, mettere in moto un meccanismo che li costringa a rinnovarsi.
Bisogna creare un meccanismo che obiettivamente gli impedisca di essere e di fare quello che sono e quello che fanno. Se tu togli a un procuratore della Repubblica poteri discrezionali di assegnazione, di avocazioni, se cominci a chiedere al Consiglio sei un pubblico ufficiale come tutti gli altri, hai il dovere di dare le risposte nei tempi giusti, non sei arbitro, non sei fuori dalla legge, sei il garante della legge rispettata dai giudici. I meccanismi vanno cambiati, i meccanismi, …le regole del gioco, non è possibile continuare a fare questa composizione anche degli organi di autocontrollo della magistratura per linee politiche; i gruppi, i partiti e così via, le correnti cinghia di trasmissione.
E io dove mi colloco.
Ma posso avere il diritto di dire che non mi colloco da nessuna parte?
Ma è ancora consentito, in Italia, dire non ho partito! è ancora consentito fare questo?
O è diventato una colpa che ti paga nel sangue una una responsabilità del genere e te lo dice uno che non rivendica a sé l’apoliticità della propria concezione del ruolo del giudice. Perché io rivendico invece la politicità necessaria, nobile dell’attività, non è giusto che tutti scattino alla stessa maniera di fronte a uno stupro, a una … violenza carnale C’è chi a colui al quale vibrano di più le corde, ci mette di più e queste sono le coordinate culturali, politiche, i punti di riferimento culturali che spingono poi gli individui e i gruppi a muoversi; ma è possibile ancora in Italia avere il diritto di sentirsi dire dal Consiglio superiore: tutti passano, tu no!, fai la battaglia alla criminalità, falla, non passi, falla ma non passi! è possibile sentirselo dire formalmente una cosa del genere?… in modo che io possa esercitare i miei diritti (altre voci sovrapposte) la rivendico, la rivendico, io sono stato dirigente nazionale di MD, io sono degli anni di Ottorino Pesce di Marco Ramat, sono un vecchio di MD. Solo quelli che poi sono scomparsi ma io la rivendico ma non sono affatto ostile rispetto ai nuovi, rispetto ai giovani, ma io dico, mi sono permesso di dire a qualcuno, questa insofferenza rispetto alle presenze eretiche di ieri, ma insomma avrebbero fatto fuori Pietro Ingrao, dal punto di vista politico per carità, non perché mi voglia paragonare, è per estremizzare, per fare un po’il barocco a mia volta.
Avrebbero fatto fuori Riccardo Lombardi, beh abbiate pazienza e io sono un giudice di Magistratura Democratica che ne è uscito perché non condivido il ruolo di cinghia di trasmissione rispetto a forze politiche ben determinate.
Sarà pur consentito ancora in Italia dire una cosa del genere o dire questo fa arrabbiare qualcuno che è il referente a livello di Consiglio Superiore. Sarà pure consentito.
Silone è morto disperato per questo.
Ignazio Silone è morto disperato per queste cose, perché rivendicava la possibilità e ha sempre detto io ero comunista, sono comunista ma non sono legato alla logica del gruppo e devo denunciare quello che accade. È possibile in Italia ancora denunciare questo? è possibile dire non si possono fare le riunioni per stabilire fuori dalle sedi istituzionali altro che io che parlo fuori dalle sedi istituzionali.
Si possono fare le riunioni dove si decide quale posto, qual è la carriera, qual è questo a livello di strutturazioni politiche. Sarà fastidioso, sarà odioso ma deve essere pur possibile ancora in Italia ritenere concepibile, legittimo, che qualcuno possa dire: scusate, se tu mi chiedi cosa penso su questo problema tu capirai da me qual è la mia opinione politica su questo problema.
Ma posso voglio dire se mi telefona un segretario di partito, di confederazione, di gruppo, di organizzazione.
Ah io mi ricordo, ve la voglio dire, mi ricordo tanti anni fa, proprio a Monza; mi ricordo, io ero pretore del lavoro, c’era un ricorso di …..di operai di una grandissima fabbrica in quegli anni, che fecero un ricorso per attività antisindacale. Io accolsi, vedi questo ricorso, era terribile. Mi raggiunse una telefonata di un segretario: disse va bene guardi giudice che quello è fatto per placare …il movimento, per dare uno sfogo istituzionale, però in realtà lasciamo perdere, se no diventa così… mi permisi di dire: ma guardi che se hanno ragione gli do ragione. Ma guardi che se hanno ragione io gli do ragione.
Capisci la logica del collateralismo.
..Prestati, prestati a fare da sponda a dinamiche politiche perché ora ci serve frenare, dare un’impressione di soluzione. Ho fatto questo esempio per dire è possibile in Italia ancora praticare questo?
E .. io posso stare alla Procura della Repubblica di Bari, al Tribunale di Bari, e passare, uscire, camminare; vedo a destra una riunione di M.I. buongiorno – buongiorno; vedo a destra una riunione di M.D. buongiorno ossequiali, per carità perché c’è un motivo storico; passo davanti a Unità per la Costituzione, dico arrivederci arrivederci e andarmene per conto mio, io posso ancora farlo?
Posso farlo questo? ecco benissimo. Pare di no, Gustavo, pare di no. Allora il problema, secondo me, sta proprio non negli appelli, queste sono manifestazioni di pseudo serietà istituzionale, se mi permetti, io non rispondo, io non leggo i giornali, quando sarà sarà già, ma io non posso farlo questo.
Perché io non posso dire la risposta te la darà l’istituzione, perché io sono in mare aperto, io non ho il referente che mi fa dare risposte e quindi la devo dare io.
Io sono per .. la guerra a Bari per esempio: ma vi siete chiesti voi, tu che sei di Bari, che sei un autorevole espressione dell’informazione, abbi pazienza ma non era la guerra di Bari, … la guerra a Bari, Il caso Bari, il palazzo dei veleni di Bari da quando è diventato Magrone?
(altre voci sovrapposte)
No scusa, abbi pazienza Gorgoni, tu che sei di Bari sei un attento osservatore e conoscitore anche delle lotte, dei fenomeni criminali perché li segui, li inseguì addirittura, ma scusa il caso Bari ero io?
(altra voce) Dovrebbe essere un caso lungo vent’anni.
(Magrone) no scusa eh no il caso Bari di cui ci si occupa negli ultimi tempi ero io?… prego a ma ma non ero io però per… mi fai una domanda per non dirmi se ero io?
(altre voci sovrapposte)
Ti dispiace se si registra da qualche parte non se se mi fai questa cortesia certificativa …che non ero io…. (l’intervista continua)

Per chi vuole è possibile, ascoltare, a questo link, l’intera registrazione audio di circa 100 minuti effettuata da Radio Radicale.

Cosa ci ha ridotto così?


L’Italia ha fatto la storia ma gli italiani non la conoscono. Occupiamo la zona a più alto valore strategico d’Europa ma ne rimaniamo ai margini, scalzati ora anche dalla Turchia!. Abbiamo migliorato l’agricoltura del mondo antico e non sappiamo più raccoglierne i frutti; realizzato il più grande sistema viario che il mondo avesse mai visto e lo regaliamo a chi lo rovina. Non conosciamo la geografia e non sappiamo neanche cosa sia la geopolitica. Festeggiamo lo sbarco a Marsala del 1860 e non ci chiediamo perché fu “protetto” dalle navi inglesi; molti fischiettano l’Aida e non pensano al canale di Suez – all’epoca dell’avventura garibaldina già in fase di costruzione e ultimato nel 1869 su progetto di un ingegnere italiano. Canale che da allora la “perfida Albione” controlla per proteggere i propri traffici dall’oriente per l’Inghilterra e di arricchire le tante loro banche londinesi di “Lombard Street”, la strada dei “Lombardi”. Lombardi, così venivano chiamati i tanti banchieri italiani che già dal XII secolo, a Londra, come in tutte le maggiori città europee, gestivano banche e assicurazioni, insegnavano ai barbari come si “prestano” i denari. Italiani erano i primi artisti del conio delle monete; e italiani erano anche gli inventori del “signoraggio”, la percentuale di metallo prezioso trattenuta di diritto da chi “batteva” le monete. Abbiamo, noi italiani, prima ancora che ci fosse l’Italia, inventato la partita doppia e le assicurazioni su traffici marittimi; le banche e le cambiali; gli assegni e le note di credito; abbiamo insegnato al mondo intero come rendere fruttifero un prestito senza applicare l’interesse vietato dalla chiesa. Il Fiorino di Firenze, lo Zecchino veneziano o il Genovino, erano le uniche monete che riempivano d’oro i forzieri di tutta l’Europa che commerciava e pagava le tasse ai re. Sono stati i francescani italiani a inventare i Monti di Pietà, superando le resistenze ideologiche dei Domenicani stranieri. Era italiana la banca Ricciardi che nel 1294 fallisce a causa di regnanti “malpagatori” come Filippo il “bello”, il rapinatore e sterminatore dei Templari, ed Eduardo I di Inghilterra. Sovrani tanto indebitati da non poter restituire i capitali presi in prestito e utilizzati per le loro guerre che requisiscono i beni dei loro finanziatori italiani.
Qualcuno, per scherzo, ha calcolato che se oggi Elisabetta II dovesse restituire il maltolto (ovviamente con gli interessi) dovrebbe “vendersi” i due terzi della nazione inglese compresa l’Irlanda del nord. Erano i banchieri italiani che in quei secoli controllavano l’economia mondiale.
Eppure tutta questa maestria, dei banchieri prima e poi di tutti gli italiani degni di questo paese, nella finanza globale, non è bastata ad evitare che l’Italia sprofondasse nell’enorme indebitamento attuale.
La domanda che più di altre oggi ci poniamo è: cosa è successo all’Italia e agli italiani?
Le risposte date in questi anni sono tante. La più indigesta per la maggioranza al potere?
Questa: nel 1860, con lo sbarco garibaldino finanziato dai banchieri savoiardi e “protetto” dall’interesse albionico, s’è “fatta l’ITAGLIA” nazione da allora governata solo dagli ITAGLIANI peggiori.