Chi ha paura di Pippi Mellone?

A sinistra si autosospendono dal Pd, altri ancora, sempre dello stesso partito, prendono le distanze dalle dichiarazioni del presidente regionale “simpatizzante” del sindaco di Nardò. La nomenclatura della destra salentina, dopo la sconfitta alle provinciali causate dall’appoggio al campo avversario effettuato dal succitato sindaco, lo vede come un sasso nell’occhio.

Lui, Pippi Mellone, continua a mietere risultati positivi per la sua Nardò. Ha abbattuto un ecomostro ultradecennale; vieta il lavoro in campagna nelle ore più calde; mobilita 35 milioni di euro per rifare la città. Contraccambia l’amicizia extrapolitica di Michele Emiliano mentre continua a portare avanti tesi di destra sociale e apprezza, contemporaneamente, le rivendicazioni del movimento 5 stelle.

Qualcuno sa rispondere alla domanda iniziale?

TOMBE PROFANATE A NETTUNO, IL TRICOLORE SULLA BARA E IL SILENZIO CODARDO DELLA POLITICA

(Articolo su “Il Primato Nazionale del 11/9/21)

Roma, 11 set – Il silenzio della politica italiana sulla profanazione delle tombe al Campo della Memoria di Nettuno è l’emblema di una nazione che ha perso il senso della pietas e con essa i più basilari mores. Profanare tombe è forse l’atto più esecrabile, perché vigliacco, macabro e al contempo privo del benché minimo rispetto dei defunti. Chi compie tale atto è da sempre considerato ripugnante, fuori dal contesto civile. Ma soprattutto, se scoperto, ne paga le conseguenze in termini etici più che penali. Gli scudi che si sollevano di fronte al sacrilegio restano nella memoria di chi è chiamato a conservare quell’humanitas che ben poco ha a che fare con il vago concetto moderno di umanità, bensì fa rima con la magnitudo animi infranta dagli odierni villani che cantano e decantano esasperati individualismi.
Quel silenzio codardo sulle tombe profanate a Nettuno
Colpisce dunque, ma non stupisce che i politici italiani restino silenti, immobilizzati di fronte a una cortina di silenzio da loro stessi eretta con pervicace codardia. Soltanto CasaPound, a ben vedere, ha alzato davvero la voce. Nessun altro partito, perché? E’ forse l’ignavia del chiacchierone, colui che non perde tempo a pronunciarsi su risibili questioni – sovente con ridanciana insipienza – senza viceversa cogliere mai il nesso dell’architrave che regge la nostra civiltà. Ordunque tace quando non dovrebbe e parla quando dovrebbe tacere. Noncurante, quando non totalmente dimentico, della magistrale lezione di Foscolo.
L’essenza identitaria di una qualsivoglia patria, da difendere, riaffermare o riconquistare, china la testa di fronte ai propri caduti. Ne sente allora la voce, l’anima, la forza, il sangue. Certo, si può eleggere ad esempio un defunto piuttosto che un altro, si può tracciare una linea di demarcazione atta a elevarne le differenze comportamentali. C’è però una barriera inviolabile, fortezza di marmo, foglie verdi, fiori bianchi e bacche rosse. Lì si tace e posano rami di corbezzolo, come nell’ode del Pascoli.
I nostri sepolcri e il tricolore
A Nettuno chi ha violato le tombe dei caduti della Rsi ha compiuto un gesto orribile, ma in qualche modo le istituzioni che non lo rimarcano, trincerandosi in un imbarazzante no comment, sono altrettanto deplorevoli. Deorum manium iura sancta sunto, scriveva Cicerone nel De legibus, riportando una celebre espressione latina poi ripresa proprio in un’epigrafe dei Sepolcri. “I diritti degli dèi Mani siano sacri”, ovvero le anime dei defunti saranno per sempre intoccabili.
Ieri qualcuno a Nettuno ha sputato pure sui corpi di quei morti. Eppure è come se quella profanazione tracciasse l’ennesimo solco, fra chi ha dato la vita per l’Italia e chi la odia. Tra chi ci parla ancora di onore e coraggio, e chi ha svenduto se stesso al mercatino della miseria umana. Osservate bene quel tricolore sulla bara gettata a terra, senza rabbia, senza livore. Osservatelo con la fierezza di chi non si è arreso e continua indicarci la via, perché ora più che mai, è in piedi.
Eugenio Palazzini

IL CONSIGLIERE PIERINO LOSOLE SCRIVE AL SINDACO BONASIA

Lettera aperta :

* a Nicola Bonasia Sindaco del Comune di Modugno;

* al Gruppo Whatsapp Conferenza Capigruppo;

* a tutti quanti interessati alla tutela del patrimonio storico/culturale e architettonico/urbanistico della nostra Città, che è e rimane “cosa di tutti e non di pochi intimi” 

Modugno (BA), addì 03-09-2021

Caro Nicola Bonasia – Sindaco di Modugno e, quindi, anche “mio” Sindaco, come spesso e più volte ripetuto – ancora una volta sento il “diritto-dovere”, quasi elevato ad “obbligo” – sia istituzionale (in veste di libero – molto libero – consigliere comunale in carica) ma, soprattutto, da semplice, comune “libero cittadino”, che vive la nostra Città da oltre settant’anni – di intervenire su argomenti storico/culturali e architettonico/urbanistici che riguardano, molto da vicino, il tanto vituperato patrimonio immobiliare nell’ambito del Centro Storico Cittadino.
E tanto – anche se irritualmente direbbero quelli “bbbuoni” a tre “B” e non con rituale interrogazione e/o altro – proposto nella più spontanea tranquillità di sempre, dettata soprattutto dalla consapevolezza di dover adottare il semplice buon senso dell’uomo della strada.

Da tempo, quasi immemorabile, stiamo assistendo al degrado sempre più evidente – quasi al limite della irreversibilità – di particolari edifici storico-istituzionali che, nel tempo, hanno segnato veramente il “passo” per la nostra Città e per coloro che ancora oggi la vivono.

Un “passo” segnato con tanto di specifica caratterizzazione cui non è possibile – in particolare per chi ha la mia età – non fare riferimento. E, al proposito, ecco qui di seguito due emblematici esempi che, nel tempo, rappresentano fedelmente la realtà cittadina:

a)- Come si può pensare di rinunciare alla civiltà, relegando nell’insano dimenticatoio umano, la storia dell’ex “Cine-Teatro Santa Lucia” – per l’appunto in quel di Via Santa Lucia – e, nello stesso tempo, apprezzare nella sua essenza emozioni e contenuti del film “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, con tanto di “Morriconiana” colonna sonora !?! E come si può restare inermi di fronte allo scempio di “quel” raro esempio di architettura d’epoca, quasi ridotto a rudere urbano che, da un momento all’altro, potrebbe anche collassare!?!

b)- Come si può far finta di non vedere né di osservare le condizioni di avanzato stato di degrado in cui versa lo storicissimo Palazzo Scarli in quel di Piazza del Popolo – anche antica sede notarile (Notaio V. De Felice e Notaio E. Cardinali) dove sono stati rogati, sino alla prima metà degli anni settanta, tutti gli atti pubblici di trasferimento di beni immobili ricadenti nel nostro Comune – e, nello stesso tempo, vantarsi di una “Modugno Millenaria” che, nello stesso tempo, dimentica un vero e proprio “monumento storico” di oltre cinquecento anni, che altre realtà, sicuramente, ci invidiano !?! Peraltro, un vero e proprio “gioiello” elevato a “simbolo” della nostra Città, da tutelare e preservare – anche con la eliminazione delle cosiddette tante “superfetazioni” – senza stravolgerne natura, essenza, ratio e quant’altro di intoccabile né alterabile o, più nel concreto, adulterabile.

Pertanto, caro il mio Sindaco, “grande capo” della nostra comunità, chi o che cosa aspetti, a farti promotore di iniziative serie – (lasciando perdere “vedette” d’altri tempi e… quant’altro) – afferenti, per esempio, seri investimenti nell’acquisto di edifici del valore storico- architettonico da restituire senza se e senza ma, alla Città !?! E tutto ciò prima ancora che, proprio quegli edifici di cui ai precedenti Punti “a)-” et “b)-” – se pur vincolati dalla Sovrintendenza – possano comunque diventare ambite “prede” di famelici “voglie” – e diciamo soltanto “voglie” – particolarmente suggerite dal gran dio denaro.

Carissimo Nicola, anche mio Sindaco, non tenere conto del fatto che le proposte sin qui formulate – se pur in maniera molto semplicistica e inconsueta, ma altrettanto decisa – siano state avanzate proprio dall’ultimo (in ordine cronologico) dei Consiglieri comunali in carica e, peraltro, di Minoranza od Opposizione che dir si voglia. Piuttosto rivolgi forze, attenzione e risorse (da ricercare in maniera opportuna sui canali istituzionali) ai contenuti delle proposte come prima esposte, guardando oltre – molto oltre – e al di là di ogni e qualsiasi formalismo dettato da schemi di facciata. Molto spesso – più che “schemi”, scheletri o paradigmi – legati ad anacronistiche quanto fantasiose congetture pseudo politiche, determinate da meri interessi di bottega, di bassa (molto bassa, anzi bassissima) macelleria anche mediatica, quasi sempre camuffate da una lesa maestà d’altri tempi senza testa né coda.

Nella speranza che si possa fare buon uso dei suggerimenti proposti con la presente, non rimane che porgere un cordiale saluto e arrivederci, per affrontare argomenti seri, qualificati e qualificanti, in nome e per conto di coloro che “diciamo” di rappresentare.

Modugno (BA), addì 03-Settembre-2021

Pietro Losole – per tutti e, semplicemente: Pierino

FACEBOOK HA GIÀ PERSO STRADA

È passato solo un giorno e le belve tastierizzate hanno già dimenticato Gino Strada.

Ma chi era davvero costui? Per ovviare alla donabbondiana domanda, è senz’altro utile il ritratto che ne fanno quelli che lo conoscono davvero; come Cesare Mevoli.

“Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando faceva parte negli anni ’70 all’Università di Milano dei picchiatori di sinistra del gruppo Katanga, gli stessi che colpivano tutti coloro che si opponevano alle loro proteste con la famosa chiave inglese di 45 centimetri, la Hazet 36.
Strada era soprannominato “Katanga” per il suo attaccamento alla causa, ed era il capo del Gruppo Lenin (un nome, un programma) che si distingueva anche rispetto alle altre formazioni teppiste e terroriste di sinistra per il rigido inquadramento ideologico e la lotta senza quartiere contro i fascisti, veri o presunti che fossero.
È con colpi di Hazet 36 che morì Sergio Ramelli, vittima di un agguato degli amici di Gino Strada e lasciato sul bordo della strada con la materia cerebrale che colava sull’asfalto.
Quei tempi e quella sinistra facevano talmente schifo (forse anche più di adesso, in quanto uccidevano con arroganza e impunità) che, quando durante una seduta consiliare del Comune di Milano si sparse la notizia che Sergio Ramelli era morto dopo diversi giorni di agonia, dai banchi della sinistra si levò un fragoroso applauso.
Questo basta a comprendere la caratura morale, prima ancora che politica, di quel tipo di personcine.

Io di Gino Strada ricordo soprattutto il forte attaccamento al problema immigrazione, quello che per anni, insieme ai suoi amici trafficanti delle Ong, ha garantito a sé stesso e ai suoi cari un lauto foraggiamento, cash a volontà.
Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando in una intervista su La7 disse: – dobbiamo pensare ai poveri africani, fanculo agli italiani, stanno fin troppo bene, non sento minimamente di appartenere a questo popolo di idioti –
Io di Strada ricordo questo e tanto altro.
Lascio a voi i post smielati e le lecchinate, io non ci riesco proprio ad essere falso”.