Respira, respira…

di Valentino Di Persio

Se ti senti sola,
smarrita, delusa, abbandonata,
affacciati al balcone
e sorridi.
Guarda lontano
laggiù verso il mare
e sorridi.
Respira,
respira e continua a sorridere.
Sorridi al cielo, sorridi al sole,
sorridi ai fiori, agli uccelli in volo,
Sorridi alla vita che ti si muove attorno,
al bambino che rincorre la palla
alla mamma che gli grida “Stai attento!”
al vecchietto che incede incerto
al cane che se la prende col gatto.
Respira,
respira ancora più forte
per dominare le tue emozioni
e sorridi ancora
e t’accorgi allora
che tu della vita ne fai parte integrante
che tu della vita ne sei espressione importante.

II° trofeo ASC di calcio Medici con l’Africa- Cuamm-­ edizione 2014-­2015

Martedì 21 ottobre, alle ore 11.30, nella sala Giunta di Palazzo di Città,

verrà presentato alla stampa il progetto sportivo denominato “II Trofeo ASC di Calcio MEDICI CON L’AFRICA”– edizione 2014- 2015, ideato ed organizzato dall’ente di promozione sportiva Comitato Provinciale A.S.C. BARI in collaborazione con Medici Con L’Africa(CUAMM BARI); quest’ultima è la piu’ antica o.n.g. italiana che opera nel continente africano, al fine di dare supporto alle popolazioni  con  un  sistema  sanitario carente e/o inesistente e che è presente in 7 paesi dell’Africa a Sud del Sahara, in Angola, Etiopia, Mozambico, Sud Sudan, Tanzania, Uganda e Sierra Leone.
Dopo il debutto dello scorso anno, l’iniziativa sportiva giunta alla seconda edizione, quest’anno fa un ulteriore passo avanti, aderendo al Progetto Wolisso (Etiopia) e realizzando così un connubio tra sport e solidarietà. All’incontro con la stampa interverranno l’assessore comunale allo sport, Pietro Petruzzelli, e al Welfare, Francesca Bottalico, il Presidente di Medici con l’Africa(CUAMM BARI) Dott. Renato Laforgia ed il Presidente Provinciale ASC BARI, Franco Cuccovillo. Grande attesa a Palazzo di Città per l’intervento del Primo Cittadino DE CARO.
Il “II Trofeo ASC di Calcio MEDICI CON L’AFRICA” avrà inizio martedì 21 Ottobre 2014 alle ore 20.00 presso il Centro Sportivo Olimpic Center.
La manifestazione sportiva è patrocinata da: Comune di Bari, Assessorato allo Sport, Ministero dell’Interno e delle Politiche Sociali ed infine da Confcommercio.

Il Presidente Regionale ASC PUGLIA Avv. ELENA CUCCOVILLO

 

Modugno – Comunicato del PD

Preg.mo Commissario Prefettizio Dr. Mario Rosario Ruffo Modugno, 17 ottobre 2014

Ill.mo Commissario,

il Partito Democratico di Modugno si rivolge a Lei per rappresentare gli insostenibili disagi connessi allo svolgimento del mercato settimanale del venerdì nella zona di via Salvo D’Acquisto e strade adiacenti.
Condizioni precarie di sicurezza e igiene, che ledono il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere e salute di svariate centinaia di famiglie ivi residenti.
Dopo aver apprezzato gli innumerevoli sforzi da Lei posti in essere per la risoluzione di questa annosa vicenda, anche mediante la rapida acquisizione dell’area di Via Di Cristo,  auspichiamo un suo ulteriore intervento affinché in tempi brevi venga posta definitivamente la parola FINE al perdurare di questa situazione di disagio.
Confidiamo nella sensibilità degli ambulanti ad accettare serenamente lo spostamento nella nuova area sita a poche centinaia di metri dalla precedente, ma non possiamo non affermare quale valore primario e irrinunciabile il diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini residenti in quel quartiere periferico del Comune di Modugno.
Ringraziandola sin da ora per tutte le iniziative che vorrà assumere, siamo a porgerLe distinti saluti.

Con ossequio

Tania Di Lella                                                                              

Coordinatrice Circolo PD Modugno

Il Santa Lucia non sarà demolito

BENI CULTURALI A MODUGNO: SCONGIURATA L’IMMINENTE DEMOLIZIONE DEL TEATRO SANTA LUCIA

La Soprintendenza verso il riconoscimento dell’interesse culturale del bene, chiesto mesi fa da Nicola Magrone in qualità di sindaco
Sospesi i lavori di demolizione dell’ex Cinema Teatro S. Lucia, memoria culturale della città, per l’accoglimento della richiesta di Magrone alla Soprintendenza affinché fosse preservata una delle poche testimonianze storiche rimaste nella città di Modugno.
ITALIA GIUSTA SECONDO LA COSTITUZIONE aveva lanciato l’appello: “SALVIAMO IL CINEMA TEATRO S. LUCIA, una delle poche testimonianze superstiti a Modugno dell’architettura dei primi del secolo scorso, un edificio in stile Liberty da decenni ormai in stato di degrado. Non siano distrutte ancora una volta le tracce dell’identità della città di Modugno”.
E proprio in forza della richiesta fatta dallo stesso segretario di Italia Giusta, Nicola Magrone, in qualità di Sindaco, nel marzo scorso, è arrivato lo stop al cantiere aperto per realizzare, al posto dello storico immobile, un edificio per residenze e uffici. In una delle vie più martoriate – a causa del traffico e degli allagamenti – del centro urbano modugnese e in particolare del centro storico deliberatamente immolato in 15 anni di applicazione di norme illegittime per produrre solo architettura dolente da periferie.
Il Responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Modugno ha, infatti, sospeso il Permesso di Costruire che avrebbe distrutto l’ex Cinema Teatro. Una sospensione disposta (si legge nel provvedimento) perché “il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia – ha comunicato di aver avviato […] il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale del bene in oggetto”. Come da richiesta, formalmente inoltrata il 19 marzo 2014, dall’allora sindaco Magrone.
Nella nota della Soprintendenza si spiega anche che da ora “qualsiasi intervento sull’immobile in questione dovrà ottenere la preventiva autorizzazione” della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e che “Il Sindaco è invitato a vigilare affinché non siano intraprese iniziative che possano pregiudicare la salvaguardia del bene”.
L’Amministrazione Magrone, parallelamente all’iter avviato per la tutela dell’edificio inaugurato nel 1931, aveva anche cercato un’intesa con l’attuale proprietà dell’immobile per comprendere se vi fossero margini di azione per salvare la struttura e tentare di recuperarla alla sua antica funzione culturale. Una trattativa, peraltro favorita dalla volontà di collaborare manifestata dall’imprenditore, che è stata però interrotta, insieme con molte altre attività della giunta Magrone, dallo scioglimento dell’amministrazione comunale provocato dalle dimissioni simultanee di 13 consiglieri comunali.
Testimonianza architettonica di pregio e memoria culturale della città, il “Cinema Santa Lucia” fu edificato nel 1930 e inaugurato il 13 dicembre del 1931 per volontà del Cavalier Pietro Di Nanni. Sorge in territorio modugnese nell’area di espansione quattro-cinquecentesca detta “suburbio”, ed è incastonato tra via Santa Lucia, via De Malderis, via Montenero e via S. Alfonso. Fu aperto al pubblico per più di un trentennio fino agli anni Sessanta, in un’epoca che coincise con il “periodo d’oro del cinema”, con funzione anche di teatro. Durante gli anni della guerra e del dopoguerra, oltre alla proiezione di filmati di vario genere, vi furono allestiti spettacoli sul filone di “Polvere di stelle” a cura di compagnie teatrali di fama nazionale.
Il disegno della facciata del cinema-teatro, lungo via Santa Lucia, in sobrio stile liberty,  riecheggia  quello del Teatro Petruzzelli di Bari e, come documentato in una cartolina postale degli anni Quaranta, era impreziosita da particolari architettonici dei quali oggi resta ben poco. Mentre l’interno dell’edificio presenta tuttora le caratteristiche tipiche di una sala cinematografica, dalla sala adibita a platea con pavimento inclinato verso il palcoscenico alla galleria a balconata gradonata con ballatoi laterali.

Un comunicato di IGsC

Yari Carrisi Power, un personaggio di cui la storia non potrà farne a meno.

Ricordo di aver letto da qualche parte che “La modestia deriva o dal non conoscere il proprio valore o dal fingere di ignorarlo”.

 

Il personaggio di questa intervista, stranamente, potrebbe rientrare in entrambe le ipotesi. Mi viene persino da pensare che lui, del proprio valore artistico, ne fosse intimorito a tal punto da non volerlo confessare neppure a se stesso. Parlo di Yari Carrisi Power, un personaggio del quale, suo malgrado, la storia non potrà farne a meno. L’idea di intervistarlo mi è venuta all’istante nel leggere un suo commento ad un articolo  (leggi) che lo vede simpaticamente protagonista insieme al suo famoso padre, AlBano.

Nel messaggio su FB gli prometto, senza esserne troppo convinto, che avrei evitato di fargli rispondere alle solite domande abusate sui suoi famosi genitori, improntando invece, l’intervista sul Yari artista, silenzioso e discreto, refrattario al pettegolezzo ed al gossip. L’intervista si è svolta nel cuore della Roma trasteverina, dapprima al Bar all’angolo e poi, per eccesso di frastuono, sul terrazzino panoramico all’ultimo piano di un palazzetto d’epoca, attuale sede del Centro Buddihista Kadampa Mahasiddha, per gentile concessione della sua altrettanto famosa madre, Romina Power. Durante il colloquio, molto amichevole ed informale, è emerso man mano un personaggio di grande spessore, un uomo, un musicista raffinato di grande sensibilità e d’immensa cultura, acquisita direttamente alle fonti nel suo continuo peregrinare per lungo e per largo attraverso i cinque continenti, alla costante ricerca di conoscenze filosofiche ed antropologiche sulla musica per risalirne, in una sorta di indagine metafisica, al fondamento ultimo ed al suo principio primo universale.

Allora Yari, a quale musica ti rifai e da quale genere ti senti maggiormente influenzato?

Mi rifaccio più che altro a quello che mi va. Musicalmente non seguo nessuna scia, suono quello che mi da emozioni, altrimenti non riuscirei. Non me la sento di affermare che il Rock sia alla base della mia musica. Posso invece affermare che la mia formazione musicale ha attinto a due diverse culture, quella europea e quella africana. Personalmente considero l’Italia ancora parte dell’Africa cui era unita prima della deriva dei continenti. Sento nel vento, nello scirocco che soffia dall’Africa, il suono del Blues, quel mix magico di musiche europee ed africane, esportate in America dai pionieri europei e successivamente dagli schiavi africani. La loro sapiente sintetizzazione ha dato nel tempo forma al Blues che dall’America ci è rimbalzato di riflesso.

Il Jazz, il Blues sono ritenuti tra i generi musicali più colti. Credi siano ancora possibili evoluzioni epocali nella musica?

Credo di si. La musica evolve continuamente perché è viva. Ho studiato antropologia musicale, ovvero le diverse ragioni che spingono l’uomo a far musica, dalla danza alla spiritualità, ai racconti storici delle tribù. Vi è stata una forte influenza tra le persone che fanno musica nelle varie regioni del pianeta. Questo mi affascina moltissimo e mi piace scoprire sempre cose nuove come, per esempio, che il Reggae sia un mix di musica indiana ed africana sviluppatosi in Giamaica nel periodo espansionistico della cultura Rasta, che in Sanscrito, significa “la strada”. Negli anni ’90 feci una scoperta straordinaria. A Kathmandu, alloggiavo in una guest-house a un dollaro al giorno. Sotto la mia finestra, che si affacciava sugli antichi templi, la sera si radunavano dei musicisti. Uno di loro mi regalò una musicassetta che presto ascoltai in un mangianastri, fedele ed inseparabile compagno nei miei viaggi. Quell’aggeggio aveva la particolarità di poter riprodurre un nastro a velocità variabili. Mi accorsi, con stupore, che se ascoltavo quella cassetta lentamente la struttura del ritmo assumeva le caratteristiche del Reggae, mentre aumentando la velocità acquisiva la struttura ritmica/melodica del Flamenco. Facendo delle ricerche scoprii che una prima forma di Reggae era nata nelle prigioni giamaicane, popolate perlopiù da indiani e Gipsy. Addentrandomi ancora di più nella materia, scoprii che le comunità gitane originarie erano partite dall’India, dal Gujarat, per spostarsi verso ovest. Molti stanziarono nell’Europa dell’Est mentre altri, attraverso il nord Africa, raggiunsero la Spagna dove influenzarono notevolmente i gusti musicali locali con i loro canti, il Flamenco, che nella filosofia gitana è considerato un inno alla libertà ed indica l’eterno migrare degli uccelli.

Quindi, le varie forme musicali oggetto dalla distillazione di più generi può essere definita musica globale!

In linea di massima è cosi, ma non vanno trascurate quelle che sono e restano le realtà locali. Per esempio, trovo straordinarie le musiche di alcune tribù nomadi pigmee del Camerun. E’ molto affascinante il loro modo di vivere e quello che loro fanno. Non hanno un capo vero e proprio, però ad un certo punto sentono che è arrivato il momento di spostarsi, di partire, il momento di andare da un’altra parte. Loro non dispongono di strumenti musicali, raccolgono bastoncini per terra che poi usano per riprodurre suoni fantastici con l’ausilio degli elementi messi a disposizione dalla natura che li circonda. Accompagnano i loro canti con lo “spanking”, lo “sculacciamento” delle acque dei fiumi creando ritmi stupendi in cui le voci modulate in specifiche tonalità, creano delle vere e proprie sinfonie. La particolarità sta nel riuscire ognuno a fare con la propria voce un salto di ottava toccando due note ad un ritmo e ad una cadenza ben precisa che va ad incastrarsi con quella dell’altro creando così delle melodie intrinseche che intrecciandosi a caso, creano una giungla sonora davvero straordinaria.

A maggio, durante un concerto di tuo padre nella Sala Palatului di Bucarest, ti sei esibito davanti ad una gremitissima platea, con il brano “Lungo le Strade”, del quale hai scritto la musica su testo di Lorenzo Cherubini. Sono frequenti queste collaborazioni oppure quella con Jovanotti rappresenta un’eccezione?

La collaborazione con Lorenzo risale ad alcuni anni fa. Mi trovavo in una sala d’incisione per la registrazione di un disco (Eye Sea U – ndr). Nello studio accanto registrava anche Jovanotti. Un mio amico regalò al suo fonico il mio disco. A Lorenzo piacque molto e s’innamorò subito della mia musica. Iniziammo così una fitta collaborazione durata circa due anni, piena di buoni propositi e floride prospettive. Poi i nostri contatti si interruppero improvvisamente se
nza una ragione ben precisa. Un giorno il suo manager mi telefonò dicendomi che il momento era un po’ difficile e che il progetto sarebbe rimasto in stand-by.  

Cosa successe dopo?

Nulla, ci rimasi malissimo e per la delusione entrai in una sorta di crisi. Anche perché avevo investito tutti i miei risparmi in quella operazione, fallita non certo per colpa mia.

Ti sei fatto un’idea dell’accaduto? Voglio dire, ti sei chiesto perché Jovanotti ebbe un ripensamento?

In quel periodo la mia famiglia era al centro d’un gossip sfrenato. Forse Lorenzo ritenne controproducente quel gran casino mediatico. Per me non fu uno scherzo vedermi vanificare anni di lavoro a causa di altri. Allora è un ambiente nel quale non so se riesco a lavorarci. Mi piace pensare che le ragioni del ripensamento di Lorenzo siano state altre e più valide.

La partecipazione ai concerti di tuo padre è diventata una costante da qualche tempo. Com’é maturata questa decisione?

Non lo so. So che mi ha invitato a cantare. Ero di ritorno dall’India amareggiato per essermi lasciato con una mia fidanzate durante il viaggio. Ci siamo ritrovati in aeroporto con lui e con tutta la sua Band. Ero giù, mi sentivo maledettamente giù, distrutto. Mi sono stati vicini in modo corale, hanno fatto del tutto per consolarmi, per farmi guardare oltre. Mi restava però dentro il fuoco musicale. Siccome stavo scrivendo tanti pezzi ho considerato compatibile e provvidenziale la proposta di mio padre. Sentivo intorno a me tanto amore sincero da parte della sua Band, che considero quasi miei familiari, miei fratelli e sorelle, ci conosciamo da quando sono nato. E poi nello stare vicino a mio padre c’è molto da imparare.

Per esempio?

Da lui ho imparato e mi ha trasmesso molto, la facilità di viaggiare, di partire e di ritornare. Con mio padre e mia madre era un continuo peregrinare sin da quando io e Ylenia eravamo piccoli. Negli anni ’70, prima che Cristel e Romina jr  nascessero facevamo delle lunghissime tournée in Spagna e in Sud America che duravano mesi. Si viaggiava su grandi Land Rover fino a oltre sette ore al giorno per arrivare in tempo nel posto dove si facevano le serate. Si cantava fino a tarda notte, si dormiva qualche ora e poi si ripartiva di nuovo. Proprio come…

Nomadi?

Si come loro, come degli zingari ma facendo musica. Poi AlBano che cantava come cantava e come nessun altro ancora riesce a fare, insomma, tanta musica. Da lì ho capito cos’è un artista.
Un padre ed una madre come maestri di vita?
Certamente si. Tutti conoscono Albano e Romina come quelli che hanno vinto Sanremo, la coppia felice, però nessuno conosce il lato Bohémien della loro storia, che poi è stato anche il mio lato, quello che più mi ha influenzato, che mi ha formato. C’era molto Rock, molto Blues, molto Rhythm and Blues, in tutti i loro aspetti. Un Rock pulito perché non c’erano droghe di mezzo o altre schifezze. Vita sana, cibo buono ed era come vivere in campagna pur essendo in tournée.

E poi?

E poi il tempo passa, si cresce, si cambia e con noi cambiano anche le cose e accade anche quello che non dovrebbe mai succedere.
Ti riferisci alla scomparsa di Ylenia?
Si, ai primi di gennaio 1994. La sua scomparsa è legata  ad un viaggio a New Orleans con tutta la famiglia alcuni mesi prima. Laggiù Ylenia fece conoscenze che non avrebbe dovuto fare, poi ci ritornò e sappiamo tutti quello che è successo. E’ un gran peccato perché penso che se fosse andata in India, in Himalaya, per lei si sarebbero aperti  degli orizzonti più vasti, più consoni al suo modo di essere. Questo è stato per me uno dei più grandi dispiaceri. Penso che un viaggio in India le avrebbe fatto un gran bene. Ylenia, purtroppo, era andata in una zona molto diversa, molto meno sviluppata culturalmente e filosoficamente rispetto all’India.

Era alla ricerca di elementi per un libro, non è così?

Esatto, però è stato un errore, è come se doveva succedere. Io ero andato a cercarla nel Belize, ero lì. Lei è sparita il 4 gennaio, io già da Natale ero in Sud America. Volevo farle una sorpresa. Affittai un piccolo aereo ad elica per andare da lei a Hopkins Village. Pioveva quel giorno. La cercai dappertutto e finalmente incontrai una signora che la conosceva. Mi indicò la capanna in cui abitava ma poi ad un tratto mi disse -No aspetta! E’ partita ieri, è andata in Messico.- Ylenia era effettivamente andata in Messico e da li aveva continuato per New Orleans. Ho perso mia sorella per un pugno di ore. ( Mi dice Yari dice volgendo il suo rammarico lontano sopra i tetti di Roma, lassù verso il Gianicolo).

Pensi che Ylenia  possa essere da qualche parte?

Potrebbe essere ancora viva. Non c’è nessuna ragione per credere l’opposto, non c’è stata nessuna prova ne in positivo ne in negativo. Perché credere che sia morta, solo perché non ci ha contattati?

Come vede il futuro Yari?

Lo vede in costante cambiamento: una volta che ti sei abituato a qualcosa è già cambiata. Insomma, un futuro lungo… con tante piccole bolle.