Le spine del cardo

Dopo un “bisindaco” inamovibile e un sindaco “Highlander” rimasto alla fine “solo uno”,

Modugno si ritrova ad avere come sindaco quello che, stravolgendo una frase del compianto Don Nicola Milano, sembra un “cardo selvatico che irto e solo s’erge, signore di Modugno”.
Se i suoi predecessori “brillavano” per qualche iniziativa ritenuta “oscura”, al sindaco attuale imputano l’oscura teleconduzione di brillanti annunciatori consiliari.

Nicola Magrone viene visto, dalla minoritaria rappresentanza consiliare, come l’onopordum illyricum (onoporno maggiore – che se lasciato crescere indisturbato si impadronisce di tutto il terreno, creando inattraversabili giungle) e affermano che, proprio come il suddetto cardo, politicamente, concede solo radici, foglie, coste, midollo del fusto, capolini e qualche profondo quesito. Come quello che impegna da giorni l’intera politica modugnese: ma secondo voi quelli che hanno dichiarato in un comunicato stampa che il “già parlamentare e oggi Sindaco affida la mera lettura di scarne e scarse proposte di provvedimenti, (di testi preconfezionati), a teleguidate signorine buonasera”, lo hanno fatto “con tutto il rispetto per la figura femminile”, sì o no? È dal 23 aprile scorso che si parla solo di questo ed ad essere sinceri non se ne può più di discutere su “quanto sia greve e sessista apostrofare come signorina buonasera la più giovane di tutti i consiglieri” mentre si ha netta, invece, la sensazione che tutta la discussione sia un artificio per distogliere l’attenzione da quanto i consiglieri di minoranza affermano nel comunicato e cioè:
– i consiglieri assenti il 16 aprile avevano già espresso, in una comunicazione protocollata alcuni giorni prima, le loro perplessità in merito ad alcuni provvedimenti dell’amministrazione;
– il conseguenziale sfaldamento della maggioranza;
– che è per questo che Il 16 aprile la maggioranza non aveva i numeri per riunirsi;
– i provvedimenti all’ordine del giorno del 16 aprile, propagandati dal sindaco come strumenti di moralizzazione urbanistica, sono adempimenti richiesti da una legge regionale che ne impone l’adozione e che potevano essere già adottati da tempo, senza costi per la comunità;
– che data l’inconsistenza dell’azione amministrativa la coalizione del sindaco non è in grado di governare la nostra città;
– la pomposità autoreferenziale della propaganda pagata con soldi pubblici ha del ridicolo;
– e che speriamo tutti che da quel ridicolo non venga ricoperta la città intera.

Fra le prerogative che ognuno ha vi è quella di non rispondere alle domande e il sindaco lo sa bene; ciò non toglie però che la carica che ricopre prevede l’onere di rispondere, personalmente, agli interrogativi di carattere politico che gli vengono posti; tanto, in ogni caso, sempre spine di cardo saranno.

Quattro ore per dire che sono d’accordo

Questo è il tempo che ci hanno messo per “dichiarare” di essere d’accordo;

certo negli ultimi minuti c’era ancora chi veniva informato di non aver capito e chiedeva se per questo motivo dovesse ritenersi “deficiente” ma, alla fine, grazie alla “piacevole” ripetizione di quanto già detto dal sindaco, i rappresentanti della maggioranza sono riusciti a spiegare finalmente in modo chiaro due cose essenziali: 1° che nella dismessa cementeria l’amianto c’era e c’è ancora e 2° che le tonnellate di amianto portato via “forse” non sono state asportate con i giusti criteri di sicurezza; ed è su quel “forse” che si è discusso a lungo. Il consigliere di maggioranza Ragnini, primo firmatario della richiesta di un consiglio comunale che discutesse del caso cementeria, proponeva nel suo atto di indirizzo (alla fine ritirato con unanime approvazione) la sospensione dell’abbattimento della fabbrica fino all’accertamento della regolare procedura dei lavori di demolizione.
In un primo momento l’atto di indirizzo proposto dal consigliere Ragnini sembrava non dovesse essere accolto in quanto non protocollato nei tempi utili (tre giorni prima), ma grazie alla benevola intercessione del sindaco che, pur rimarcando l’irritualità della procedura, si diceva favorevole a tale tardivo accoglimento, è stato possibile per il “verde” consigliere comunale leggere in aula, a beneficio del pubblico e dei consiglieri presenti (tutti), il suo “atto di indirizzo”. Sicuramente incoraggiata dalla indulgente concessione al consigliere Ragnini anche la sua collega Longo ha presentato un atto di indirizzo non preventivamente protocollato, senza per questo incorrere nella reprimenda della presidenza.
La relazione in premessa di tale atto di indirizzo, successivamente adottato e fatto proprio dall’intero consiglio comunale, è apparsa subito, anche ai meno attenti, frutto di una lunga ricerca svolta da più persone e che ha potuto contare sull’apporto autorevole di professionisti che hanno potuto raccogliere le informazioni (quelle non misteriosamente sparite) presso gli uffici di varie amministrazioni.
Molto significativa l’enunciazione da parte del sindaco della sua ferma volontà di non procedere alla formalizzazione di una ordinanza sindacale per il blocco dei lavori di demolizione dei manufatti della cementeria, non essendo serio il chiedere di bloccare tali lavori dopo che le precedenti amministrazioni ne avevano concesso le varie autorizzazioni; ed è proprio questo riferimento alle vecchie amministrazioni che è diventato il tema sotterraneo, oscuro della discussione: noi ci siamo da poco, l’amianto c’è sempre stato mentre un vostro assessore addirittura ha detto il contrario e lo ha detto in un modo per cui è stato necessario consultare la maggior parte della letteratura italiana per capire cosa avesse detto – a questa ironica tirata ha fatto il paio un’ironica enunciazione di auguri sull’utilizzo di un fantomatico “tesoretto”, ammonticchiato dalla presente amministrazione che potrebbe essere usato per l’acquisto dell’area della cementeria per poi trasformarla in un parco urbano.
Il parco: altro argomento sul quale sono tutti d’accordo e unanimemente ne auspicano la realizzazione; salvo poi dibattere, contrapponendosi sui due fronti, sul come realizzarlo. Il sindaco dice – e molti della maggioranza piacevolmente ripetono – che è possibile determinare, da parte della sua amministrazione, il cambio di destinazione urbanistica dell’intera area o quanto meno usare tale prospettiva come forte argomento di contrattazione in un futuro incontro con la proprietà della cementeria, ed invece, dall’opposto schieramento, si avanzano dubbi sulla fattibilità di quanto più volte asserito ma sono d’accordo che è una “pensata” intelligente
Tutti sono d’accordo che l’amianto c’è; tutti sono d’accordo sul fatto che “forse” i controlli sui lavori di smantellamento sono inadeguati; tutti sono d’accordo che bisogna fare il parco; tutti sono d’accordo sull’utilità di discutere su tutto questo; ma è proprio necessario riunirsi ed impiegare tanto tempo per dirsi d’accordo?

Chi ringraziano per l’elezione

Alla vigilia della rivoluzione del 1789 la situazione finanziaria della Francia è disastrosa. La monarchia spende a piene mani per la corte, l’esercito e la burocrazia e si indebita sempre più con i banchieri; inoltre il deficit si è aggravato a causa del sostegno militare del paese alla rivoluzione americana. Sarebbe necessaria una riforma del sistema tributario per costringere i maggiori proprietari fondiari, l’alto clero e la nobiltà a pagare le tasse dalle quali sono completamente esentati in virtù di antichi privilegi. Ancora più necessaria sarebbe la riforma del sistema di riscossione delle tasse, estremamente deficitario; l’esazione delle gabelle è infatti appaltata ad un’istituzione privata controllata da finanzieri francesi e svizzeri, raramente onesti e le provincie e i territori sono molto diversificati economicamente fra loro a causa di privilegi e diritti concessi dai vari sovrani. Sostituendo, come in un gioco da tavolo, Francia con Italia, monarchia con partiti, corte con parlamento, gabellieri con Equitalia e territori con regioni a statuto speciale, possiamo dare inizio a Le divertissement” dell’ipotizzare la data con cui sostituire quella del 1789 e confermare così il pensiero di Blaise Pascal: “L’unica cosa che ci consola dalle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie”.

Eredità di quella rivoluzione, che sembra non aver cambiato nulla, è la divisione in sinistra, destra e centro dello schieramento politico nelle aule parlamentari d’ogni dove.  Divisione in rigidi schieramenti che non permettono di schierarsi fra favorevoli o contrari ad un provvedimento. Si approva o meno un provvedimento, una proposta tenendo conto solo della “zona” di appartenenza del proponente. Si spera sempre, oggi come allora, nella buona volontà dei nuovi arrivati nelle aule parlamentari ma, come sempre, anche negli ultimi arrivati vince il senso di riconoscenza verso chi ha permesso loro di entrare in quelle aule: il partito, lo schieramento nel quale gli è stato concesso di candidarsi. Non si finisce mai di discutere di legge elettorale, continuamente si promette di dare agli elettori la possibilità di scegliere chi votare ma si continuano a proporre meccanismi elettivi che prevedono essenzialmente ed esclusivamente la possibilità di votare persone comprese in un elenco determinato dai partiti. Non esiste perciò assolutamente la possibilità di votare chi vogliamo, possiamo scegliere solo fra i nomi elencati nelle liste elettorali compilate dalle segreterie dei partiti o da associazioni locali ed organizzazioni, più o meno politiche, che durano solo il tempo necessario per presentarsi alle elezioni.
Eredità negata invece della rivoluzione francese è il suffragio universale (allora solo maschile, dati i tempi) che prevedeva una procedura elettorale a diversi gradi, nella quale i deputati nazionali non erano eletti immediatamente. Gli elettori si riunivano per aggregazioni locali (parrocchie) e in tale sede redigevano un proprio “cahier de dolèances” inoltre, sulla base del numero di famiglie, designavano uno o più delegati alle assemblee territoriali. Qui durante un’assemblea preliminare venivano sintetizzati in uno solo i diversi “quaderni di doglianza” e si sceglievano quelli che oggi potremmo chiamare i grandi elettori che in una fase successiva nominavano i deputati agli stati generali. Altro che il porcellum voluto dai nostri porcari.

C'è chi parla di panettone e chi invece…

La celebre frase “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche” (se non hanno pane, che mangino brioche!)

– erroneamente attribuita alla decapitata Maria Antonietta d’Austria – sembra fare il paio con quella di Enrico Letta “mangeremo il panettone, anche l’anno prossimo”. Detta con ingenua ironia, in una situazione di grave crisi come l’attuale che non ha niente di meno negativo di quella che determinò l’esecuzione pubblica della regina consorte di Luigi XVI in Francia, lascia però un livido sulla faccia dei tanti italiani che in questi giorni manifestano nelle piazze impugnando attrezzi agricoli normalmente impiegati in lavori più utili. Parlare di panettone quando c’è chi ha problemi per approntare un pasto per i figli denota leggerezza d’animo, mancanza di problemi, sicurezza per un meraviglioso futuro determinato da un roseo presente pieno di cenoni e pranzi pagati con i sacrifici di chi non arriva alla seconda settimana di ogni mese e che all’anno prossimo sperano solo di arrivarci. Oggi come ieri chi governa, molto spesso, perde i contatti con la realtà di ogni giorno e conferma il popolare detto: il sazio non crede a chi digiuna. Con il loro comportamento hanno talmente perso credibilità che ogni loro gesto di solidarietà viene visto con sospetto dai “governati”: perché ora? che ci guadagna? queste sono le domande che la gente rivolge a chi vuole rispondere. Grazie al Cielo non sono tutti uguali. Un noto personaggio politico locale che, come risulta ai meno distratti, da anni contribuisce ad alleviare il disagio di molte famiglie modugnesi in difficoltà, anche questo Natale, aiutato dalla consorte, sta organizzando alcune iniziative di solidarietà che prevedono “fatti” concreti e non vuote chiacchiere; se qualcuno solo oggi se ne accorge (e sospetta chissà che) è solo perché il numero delle famiglie in difficoltà è purtroppo aumentato e non è più possibile agire operando “in silenzio e nell’ombra” e tale comportamento è già una risposta ai soliti malpensanti. Copiamolo.

Italia che vai, paese che trovi

Molti pensano all’Italia come il ‘BelPaese’, della natura, della cucina, delle tradizioni, della cultura. Tutte caratteristiche molto simili e molto varie allo stesso tempo per chi viene da fuori, ma se si avvicina come con una lente d’ingrandimento, si accorge della varietà di caratteristiche. E’ inutile negare che l’Italia soffre tutt’oggi del male che l’affligge da secoli e cioè della frantumazione che ha subito in passato a causa della divisione geografica (ricordiamo il periodo degli ‘Staterelli’) e nell’epoca contemporanea per il federalismo fiscale, una sorta di ritorno al passato, di individualismo economico-politico il cui fulcro verte comunque a Roma.
In tutto questo però ognuno fa la sua parte, nonostante i problemi di budget attanagliano ogni Regione, dove più e dove meno. E devi starci in un posto per poter capire, vedere, confrontare, per poter uscire dai luoghi comuni e dalle etichette. Proverbiale la volontà dell’Emilia Romagna che nonostante il terribile terremoto che l’ha colpita, risorge orgogliosamente con una forza d’animo come poche, in fatto di rimboccarsi le maniche fin da subito e riaccendere i motori dell’economia, senza stare tanto ad aspettare la manna dello Stato. La Sicilia è l’ esempio di una terra che nonostante i suoi antichi problemi socio-politici, non disdegna di mettersi alla prova, facendo leva su una natura, un clima, su una cucina squisiti. Innovative le strutture che oltre che fare da ‘bed and food’, fanno da intrattenimento per i turisti, offrendo loro un caffè sulle terrazze di antichi palazzi, il cui personale conversa con loro piacevolmente, mettendoli a un po’ a conoscenza della storia del posto e della gente. Il turista alla fine ne rimane contento, rallegrato e con piacere lascia una piccola mancia (specialmente gli stranieri).  Un nuovo modo di fare impresa che soprattutto i giovani hanno ideato, per uscire dalla crisi e valorizzare il proprio territorio. Alla base di tutto però c’è la cordialità e l’accoglienza, non solo determinata da un sicuro guadagno: se si pensa che se chiedi un’informazione stradale qualcuno è disposto addirittura ad accompagnarti per indicarti la strada, anche se non ti conosce o, un altro ti regala degli agrumi, quando avresti voluto comprarli, come ha fatto il signor Giuseppe Triolo che possiede l’azienda agricola ‘Arance di Poggiodiana Ribera’. Quando torni a casa e rifletti, pensi al fatto che tante piccole iniziative potrebbero essere attuate, se solo la lenta burocrazia lo volesse, ma anche se solo la gente lo volesse. L’osservazione è il cannocchiale che ci permette di mettere a fuoco quelli che sono i nostri pregi e difetti, i nostri punti di forza e quelli da rafforzare. Un fatto è certo però: ciò che fa da biglietto da visita del nostro territorio siamo noi stessi. Il nostro fare gentile, anche se le cose non vanno, conta, anche perché non è sempre colpa del vicino, del cliente, del salumiere, del collega, ma spesso di una predisposizione positiva o meno che si assume nei confronti della vita. Non è sempre tutto bianco o tutto nero, ma ci sono tante sfumature che possono divenire colorate, se solo noi a volte lo volessimo