Come se avessero assistito ad un’opera buffa di Molière o a una di quelle mise en scène del teatro parigino della “Comédie Italienne”, il cui motto fin dal XVII secolo è “castigat ridendo mores”. Insomma una arlecchinata, realizzata e interpretata ad arte. Per come siamo ridotti dovremmo piangere, invece molti si lasciano andare a ridanciani commenti o a video rivendicazioni alla “è tutto merito nostro”. Quello dell’ultimo consiglio comunale non era uno spettacolo comico, un’opera satirica o un musical hollywoodiano finalizzato al “correggere i costumi ridendo”. Era un dramma, la rappresentazione tragica del disvelamento del come vengono determinate e rispettate le linee politiche del consiglio comunale. La recita di una tragedia nella quale, fra l’altro, non c’era niente di preparato, di studiato, di concordato; c’era tanta improvvisazione ed impaccio. Non una farsa quindi, dalla quale trarre qualche utile insegnamento, per “correggere” quel «familismo amorale» di cui scrive Edward Banfield in “Le basi morali di una società arretrata”, che da sempre impedisce lo sviluppo della coscienza civile, uno dei cavalli di battaglia elettorale di Nicola Magrone, dal quale, come previsto, è stato disarcionato.
Quello al quale si è assistito in consiglio comunale era la rappresentazione del tragico epilogo di una scelta politica. Danilo Sciannimanico, Maurizio Panettella, Maiullari Teresa e Priore Innocenza, quattro anni fa, scelsero di affidare all’attuale sindaco il compito di promuovere e sviluppare, fra i modugnesi, una diversa coscienza civica. Già dal motto della lista elettorale, «Per Modugno, Magrone», era chiara la motivazione della loro scelta: individuavano nell’allora ex sindaco Magrone, l’unica personalità in grado di far riemergere Modugno dal fango della palude nella quale era stata portata dagli amministratori precedenti. Una scelta politica frutto di una giovanile ignoranza sui trascorsi politici del sindaco Magrone che ha sempre massimizzato per sé i vantaggi delle sue elezioni a discapito degli interessi di chi lo votava. Magrone, da sempre, antepone la salvaguardia della propria immagine al bene della collettività, spesso considera quest’ultimo una alternativa, ed è inutile dire che sceglie sempre la prima. Per questa ragione accentra su di sé tutte le decisioni dell’amministrazione pubblica lasciando, invece, credere agli assessori di averne la delega. Instillando, così, nell’opinione pubblica, dubbi sulle loro capacità se non addirittura sulla loro correttezza ed onestà.
Cosa avverrà ora? Cosa farà Magrone? Facile intuirlo, lo ha già fatto nell’ultimo consiglio comunale quando ha accusato il consigliere Panettella di essere, forse, portatore di chissà quali oscuri interessi. Ripetendo, così, quello che fece nel 2014, quando accusò (solo accusato, mai provato) di mai chiarite nefandezze politiche i 13 consiglieri comunali, molti della sua stessa maggioranza, che firmarono da un notaio, come è previsto dalla legge, le dimissioni che lo rimandarono a casa. Facile prevedere, quindi, quello di cui saranno accusati nei prossimi giorni l’assessore Sciannimanico, il consigliere Panettella e chiunque altro oserà metterlo in discussione; sarà un altro siparietto comico. Del resto in molti, a Modugno, sono ormai adusi a raffrontare queste commedie magroniane con quanto veniva rappresentato nel film di Monicelli con Alberto Sordi, “Il marchese del Grillo”. In particolare quando il protagonista “ridendo” ribadiva la propria posizione dominante con un «mi dispiace, ma io sò io e voi non siete un cazzo».
E mo continuate a ridere.