MODUGNO, ARTICOLO UNO

DEMOCRATICI e PROGRESSISTI

E così anche a Modugno si rilevano le prime adesioni a ARTICOLO UNO DEMOCRATICI e PROGRESSISTI. Si tratta – come è noto – del movimento lanciato a livello nazionale da Speranza, Bersani, Gotor, D’Alema e altri che, non riconoscendosi più nella “linea” imposta da Renzi al Partito Democratico, hanno ritenuto di collocarsi al servizio della comunità nazionale con un nuovo programma e una nuova linea di presenza nell’opinione pubblica e nella politica. Il richiamo all’articolo uno è il richiamo alla nostra Costituzione, alla Democrazia e al Lavoro, questioni assai neglette dalla gestione renziana del PD e dal suo governo. E non poteva essere altrimenti.
Di fronte alla crisi economica che investe il nostro Paese (ma anche tanti altri nel mondo occidentale), alla crisi dei partiti che molto poco hanno fatto per la salvaguardia delle nuove emergenze democratiche, il PD avrebbe dovuto costituire il baluardo più solido per evitare almeno disgregazione sociale, derive plebiscitarie e populistiche. Così, però, non è stato. E così non è stato nonostante le “mazzate” subite alle elezioni regionali, alle amministrative, al referendum del 4 dicembre sorso. L’impressione, anzi, che si è avuta è stata quella di “pratiche” da archiviare il prima possibile giacché fastidiose e intralcianti il cammino tumultuoso e borioso di un Capo, un uomo solo al comando, che non bisognava tormentare e contrariare con idee o, peggio, approfondimenti e riflessioni. Il risultato del 4 dicembre scorso, che verrà annoverato come data da menzionare negli annali e nei testi di storia anche dei giovani studenti, invece di rappresentare il momento di una seria analisi sul sentimento maturato dagli italiani, messa repentinamente nel faldone la pratica, ha visto il Capo profondersi in una strategia, miles gloriosus, tesa ad esasperare vieppiù l’animo di dirigenti, parlamentari, categorie sociali e cittadini, ricorrendo anche a mimica e insulti plebei. Incurante, peraltro, delle accuse rivoltegli – in tutta l’attività a capo del governo e del PD – di familismo, di rapporto privilegiato con la grande imprenditoria, di essersi circondato di un cerchio magico chiacchierato e pasticcione. Tanto per dirne alcune.Ora che il dado è tratto, che un movimento, ARTICOLO UNO, si è dato vita e che, con ogni probabilità, altro accadrà ancora dopo il 30 aprile (le cosiddette primarie del PD), è opportuno dire due cose sulla vicenda politica nazionale di questi ultimi tre anni.
La mia opinione – in sintesi – è che si è inteso concepire il ruolo di Capo di un partito e di governo, al lordo di leopolde e lingotti, come quello di un uomo che deve saponificare tutta una comunità. Con i suoi sentimenti, la sua militanza, la sua storia, la sua struttura organizzativa e organizzata.
Una comunità che ha assistito sbigottita, anche nelle sue componenti assenzienti, a interlocuzioni ridondanti e verbose tese a magnificare un operato i cui risultati si sono visti, appunto, col 4 dicembre; interlocuzioni condite da un investimento improbabile e proditorio in una operazione di marketing contro Massimo D’Alema clamorosamente ritortasi contro.
Se Enrico Letta non ha più rinnovato la tessera, se Rosy Bindi ha confermato di non essere interessata a questo PD, se, specie in quest’ultimo triennio – quello renziano per intenderci – migliaia di militanti e dirigenti hanno abbandonato il campo, se milioni di cittadini non partecipano e non votano più, una ragione ci sarà pure ed è ora di cercarla insieme, anche con l’aiuto di Vittorino Andreoli e Paolo Crepet. Che ne dite?

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