che affermano di essere contro
le variazioni alla costituzione si astengono dagli usuali e consueti appelli al voto rivolto ai giovani. A questa costituzione, che nei suoi quasi 70 anni di esistenza, ha definito e regolamentato la tipologia delle istituzioni governative, va attribuita anche la responsabilità del livello qualitativo della formazione politica e comportamentale degli italiani. La classe politica nazionale che difende lo status quo determinato dall’impostazione dell’attuale legge costituzionale, si guarda bene dal chiedere il voto a chi oggi soffre maggiormente il fallimento del loro operato, i giovani, e sperano che non vadano a votare.
Le prerogative, le limitazioni e i poteri che la costituzione assegna al parlamento e al governo nazionale ha ristretto il campo degli indirizzi e conseguentemente delle scelte politiche offerte agli elettori. La limitata autonomia dell’esecutivo rispetto al parlamento, e del capo del governo rispetto ai partiti, voluta dai costituenti del ’48 per impedire il ripetersi di fenomeni “dittatoriali” nel nostro paese, ha reso tali istituzioni facilmente influenzabili dai cosiddetti “poteri forti”, facendo rientrare dalla finestra tutto quello che anche il “pericolo buttato fuori dalla porta” combatteva.
I difensori del no, responsabili di gran parte del disastro che obbliga i giovani italiani a cercare lavoro all’estero, evitano di chiamare al voto chi non vede alcuna prospettiva di sviluppo nel proprio paese e deve lasciarlo per trovare lavoro. I deboli governi post costituzione del ’48, hanno reso insignificante, a livello europeo, il peso dello stato italiano. L’ormai settantenne “costituzione più bella del mondo”, (sarebbe stato meglio se fosse stata solo efficiente come le altre) limitando l’autonomia delle istituzioni in un ristretto ambito operativo determina, da allora, anche se indirettamente, l’andamento macroeconomico del paese, stabilendo di fatto una subalterna inferiorità dello stato italiano nei confronti dei partner europei, che la maggiore autonomia decisionale dei loro governi agevola nello sviluppo della loro economia.
Governi deboli contro i forti, ma oppressivi con i deboli, sui quali far ricadere il peso maggiore della propria inefficienza, aiutati dallo stravolgimento del concetto di democrazia. Da “governo del popolo”, nel quale il popolo è il soggetto attivo del proprio governo, governano come fa il pastore che governa il gregge, hanno trasformato il “popolo governante” in “popolo da governare” , una massa di pecoroni.
I politici che nelle aule parlamentari hanno votato a favore della riforma costituzionale e oggi chiedono, incoerentemente, di votare no alla stessa legge, insieme ai 5 Stelle e a chi come loro ha votato no anche in aula, non se la sentono di chiedere ai giovani di votare per mantenere tutto com’è ora.
Il “movimento grillino”, tipico di chi saltando “or di qua, or di là si posa”, oggi si è posato sul no perdendo l’occasione per iniziare quell’opera di rinnovamento istituzionale tanto richiesta dai giovani che ingrossano le sue fila. Protestare senza assumersi la responsabilità di cambiare quello che determina la protesta è un modo diverso di governare il popolo pecorone. Loro come gli altri, non possono chiamare i giovani a votare no e continuare a non fare niente per migliorare le loro aspettative; dovrebbero rinnovare promesse non mantenute, rispolverare ideali traditi, giustificare i loro fallimenti. Chiamare i giovani al voto metterebbe a repentaglio la loro permanenza in quei centri di potere che hanno permesso, se non proprio voluto, il malessere delle nuove generazioni. Oggi i giovani, che non sono una categoria immutabile nel tempo (si è giovani per un limitato periodo della vita, tutti sono stati giovani) non vivono più la loro gioventù come un periodo denso di aspettative, di sogni, di progetti; non sperano più. Solo i giovani italiani di oggi non staranno meglio dei loro genitori domani.
L’attuale situazione economica del Paese, ritenuta a dir poco precaria dalla maggioranza degli italiani, è stata determinata dalle intermediazioni politiche a cui i presidenti del consiglio che si sono succeduti dal 1948 ad oggi hanno dovuto sottostare per ottenere la fiducia nei due rami del parlamento, camera e senato. Doppie intermediazioni politiche ed innumerevoli accordi pesantemente influenzati dagli interessi non sempre legittimi dei partiti ai quali chiedere il “permesso di governare in loro nome” il popolo bue.
Interessi che anche oggi influenzano i due schieramenti referendari, quello per il no come anche quello per il sì.
Anche l’attuale proposta di variazione della legge costituzionale, alla quale siamo chiamati a dare un parere nel prossimo referendum, è frutto di equilibrismi e mediazioni non sempre svolte nelle aule del parlamento. Proposta che è stata approvata dalle due camere con percentuali molto vicine al 60%. Chi oggi chiede un voto coerente con quanto votato in aula è meritevole della fiducia degli elettori. Chiedere di votare no, insieme a chi in aula ha votato no è coerente. Votare no perché si ritiene insufficiente o poco importante quello che si vorrebbe cambiare; votare no perché ben altro andrebbe cambiato; votare no perché lo chiedono D’Alema, Bersani, Brunetta, Fini, Salvini e i tanti ascari, cresciuti e “pasciuti” con questa costituzione, non ha alcuna coerenza con il lamento che da più parti si rivolge contro costoro.
Un esempio di coerenza alternata più vicino alla situazione politica locale.
Votare no alla riforma costituzionale sarebbe come dare una patente di coerenza politica anche all’ex deputato Nicola Magrone, oggi strenuo ed indefesso sostenitore della immutabilità della “costituzione più bella del mondo”. L’attuale sindaco di Modugno, eletto alla camera dei deputati nel 1994, nell’allora collegio uninominale n° 28, si iscrisse inizialmente al gruppo misto della camera e successivamente, 14 giorni dopo, al corposo gruppo dei “Progressisti – Federativo”, presieduto da Luigi Berlinguer.
Nella sua breve (25 mesi) permanenza fra i banchi di Montecitorio (dove si recava usufruendo della collaborazione di Vito Del Zotti, all’epoca suo sostenitore, oggi suo oppositore come capogruppo Pd in consiglio comunale) Nicola Magrone, fondatore e massimo esponente di Italia Giusta secondo la Costituzione ha partecipato alla presentazione di 52 progetti di legge, dei quali ben 7 di riforma costituzionale (in uno di questi si chiedeva la riduzione del numero dei deputati e dei senatori). Proposte di legge per riformare quella stessa Costituzione che ora per Magrone è intoccabile.
Coerenza alternata nella difesa della costituzione dimostrata fra l’altro dal suo ritorno alla magistratura dopo il biennio trascorso da deputato, incarico eminentemente politico che la costituzione, difesa in tutte le occasioni da Nicola Magrone, nell’articolo 98, fra le altre prescrizioni così recita: Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero. Articolo della Costituzione voluto, fra gli altri Padri Costituenti, da Piero Calamandrei che nel suo “Elogio dei Giudici” ha lasciato scritto: “Il magistrato che è salito sulla tribuna di un comizio elettorale a sostenere le idee di un partito, non potrà sperare mai più, come giudice, di avere la fiducia degli appartenenti al partito avverso”. Concetto ribadito ultimamente da Raffaele Cantone, che ritiene le correnti alle quali aderiscono giudici e Pm “un cancro della magistratura” perché questi spesso “utilizzano la giustizia come lotta di classe”.
Caro Direttore, non posso che dire “bravo…bravissimo” al presente articolo, complimenti …ma ora se permette sono mio malgrado costretta a fare un appunto, ovvero, proprio xche abbiamo la Costituzione “più bella del mondo” la quale garantisce la libertà di espressione (non ha tenuto conto che Colino ha il “diritto” seconodo Costituzione ….di cambiare ogni tre secondi e anche meno parere, di modificarlo a seconda della circostanza ….ecc….ecc)…Ahi! Ahi! Ahi! Direttore non mi scivoli proprio lei sulla famosa buccia….Colino ha diritto…che poi se la canta e se la suona da solo….lo abbiamo visto da un pezzo!!!