alla contemplazione dello spirito
La storia dell’essere umano è il cammino in cui volge il tifone della sua esistenza; il prodotto di un’elaborazione di concetti divenuti poi, percorsi vissuti e trasformazioni vitali, tali da incidere in maniera indelebile sul suo futuro, come cicatrici.
L’eco dei suoni, dei rumori, dei rimbombi, del vento confuso e travolgente, risultano poi, come una bufera di sabbia nel deserto che persevera dietro le spalle, ma che dopo, lascia il posto al silenzio assordante. Una quiete strana da sentire in quel dato momento, poiché non se ne comprende la natura. E allora, sorge una paura mista a perplessità, condizione disarmante che fa scaturire la profondità di una semplice domanda: ‘Perché?’.
Virgilio risponde a questa domanda: “Felice è chi ha potuto conoscere la causa delle cose”.
Con questa frase si apre il libro ‘Giovanni Marini il poeta degli anni di piombo – Premio Viareggio 1975 per la poesia’. Speranza, fortuna, ma soprattutto un augurio di nobile scoperta, l’impressione che proviene da Virgilio, in quanto racchiude in piccolo, un grande mondo: quello della conoscenza.
La copertina che è un’opera del pittore Franco Balduzzi, sarà depositata a dicembre presso l’archivio storico Franca Rame-Dario Fo, mentre il libro è stato dedicato anche all’attrice-drammaturga e politico Franca Rame e alla giornalista Camilla Cederna perché ‘Giovanni Marini avrebbe voluto così’.
Silvio Masullo, Segretario Generale al Comune di Lodi in collaborazione con Lucia Cariello, archeologa, entrambi giornalisti, hanno stilizzato questo libro, edito dalla Kimerik, un saggio presentato a Sacco, in provincia di Salerno a fine luglio, ma che avrà ancora altre occasioni di presentazione, almeno per i prossimi due mesi.
Si avvale infatti di una prima parte legata al racconto storico della vita di Marini, di una successiva della cronistoria dei fatti, una terza dedicata alla raccolta di poesie che compaiono nel libro che vinse il Premio Viareggio 1975 ‘E noi folli e giusti’, che ha meritato la pregiata prefazione del premio Nobel per la letteratura e teatro Dario Fo, scomparso il 13 ottobre scorso e, dello scrittore-giornalista Pietro A. Buttitta. Infine l’ultima è dedicata ad un’intervista.
‘E noi folli e giusti’ è stato infatti la raccolta di poesie scritte dal carcere, da Giovanni Marini, anarchico degli “anni di piombo” dopo una militanza nel PCI, condannato a nove anni di reclusione con sentenza definitiva del Tribunale di Salerno (ridotta di tre anni rispetto alla sentenza di I grado di Vallo della Lucania), per la morte di Carlo Falvella appartenente al Fronte Universitario d’Azione Nazionale, che avvenne il 7 luglio del 1972 a Salerno.
Provenienti da famiglie di tutto rispetto, la tragedia che ha coinvolto i due ragazzi all’epoca, i quali si trovavano in compagnia di altri amici di ‘filosofia politica’ in quel contesto, è maturata ovviamente, in un clima di ruggini partitiche, esacerbate in quegli anni, più da azioni che da riflessioni; sta di fatto, che bastava un nonnulla per accendere gli animi di giovani che credevano di offrirsi a servizio della causa comune, ma in realtà questa si confondeva benissimo con un sistema di cause, i cui effetti abbiamo ben visto ciò che hanno maturato fino ad oggi.
Burattini, ma non burattinai, i giovani degli anni di piombo, si sono ritrovati in un vortice di violenza e confusione che ha trascinato nel dolore le loro famiglie tutte, dal momento che l’ideale in cui credevano, non si è mai tramutato in un approdo di dialogo costruttivo e di incontro solidale, per risolvere i problemi del Paese. Sta di fatto, che se così fosse stato, oggi godremmo di quei risultati politici che sono rimasti scritti solo sulle pagine orrende della cronaca nera.
Masiello e Cariello non intendono qui, fare un processo alle intenzioni o ai fatti di nessuno, allargando la ferita già diffusa su larga scala, ma ribadire che ‘in questi ingranaggi rimangono stritolate le persone, mentre la storia rinnova la sua tragedia…’. “Da parte nostra il tentativo di ricomporre, frammento dopo frammento, la vita e la personalità di Marini con la cartina al tornasole delle sue poesie, frugando nelle sue carte, nei libri che aveva letto e negli avvenimenti, ascoltando le persone che l’hanno conosciuto e cercando di interpretarne anche i silenzi”.
L’estrapolazione quindi, della storia e dei sentimenti di un uomo tramite la poesia, funziona meglio di qualsiasi intervista, che pure c’è nel libro, ma in quest’ultima, come noi giornalisti sappiamo, se non ben dosata di garbo, rispetto, priva di giudizio e di intrinseca accusa, rischia di diventare un’udienza giudiziaria, senza l’ottenimento del risultato empatico-mimetico.
La rielaborazione sentimentale di quel triste evento, la denuncia del regime carcerario, comprese le condizioni igieniche, il trattamento in generale, soprattutto psicologico, il desiderio ‘che spera lacrime e restituzione solo dalla poesia’come mezzo di comunicazione, di sfogo, di denuncia, di riflessione: un universo, quello dei sentimenti a cui non daremo, noi, ma soprattutto questa società allo sbaraglio, mai retta, poiché non ne abbiamo mai e ancora capito, la grande importanza che ha.
Si tratta di una vicenda dolorosa che, ancora oggi, non si è rimarginata nella città di Salerno tant’è vero che Forza Nuova il 7 luglio di ogni anno (data della morte di Carlo Falvella) fa una sfilata in città.