Berlino, 9 novembre

La notte del 13 agosto del 1961, la DDR (Deutsche Demokratische Republik)  di Walter Ulbricht, con un gesto unilaterale, adottò misure di sbarramento lungo la linea di demarcazione tra il settore orientale e quello occidentale della città di Berlino.
All’alba di quel giorno, le mogli si ritrovarono separate dai mariti, i figli dai genitori, i nonni dai nipoti e gli anziani privati dell’aiuto dei parenti.
I berlinesi dovettero aspettare quasi 30 anni, prima che il Muro di divisione tra i  comunisti dell’est e la libertà dell’occidente, venisse abbattuto, riunificando due nazioni in un’unico popolo.
Ma la riunificazione del popolo tedesco iniziò ancor prima. Nello stesso istante in cui il  muro veniva eretto, i primi vagiti di libertà cominciavano ad esprimersi con le fughe in occidente, sfidando la sorte e i Vopos, (la polizia di frontiera della DDR), a cui era stato dato l’ordine di sparare a vista a coloro che tentavano di attraversare il confine.
La resistenza ai totalitarismi di destra o di sinistra, in Germania, che si chiamassero Hitler o Ulbricht, c’è sempre stata. Poco conosciuta, non abbastanza scandagliata, ma intensa e profonda al punto tale da assumere i connotati di puro ed autentico eroismo.
Qui non si tratta di discutere sui numeri ma sulla capacità di un popolo a mantenere vivi sprazzi di libertà.

Capisco che è difficile sottrarsi alla nemesi storica. C’è bisogno di tempo per analizzare fino in fondo come sono andate effettivamente le cose e fino a che punto il popolo tedesco ne è stato coinvolto.

Altrimenti, come definire il sacrificio di giovani studenti cattolici della Rosa bianca, ghigliottinati dopo un processo farsa solo per aver inneggiato e praticato la libertà di pensiero, nel momento in cui il nazionalsocialismo toccava il suo apogeo?
Come interpretare il gesto di Peter Fitcher,  un giovane manovale diciasettenne dell’Est che approfittando del suo lavoro al confine, decise la fuga in occidente pagando con la vita il suo anelito di libertà?
Come comprendere le temerarie fughe a Ovest nella Berlino degli anni ‘60, ancor prima che l’occidente prendesse coscienza del clima di barbarie che un gruppo di fanatici, in nome del socialismo reale, imponevano ad un popolo, a cui essi stessi appartenevano?

I Vopos che sbagliavano volutamente la mira sui berlinesi che fuggivano in occidente, non rappresentavano forse una complicità e una condivisione ideale di libertà, oltre che una forma di dissidenza politica verso il regime?
Oppure erano tutti nazisti i primi e tutti comunisti i secondi?

In questo clima la storia incrocia due italiani. Domenico Sesta detto Mimmo, pugliese, che studia in Germania per diventare ingegnere edile. Vive in stretta amicizia con un altro studente italiano Luigi Spina “Gigi”, conosciuto a Gorizia durante le superiori. Gigi  frequenta l’Accademia di Arti Grafiche.
Mimmo, concluso a Dusseldorf un primo periodo di praticandato, si era deciso, cedendo alle insistenze dell’amico italiano Gigi, ad iscriversi al Politecnico di Berlino.  
Il carattere aperto e solare dei due giovani italiani li porta a stringere amicizia con  giovani studenti tedeschi. Tra questi c’è Peter Smith che sarà la “causa” ispiratrice dello scavo sotto il muro, le cui operazioni iniziate nell’autunno 1961 terminarono  il 14 settembre del 1962.
L’amicizia e la libertà sono gli ingredienti che fanno di Mimmo e Gigi eroi inconsapevoli della libertà.

Mimmo e Gigi, dalla cantina di una vecchia fabbrica abbandonata (vecchio birrificio Oswald-Berliner-Brauerei) di Berlino Ovest, nella Bernauer Strasse al numero 78,  assieme ad altri 48 volontari, scavano a cinque metri di profondità un tunnel di 126 metri di lunghezza sotto la striscia della morte, sino ad arrivare in una casa vuota nella Schönholzer Straße 7 a Berlino Est.
Attraverso quel tunnel, il 14 settembre 1962, 29 tedeschi riuscirono a fuggire dalla prigionia di Berlino Est, senza che le guardie di frontiera si accorgessero di nulla. Tra loro c’era anche quel Peter Smith, amico fraterno dei due giovani italiani, per il quale questa grandiosa quanto temeraria impresa aveva avuto inizio, che era rimasto “intrappolato” insieme alla famiglia, dal lato sbagliato del Muro.
I lavori di scavo iniziati nell’autunno del 1961, vennero interrotti poco dopo per assenza di fondi. Ma il forte sentimento di amicizia e la determinazione dei due ragazzi di portare dall’altra parte l’amico Peter, li spinge a cercare in breve tempo una soluzione. E così riescono ad ottenere un finanziamento di 50.000 marchi in cambio dei diritti per le riprese dell’operazione di fuga dall’emittente statunitente NBC per la quale nel profondo clima della guerra fredda rappresentava una ghiotta occasione per la propaganda occidentale.
Lo scavo riparte e si conclude felicemente il 14 settembre del 1962, quando, 29 fuggiaschi attraversano il tunnel da Berlino Est, escono in Occidente, nello scantinato di una ex fabbrica abbandonata, nei pressi della Bernauer Strasse. Ad attenderli la libertà, con le luci delle telecamere che illuminano i loro visi smarriti e impauriti, ma non privo di difficoltà e di paure per i timori di delazione allo Stasi, la polizia segreta della DDR.

Il parlamento italiano, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre “Giorno della libertà”.

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