Nella lingua cinese il termine “crisi” è formato dagli ideogrammi “pericolo” e “opportunità”; la saggezza popolare a noi più vicina ricorda che “la necessità aguzza l’ingegno”. Non è certo il caso di Nicola Magrone del quale, in questi giorni di crisi, si analizza l’operato ma di cui non si discute minimamente l’ingegno, ma è indubbio che la mente viene sollecitata ad esprimersi al meglio proprio nei casi in cui è necessario evitare il pericolo e quando si riconosce un’opportunità. L’uomo è essenzialmente un opportunista e se sopravvive da milioni di anni come specie è anche perché sa sfuggire ai pericoli usando la sua intelligenza ma, come asseriva Aristotele, “l’uomo è per natura un animale politico” e a parte l’animale per natura il sindaco Magrone, più di altri, oggi dimostra essere vera l’asserzione dell’antico filosofo greco.
La crisi della “maggioranza”, il pericolo del fallimento dei suoi propositi elettorali, ha dato al sindaco l’opportunità di porre rimedio alle deficienze del sistema di governo che impedisce la partecipazione diretta dell’intero corpo elettorale alle decisioni che riguardano la città. Costretti, dall’antica e ormai opprimente prassi della divisione fra opposizione e maggioranza, i consiglieri comunali sono obbligati ad esprimere pareri favorevoli o contrari senza tenere in alcuna considerazione il loro intelletto (o peggio, troppo fidandosene, fino al punto di non consultare l’opinione dei loro elettori). Se la maggioranza dei consiglieri di maggioranza (chiedo scusa) è pentita di aver votato, come presidente del consiglio, la signora Giovanna Bellino (già dimissionaria?) non può, per questo, mettere in pericolo l’approvazione del bilancio preventivo, la cui bocciatura procurerebbe alla città danni ben più gravi di quelli che la perdita del tempo necessario alla nomina della commissione da loro voluta (un pretesto?) procurerà all’economia modugnese. Il sindaco Magrone, da martedì 8 luglio, ha la rivoluzionaria possibilità di infrangere la precostituita divisione in blocchi contrapposti del consiglio comunale. Porti in aula i provvedimenti, ne favorisca la discussione accettandone gli eventuali emendamenti migliorativi e ne rimandi l’approvazione al successivo consiglio comunale per dar modo a tutti i consiglieri di consultare, preventivamente, i loro elettori per far sì che questi possano, “finalmente possano”, sentirsi parte della politéia, perché, come osserva Aristotele nella Politica, “il cittadino in senso assoluto non è definito da altro che dalla partecipazione alle funzioni di governo e alle cariche pubbliche”. I consiglieri si dividano in aula solo in favorevoli e contrari; sono stati votati, tutti, per collaborare al bene comune; unico e solo obbligo per loro, in consiglio, sia il vincolo della rappresentanza dell’opinione dei loro elettori.
La possibile rivoluzione di Magrone
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