Pubblichiamo un articolo di Pino Tosca – indimenticabile scrittore della Tradizione – scritto all’epoca del processo al capitano delle S.S. al quale oggi vengono negati i funeral.
L’IPOCRISIA VATICANA
Chi porterà sulla coscienza la presumibile morte del vecchio Priebke in una cella italiana? Flick (Giovanni Maria) o Flock (Oscar Luigi)? I Levi o gli Evi? Il codazzo conformistico degli imbrattacarte di regime? Il cattolico Giglioli, Consigliere del Sindacato Libero Scrittori, che, vantandosi di essere adoratore di Padre Pio, con la bava alla bocca vuole la testa del malandato Erich? Non solo costoro. Prima di loro, le responsabilità morali per lo scempio che è stato fatto della giustizia e dell’umanità, stanno in Vaticano. Molti giorni prima che fosse emessa la sentenza di Quistelli, la CEI, in un suo comunicato aveva scritto parole di fuoco contro Priebke, chiedendo che il processo si concludesse “con una sentenza esemplare” Esemplare in che senso, se non nella condanna all’ergastolo (vale a dire a morte) dell’ex capitano delle SS? Certo è un bel modo per esercitare, non diciamo il senso di Giustizia, ma almeno quello di carità cristiana da parte della Chiesa postconciliare pacifistico-pietistica. E’ probabile che i ventennali colloqui coi “fratelli maggiori” giudei abbiano convinto la CEI che la teologia vetero-testamentaria dell“‘occhio per occhio” sia conciliabile con quella del “porgere l’altra guancia”. Solo che…da che pulpito viene la predica!
Eh già, perché chi dovrebbe porgere L’occhio destro per essere strappato dalla vendetta ebraica, dovrebbe essere proprio la gerarchia cattolica. Essa, in Austria e in Germania, negli anni del nazismo, è stata la prima collaboratrice di Hitler, non solo nello spianargli il potere ma anche nel rafforzarlo infinitamente. Spulciamo tra le pieghe infinite della storia occultata.
In Germania, nel 1933, il Presidente dello Zentrum, il partito cattolico, era un prete, Kaas, che, tra l’altro, era amico personale di Pio XII. Alla fine dell’anno, Kaas e Bruning (dirigente del partito) aprirono un tavolo di trattative con Adolf Hitler per giungere ad un patto di mutua collaborazione politica. Una delle condizioni avanzate da Kaas per L’appoggio del Centro al Fuhrer era la conclusione di un accordo col Vaticano. Hitler acconsentì volentieri e il 23 marzo, in una dichiarazione governativa, affermò che era sua intenzione concludere il concordato. Dopo questa dichiarazione, le formazioni del Centro e del Partito Popolare bavarese votarono a favore della concessione dei pieni poteri ad Hitler. In un suo dicorso al Reichstag, Kaas dichiarò: “II partilo del Centro in queste ore tende le mani ai suoi avversari di ieri in nome della salvezza nazionale” (che per lui si identificava con il concordato col Vaticano). Il 5 luglio del 1933, lo Zentrum proclamò il suo autoscioglimento, subito imitato dal Partito Popolare della Baviera. Così, in pratica, la politica cattolica tedesca (in intesa col Vaticano) dava via libera alla propria autoeliminazione per favorire la stabilità politica hitleriana. Nel maggio di due anni dopo, 1935, due ministri del Terzo Reich, Funk e Goebbels, assistevano al solenne Te Deum celebrato a Monaco per osannare al ritorno della Saar alla Germania. In quell’occasione i numerosi prelati si fecero fotografare accanto ai due leaders bruni mentre sollevavano tutti il braccio destro, non per benedire le folle ma nel saluto nazista. Così come esiste una documentazione fotografica di alcuni vescovi mentre, a Berlino nel 1937, in un’imponente adunata, benedicono gli stendardi delle SS. Ma c’è dell’altro. In data 18/3/38, quando cioè le persecuzioni antiebraiche avevano iniziato il loro decorso, il Cardinale e vescovo viennese, Mons. Innitzer, indirizzava al Gauleiter locale la seguente lettera “Egregio signor Gauleiter, con la presente le trasmetto l’acclusa dichiarazione dei Vescovi dalla quale Ella potrà vedere come noi vescovi abbiamo assolto liberamente e spontaneamente il nostro dovere verso la nazione. Sono convinto che ne deriverà una felice collaborazione. Coi sensi della più viva stima. Heil Hitler!” Ed ecco il testo della “Dichiarazione Solenne” allegata alla missiva:
“Per intima convinzione e con libero volere, noi sottoscritti, Vescovi della provincia ecclesiastica austriaca, dichiariamo quanto segue circa i grandi avvenimenti verificatisi nell’Austria-Germania. Riconosciamo con gioia che il movimento nazionalsocialista ha compiuto e sta compiendo realizzazioni grandiose sul piano dell’edificazione nazionale ed economica e nel campo della politica sociale a favore del Reich e del popolo tedesco ed in particolare a favore dei ceti popolari più poveri. Siamo convinti, inoltre, che l’opera del movimento nazionalsocialista abbia sventato il pericolo deI bolscevismo ateo distruttore di ogni cosa. I Vescovi benedicono quest’opera rivolta al futuro e si impegnano a rivolgere dei moniti in tal senso ai fedeli. Nel giorno della consultazione popolare è ovvio dovere di noi Vescovi verso la Nazione di testimoniare, in quanto tedeschi, la nostra fiducia nel Reich tedesco, nella ferma speranza che a tutti i cristiani credenti sia chiaro qual’è il debito che hanno verso il loro popolo” Basta ciò agli smemorati forcaioli dei quotidiani “cattolici” romani? E se non basta aggiungiamo dell’altro.
Un anno dopo, nel momento preciso in cui la Wehrmacht invadeva la Polonia i Vescovi tedeschi, nella Lettera Pastorale del 17/9/39, scrivevano: “ln quest’ora decisiva incoraggiamo ed esortiamo i nostri soldati cattolici, in obbedienza al Fuhrer, a compiere il loro dovere e ad essere pronti a verificare tutto sé stessi. Esortiamo i fedeli ad unirsi in un’ardente preghiera affinché la Provvidenza divina conduca questa guerra ad una fine benedetta e assicuri la pace alla patria e al popolo”. E così dopo aver sistemato gli ebrei, gli antinazisti e gli oppositori dell’Anschluss, la Gerarchia cattolica sistema pure i polacchi. Nel dopoguerra, a Fuhrer defunto, inizia l’ipocrisia del Grande pentimento. Nel 50° anniversario della liberazione di Auschwitz, la Conferenza Episcopale tedesca emana un documento in cui si legge: “Fra i cattolici ci sono state colpe e manchevolezze… atteggiamenti antisemiti che hanno fatto sì che negli anni del Terzo Reich i cristiani non abbiano opposto resistenza al nazismo antisemita… siamo stati una comunità ecclesiale che ha voltato le spalle alla sorte del popolo ebraico”. I Vescovi polacchi, il giorno prima, avevano diffuso un documento di eguale tenore alla presenza del Rabbino-capo polacco, Menachem Joskowicz e del cardinale Glemp. Per piacere, quindi, non ci vengano a raccontare della ”resistenza” cattolica al nazismo. Questa ci fu, ma in misura risibile sul piano quantitativo. Uomini coraggiosi come il gesuita Rupert Mayer, il vescovo Clemens von Galen o Von Stauffenberg furono piccole gocce nel mare del conformismo clericale di quegli anni. La stessa enciclica “Mit Brennender Sorge” non ebbe alcun effetto pratico, anche perché non fu mai lanciata una scomunica contro il nazionalsocialismo e i suoi militanti. Del resto, la S. Sede non ruppe mai le relazioni diplomatiche col Terzo Reich. E, poi, in quel periodo, a capo della Slovacchia, alleata di Hitler, non c’era il cattolico Mons. Tiso (poi impiccato dai comunisti)? Da chi in passato è stato complice del Regime ci si aspettava, perlomeno, il silenzio. L’invocazione di una giustizia “esemplare” per Priebke da chi ha regalato i pieni poteri a zio Adolfo ha lo stesso valore di chi, dopo aver ammazzato a josa i propri simili, si rifugia poi nel comodo guscio del pentimento che rende.
Cioè dell’infamia.
Pino Tosca
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Una lettera di Priebke
Ad Erich Priebke sono pervenute moltissime lettere di solidarietà per il grave atto di ingiustizia arrecatogli. Questa è la lettera di risposta che l’ex-ufficiale delle SS ha fatto pervenire ad un giovane militante di Terra di Bari.
Casa Circondariale “Regina Coeli”
00165 Roma
7/11/1996
Caro Daniele,
molte grazie per la tua lettera e per le espressioni della tua solidarietà. Questo bastone di sostegno è molto importante per me e mi aiuta a sopportare tutto questo calvario. Mi richiama l’attenzione il fatto che proprio da Bari e dai suoi dintorni mi mandano tante lettere con buoni auguri. Disgraziatamente, la speranza che la vicenda possa risolversi al più presto, finora non si è verificata. Tutto questo è un cattivo gioco politico ed io sono la povera vittima. L ‘annullamento del processo del Tribunale Militare è una offesa grande ai tre giudici militari e perfino a tutti i militari. Mi ha stupito la poca o nulla reazione di loro. Non hanno un’onore militare? E così, io resto in carcere: un uomo di 83 anni.
molti saluti e auguri!
Priebke
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(Indro Montanelli, da una lettera dell’aprile 1996)
« Da vecchio soldato, e sia pure di un Esercito molto diverso dal Suo, so benissimo che Lei non poteva fare nulla di diverso da ciò che ha fatto. […] Il processo si dovrebbe fare alle aberrazioni dei totalitarismi e a certe leggi di guerra che imponevano la rappresaglia. Certo: lei, Priebke, poteva non eseguire l’ordine, e in pratica suicidarsi. Questo avrebbe fatto di lei un martire. Invece, quell’ordine lo eseguì. Ma questo non fa di lei un criminale. »
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Siamo tutti responsabili delle nostre azioni e ne subiamo le conseguenze; gli uomini giudicano, condannano e puniscono i colpevoli da vivi, ai morti ci pensa Dio.