Eravamo innamorati, lo eravamo “perdutamente”! Eravamo certi e convinti che non ci saremmo lasciati mai, nemmeno per un attimo. Le note del grande Jean Michel Jarre, sparse nell’aria, mantenevano viva la nostra passione: “Equinoxe” fu la colonna sonora del nostro breve ed intenso amore! Mai giuramento fu tanto disatteso.
“Equinoxe” è un brano strumentale che mi faceva e mi fa ancora impazzire! E’ stato il testimone di un amore breve, intenso e travagliato! Arrivò il fatidico giorno dell’addio colmo di promesse e speranze di ritrovarci, ma sapevamo che stavamo mentendo a noi stessi! La menzogna balenava nei nostri occhi e nelle nostre parole. Di li a poco ci saremmo persi per sempre, lo sapevamo entrambi. I nostri cuori vilipesi e straziati; le lacrime brucianti solcavano silenziose i nostri visi.
La notte, il telefono squillò assordante nella solitudine della mia casetta a Saint-Cloud, ormai spoglia, con valigie e cartoni colmi di cose buttate lì alla rinfusa per essere sistemate in vista della mia definitiva partenza dalla Ville Lumière. Di corsa scesi le scale, la testa mi girava, mi sentivo stordito dall’improvviso risveglio. Concitato staccai la cornetta dell’ apparecchio a muro.
-Hallo- dissi.
Mi rispose una voce femminile.
-Hallo Valerio, I’m Christine a good friend of Rebecca.-
-Ma certo, si Christine! Rebecca mi ha parlato spesso di te! Lavorate nella stessa organizzazione, non é così?-
-Esattamente!- rispose.
-Ritengo che, data l’ora, tu debba dirmi o chiedermi qualcosa d’importante! Cosa posso fare per te?-
-Valerio- tagliò secca -Rebecca é all’ospedale, ha ingerito un mezzo tubetto di barbiturici. –
-Ma come! Quando é successo, come stà?- le chiesi allarmato.
-Non so altro, sono stata avvisata poco fa da un dottore dell’ Hotel Dieu. Sai dove si trova?- mi chiese.
-Ma si, si! E’ un ospedale storico dell’Ile de la Citè.-
Riagganciai. La testa cominciò a girarmi, ero confuso! Aprii la porta e uscii per prendere una boccata d’aria, per riordinare le idee, fare mente locale. Mi chiedevo se quello che stavo vivendo fosse un incubo o se, invece, fosse una triste realtà.
Presi a massaggiarmi le tempie e, come d’ incanto, sentii la mia mente rasserenarsi progressivamente, le idee schiarirsi pian piano. Mi resi conto, recuperando le mie piene facoltà mentali e riprendendo il totale controllo di me stesso, che Rebecca aveva forse commesso quell’atto insano, per trattenermi, per legarmi a lei.
I miei sentimenti in tale contesto divennero contrastanti. Da una parte mi sentivo gratificato, compiaciuto per quel gesto d’ amore, dall’ altro canto, invece, mi sentivo in pericolo, preso a tradimento! Tradito da quel tentativo maldestro, che da lei non mi sarei mai aspettato. Non l’avrei mai creduta capace di un gesto così passionale, in considerazione del suo temperamento anglosassone. Pensai a mia moglie ai miei figli che aspettavano il mio rientro a Roma.
Abbandonai queste elucubrazioni, mi vestii, salii in macchina e corsi all’ Hotel Dieu. Quando arrivai erano circa le 4 del mattino. Una infermiera, una ragazzotta di chiara origine nord-africana, rispose con un sorriso assonnato al mio “Excusez–moi Madame!”.
Mi disse che la “Demoiselle Anglaise” era fuori pericolo e che se volevo, potevo salire al primo piano dove avrei potuto chiedere al medico di guardia di poterla vedere per un attimo. Ringraziai l’infermiera e mi avviai verso la grande scalinata in stile Impero. Mi fermai di scatto.
Mi ritornarono i pensieri di prima. Pensai che salendo quelle scale avrei compromesso il mio futuro, mi sarei complicato la vita, avrei ceduto. Rebecca, la conoscevo! Era convincente, riusciva sempre a strapparmi delle promesse, scrutandomi dentro con i suoi occhi verdi, accarezzandomi dolcemente. Sapeva di piacermi! Sapeva che mi andava a sangue! Il solo sentire il profumo della sua pelle, mi provocava uno scombussolamento ormonale, un’attrazione carnale sconvolgente, irrefrenabile. Non salii, non ebbi il coraggio di salire! Tornai indietro per riguadagnare l’uscita, sotto lo sguardo meravigliato dell’ infermiera. Andai via tirandomi su il bavero del cappotto forse per ripararmi dal freddo penetrante di quell’alba maledetta! Barcollante, le gambe indecise, mi allontanai. La confusione riprese il sopravvento. Mi sentii improvvisamente un cinico, uno stronzo, un vigliacco, un bastardo, un uomo senza attributi. Insomma, un debole incapace di assumersi le proprie responsabilità. Certo, le responsabilità! Ma quali responsabilità? Ero solo colpevole di essermi lasciato trascinare in una sconvolgente passione, di avere ceduto alla bellezza e al fascino di una donna.
La testa cominciò di nuovo a girarmi, parcheggiai la macchina nelle vicinanze del Pantheon. Vagai a zonzo, senza una meta, fino a mezzogiorno per il Quartiere Latino. Ripercorsi luoghi e piccoli Bistrot frequentati con Lei. Due giorni dopo, a bordo della mia Mini Minor, lasciai Parigi alla volta dell’Italia. In quella città lasciai una buona porzione del mio cuore e una miriade di ricordi.
Rinvenni un biglietto nel taschino di una giacca, c’era scritto: “Il est desormais trop tard pour tous les deux! Tu vas partir et je suis déjà malereuse. J’attends ton retour .. ou je viendrai te chercher! R.”
Venne a cercarmi a Roma due mesi dopo, accompagnata da sua madre. Un collega la informò, mentendo, che ero stato trasferito in Spagna. Se ne ritornò in Inghilterra, a Leeds! Non ho mai più saputo niente di lei …..
…. Io vorrei, non vorrei …….. ???