Un gruppo di essi si attestava sulla zona Tre Ponti, armati di mitragliatrici, per proteggere la ritirata del grosso del Reparto. Una sessantina di fanti italiani, fra i quali anche due bitettesi Luigi Albano e Sante Lanzillotta, al comando del Cap. Riccardo D’Ettole, di Bari, avvisati dal S.Ten. Pietrangelo Sivilia, di pattuglia alla zona Tre Ponti per il tramite dell’allora Maresciallo dei Carabinieri, giunti in prossimità del Convento del Beato Giacomo, venivano invitati da un frate (Padre Geremia Zippone) e da alcuni giovani bitettesi (Arcangelo Squicciarini, Marcello Giordano, Domenico Lettieri, Marcello Occhiogrosso e Nicola Fazio) portatisi nella zona del Convento del Beato per vedere cosa facevano i soldati tedeschi, a desistere da tale azione in quanto i soldati stranieri ormai erano in ritirata e ben equipaggiati.
Ma il comandante del piccolo plotone di soldati italiani, ignorando il consiglio del frate e del gruppo di giovani poiché – pare – aveva ricevuto precise disposizioni di attaccare i tedeschi, ordinava al frate ed ai giovani di andare via e, ai propri soldati, di seguirlo. In prossimità della stradina che portava ai “Tre Ponti”, i fanti italiani operavano uno schieramento a ventaglio ma i soldati tedeschi, che erano in altura, iniziarono a mitragliare le nostre truppe che, vistesi a mal partito, cercarono riparo verso il paese attraverso le vicine campagne; 20 di essi venivano uccisi nella zona Tre Ponti: fra questi ricordiamo il S.Ten. Franco De Liguori, il primo a cadere. I soldati tedeschi a quel punto, incoraggiati dal successo, si abbandonavano a rappresaglie, interrando semivivo il sottotenente Sivilia, “colpevole” di aver avvisato il maresciallo dei Carabinieri e falciando con raffiche di mitra, nella villa De Filippis (di fronte alla ex Caserma dei Carabinieri), due fanti disarmati mentre un terzo, ferito, riusciva a salvarsi fingendosi morto.
Anche il Cap. D’Ettole, ferito, trovò riparo presso una famiglia in via Beato Giacomo. I soldati tedeschi si spinsero nel paese ove depredarono gli inermi civili di oggetti preziosi. Alle ore 13:00 Bitetto sembrava destinata a rappresaglie più cruente. Ma i suoi abitanti, capeggiati da Giacomo Rizzi, Domenico Giannini, Francesco Matteace, dall’appuntato dei Carabinieri Pietro Addamiano, Vincenzo Rizzi, Pietro Albanese, Natalino Sala, Nicola Lorenzo Rutigliano, Marcello Occhiogrosso, Francesco Campanella, Antonio Proscia, Giacomo Rutigliano, Giacomo Fazio, Peppino Quaranta, Vito Fazio, Michele Squicciarini, Nicola Rutigliano, Giovanni Vitucci, Giovanni Campanella, Sebastiano Cimini ed altri, consapevoli della gravità della situazione si munirono di armi ed arnesi da lavoro dando inizio alla resistenza. Nella zona Verzale, Giacomo Rizzi (aiutato da Vincenzo Rizzi) fermò un soldato italiano in ritirata dalla zona Tre Ponti, chiedendogli munizioni e bombe a mano.
Il fante, dopo aver esaminato la situazione, d’iniziativa consegnò al Rizzi parte delle munizioni e, insieme a questi si appostò sul terrazzo della casa della famiglia Lozito in attesa dell’arrivo dell’autocolonna dei tedeschi. Ad un certo punto apparve una jeep con sopra un Ufficiale ed un soldato tedesco, seguita da sei o sette camion. Appena giunti in prossimità di via Travagliuolo-angolo via Bitritto, il Rizzi ed il Giannini, insieme al soldato italiano ed all’altro bitettese Vincenzo Rizzi, aprirono il fuoco contro la colonna tedesca. Una delle bombe centrò la jeep ferendo gravemente l’Ufficiale e bloccando quindi l’autocolonna. Gli autisti dei camion tedeschi vistisi a mal partito si diedero alla fuga. Nella zona di via Bari, in prossimità del palazzo del Barone, si era appostato l’appuntato Addamiano mentre sul terrazzo di detto palazzo si posizionava tale Pietro Albanese al quale si era aggiunto in rinforzo il Giannini, proveniente dalla zona Verzale, il Sala ed altri cittadini. Un altro reparto tedesco, appena giunto in prossimità di via Taccogna, proveniente da Bari, venne attaccato con lancio di bombe a mano e raffiche di mitra da parte dei suddetti cittadini.
I tedeschi, saggiata la resistenza dei cittadini bitettesi, si ritirarono sulle posizioni di partenza. Nel centro del paese, un Ufficiale superiore tedesco, proveniente dalla zona di via Marconi, a bordo della sua motocicletta, appena giunto in Piazza Roma (oggi P.zza Moro), venne bloccato e la motocicletta requisita dall’Occhiogrosso e dal Sala. Un adolescente – 14 anni circa – tale Giovanni Viticci, armato di due bombe a mano e (forse) inconsapevole del pericolo che stava correndo, alla vista di un mezzo cingolato con a bordo un Ufficiale tedesco ed il suo autista, si fece avanti, seguito da altri due giovani (Nicola Rutigliano e Michele Squicciarini), minacciando di lanciarle qualora non si fosse fermato.
L’Ufficiale tedesco, incerto se proseguire o fermarsi, fra la generale incredulità, optò per la seconda soluzione. ed è a questo punto che Peppino Quaranta armato di una pistola, Giacomo Rutigliano, Vito Fazio, Giovanni Campanella e Sebastiano Cimini bloccano l’Ufficiale. Nella zona che dall’estramurale Lucatorto porta alla stazione, si attestarono tale Nicola Lorenzo Rutigliano ed altri, i quali bloccarono l’ingresso dei tedeschi da quella zona. Verso le 17:00 Giacomo Fazio, armato di una accetta, venne visto condurre in caserma un soldato tedesco, fatto prigioniero nella zona del Verzale. Nel tardo pomeriggio, giunsero da Bari truppe italiane le quali trasferirono da alcuni carretti su camion militari tutti i soldati morti nella zona del Beato portandoli a Bari presso l’Ospedale Militare. Il reparto tedesco, prelevato da un’autocolonna di soccorso proveniente da Altamura, dopo essersi fatto consegnare i camion e le jeep che i bitettesi avevano sequestrato (requisendo altresì armi, munizioni e vettovaglie, depositati nell’atrio del palazzo del Barone) poté sottrarsi ad ulteriori scontri.
Finì così la gloriosa giornata in cui rifulse l’ardimento dei soldati italiani e della popolazione bitettese, uniti nella lotta per liberare il territorio italiano dalle truppe nemiche. Per tali eroiche gesta, l’8 marzo 1999 la Presidenza della Repubblica ha conferito al Gonfalone della Città di Bitetto la Medaglia d’Oro al Merito Civile con la seguente motivazione:
“Occupata dalle truppe tedesche all’indomani dell’armistizio, la città si rese protagonista di una coraggiosa e tenace resistenza. Oggetto di una feroce rappresaglia contò numerose vittime, ma la popolazione tutta, dando prova d’indomito coraggio, reagì con fierezza all’invasore costringendolo alla fuga. 9 settembre 1943”.
Fonti: Col. f. Giuseppe Colonna, Bitetto Web, Bitetto.org.