Dopo aver intervistato i politici abbiamo chiesto di politica alla gente. Non finisce mai d’avere ragione quel Massimo D’Azeglio che 150 anni orsono asserì: “Fatta l’Italia,bisogna fare gli Italiani”. Sul punto di rifarla scendiamo repentinamente nell’emisfero della nostra città, Modugno, per capire se i cittadini sono pronti al cambiamento, pronti a nuove verità o a nuove illusioni in vista delle elezioni amministrative di maggio.
Si scende fingendo di credere che la cittadinanza abbia motivi intestini per dimenticare le problematiche della nazione, che abbia un involucro talmente compatto da sentirsi isola sopra un campo di incertezze che va da nord e sud. Isole comprese. E invece no. Questa Italia la cui interezza voleva tanto celebrare D’Azeglio, con il governo e l’opposizione, sembra importare di più al modugnese anche di fronte all’imminente suffragio. Pare che la preoccupazione precipua dei modugnesi sia di mettere Berlusconi, Bersani e Fini ovunque sull’idea dei nuovi candidati sindaci.
Non si scende manco a toccare Vendola. Che non sia questa una forma di indottrinamento dozzinale? Il dubbio di esporsi dei cittadini di Piazza Sedile rasenta l’omertà. Un’omertà ostile e impenetrabile quasi si parlasse di un omicidio di stampo mafioso. No, si sta parlando semplicemente di che cosa si pensa della giunta comunale uscente e quali possano essere le previsioni sulla nomina del sindaco nuovo di zecca. Qualcuno in via conte Stella passa oltre, qualcuno in corso Vittorio Emanuele parla d’altro.
Altri addirittura: “Noi non siamo di qui”. Il silenzio critico, scettico o tutelativo sempre silenzio è. Le digressioni possono suggerire un qualunquismo poco incoraggiante. Vero anche che tra combine e clientelismo per la nomina di consiglieri si è portati a gettare la spugna e a rassegnarsi agli eventi. “E’ così dappertutto” la risposta che va per la maggiore. Ma noi insistiamo e allora andiamo a cercare di sapere la posizione intellettuale (politica giammai) di edicolanti, tabaccai, baristi e altri passeggiatori del tardo pomeriggio e di buona volontà. L’idea di Nardino, l’edicolante di via Piave, pare molto incisiva: “C’è bisogno di un sindaco che crei nuovi posti di lavoro. Dovrebbe favorire lo sviluppo del lavoro artigianale e magari organizzare corsi che educhino i giovani ai mestieri di una volta, come il fabbro e l’elettricista. I corsi ovviamente a spese dell’amministrazione comunale”.
Tralasciando a malincuore le diffidenze incontrate durante il percorso arriviamo in piazza Sedile e qualcuno in un bar è disposto a lasciare una dichiarazione: “Si spera che con la nuova giunta comunale cambi radicalmente tutto –afferma un uomo sui 50 che preferisce rimanere anonimo- anche se qui ormai conta più la persona che il partito. Non ci sono più ideologie”. Un conoscente del signor anonimo, Vito Marolo, impiegato statale, entra e dice: “Un paese strano che non ho mai capito, con tutti questi personaggi che si susseguono, come le mosche. E poi le primarie del Pd – continua Marolo- si sa già che le vincerà Mimmo Gatti, ma non ce la farà a diventare sindaco perché il partito è completamente scisso”.