Censiti 357 separazioni. Don Nicola Colatorti: “I divorziati non devono sentirsi scomunicati anche se non possono accostarsi ai sacramenti”.
Che la famiglia “tradizionale” sia in crisi è opinione comune; di questo deve essersene accorto anche il mondo della pubblicità se marchi, specie di prodotti alimentari, che da sempre legano la propria immagine a famiglie tipo, oggi lasciano il posto ad una famiglia variamente composta in cui una voce anziana, quasi malinconica, ricorda la necessità di ritrovare le proprie radici.
Il fenomeno è esteso e non esclude la nostra città. Dai dati fornitici dall’Ufficio di Statistica del Comune di Modugno si evince che nel nostro comune abitano ben 357 cittadini divorziati: 152 maschi e 235 femmine. Il dato, rapportato al dato degli scorsi anni, mostra un’impennata importante: siamo infatti passati da un totale di 226 cittadini divorziati del 2001 a quello di 357, prima indicato, del 2009; un aumento di più del 63%!
Per rendere più completo il dato, aggiungiamo solo che il fenomeno abbraccia una fascia di popolazione abbastanza eterogenea per fasce di età: 51 sono infatti i cittadini separati compresi tra i trenta e quarant’anni d’età, 102 quelli fra i quarantuno e i cinquant’anni, 91 fra i cinquantuno e i sessant’anni, 114 quelli fra i sessantuno e gli ottantasette anni. Di questa situazione siamo andati a parlarne con don Nicola Colatorti, già operatore del Consultorio Familiare Diocesano, nonché parroco della chiesa Matrice di Modugno e professore di Teologia Morale. Molte sono le coppie che si rivolgono al sacerdote per risolvere i loro problemi coniugali ed interessante è la sua esperienza: “Sono due – afferma don Nicola – i generi di coppia che si rivolgono al parroco: pochi gli sposi che vengono da noi per affrontare i problemi della loro quotidiana vita coniugale; il più delle volte, purtroppo, a venire sono quelle famiglie oramai allo stremo dove uno dei due coniugi ha già intrapreso un cammino personale di separazione”.
Dal racconto dell’esperienza di don Nicola, sia come parroco che come operatore del consultorio, emergerebbe che alla base vi è un denominatore comune: un “problema educativo”. “Le scelte che oggi si fanno – spiega ancora il parroco – sono sempre a tempo determinato; la società stessa ci impone questo stile con la precarietà del lavoro, e la prospettiva di un futuro incerto. Così le scelte di vita, quelle importanti, fanno paura e i problemi che ciascuna famiglia può avere, diventano occasione di rottura. Manca un’educazione alla comprensione delle ragioni dell’altro, alla tolleranza, ad un dialogo costruttivo e non distruttivo (bisogna «imparare a litigare»), ma soprattutto manca un’educazione al perdono da darsi e da ricevere”.