Di Maio va, i “vaffa…” restano

Affermare che le dimissioni di Luigi Di Maio certificano solo il “fallimento” della dirigenza del movimento 5Stelle dimostra che i moderati – perlomeno quelli realmente tali – avevano e continuano ad avere “ragione” nel dubitare sulle “capacità” politiche della leadership grillina.
La totalità della responsabilità delle difficoltà del movimento sono da attribuire a Beppe Grillo in primis, insieme ai Casaleggio (più al figlio che al padre) e a Di Battista. Non è solo e tutta colpa di Di Maio se le percentuali di gradimento del movimento sono in caduta libera. Nemmeno sostituendolo con Vito Crimi, il coprotagonista di Bersani nel fallito tentativo di mettere su quello che sarebbe stato il primo governo giallorosso, renderanno meno traumatica tale perdita di voti.
Gli elettori 5Stelle hanno visto il “movimento” perdere quella “verginità” che lo rendeva elettoralmente attraente. Una degenerazione che si è manifestata in maniera ancora più evidente allorquando, abbandonati da Salvini – leader di una forza politica altrettanto “diversa” rispetto all’establishment – si sono alleati con l’antico nemico, il Pd; il partito che ai loro occhi rappresentava meglio di tutti gli altri quel sistema che volevano abbattere.
Il movimento è nato come forza politica non basata sulle ideologie che hanno caratterizzato il millennio scorso ma sulla volontà di abbattere il “sistema” di governo. Una verginità data dalla estraneità dei meetup dagli intrallazzi perpetrati nei palazzi del potere, una correttezza che permetteva di invocare ad alta voce “onestà!” nei loro comizi e manifestazioni. Molti elettori si sono resi conto che i loro rappresentanti eletti, contrariamente alle aspettative di tutti loro, hanno trasformato il movimento in un simulacro (fra l’altro malriuscito) di partito. In questi due anni di governo, i deputati e i senatori del M5S, pur essendo all’interno di quel sistema che combattevano, non lo hanno modificato minimamente, anzi, ne sono stati completamente assorbiti.
Il M5Stelle non è mai stato portato oltre la fase iniziale della sua costituzione, quando in tanti, uniti nelle piazze al grido di “onestà! onestà!” e dal proposito di “scatolettare” il parlamento, hanno dato vita ad un nuovo tipo di aggregazione politica, il Movimento, per andare contro il sistema dei partiti e ammodernare le istituzioni. Rimanendo sempre nella fase iniziale, addirittura istituzionalizzandosi e trasformandosi in un quasi partito, nel movimento sono venute meno gli stimoli emozionali. L’esaltante eccitazione di quelle prime manifestazioni è calata, appassita.

Questo porta a chiedere cosa o chi ha impedito al movimento di “maturare”. I leader del movimento di tempo a disposizione ne hanno avuto tanto. Stare però all’opposizione per 5 anni, tutto il tempo della legislatura passata, non è stato sufficiente per produrre una classe dirigente all’altezza. Si ha l’impressione che Di Maio e Di Battista, Beppe Grillo e i due Casaleggio, abbiano voluto mantenere il M5S così come era nella fase iniziale per garantirsi quella personale libertà di azione politica che, per tutti questi anni, hanno potuto mantenere solo grazie alla non organizzazione del movimento. Libertà di manovra politica che offre la possibilità di avvantaggiarsi tatticamente nel breve periodo ma che ha portato il movimento a pagare un grande prezzo con il passare degli anni.

Da tempo è iniziato il lungo elenco delle geremiadi degli elettori 5Stelle per un ritorno alle origini del movimento. Lamentele seguite dalle recriminazioni e dalle epurazioni di dissidenti e contestatori. Crisi del movimento ulteriormente rafforzata dal suo repentino successo elettorale. Dalle elezioni del 2013 in poi, sul movimento sono confluiti così tanti consensi che hanno permesso l’elezione di “personaggi” che non solo erano inidonei a rappresentarlo degnamente nei ruoli elettivi che sono andati ad occupare, ma che non avevano alcuna preparazione politica, né tantomeno – oltretutto per statuto – alcuna esperienza in strutture di partito; la loro indisciplina e i recenti e continui “cambi di casacca” in parlamento lo dimostrano.

L’epilogo (?) della carriera di capo del M5Stelle di Luigi Di Maio non deve portare i moderati a credere che i vaffa.. degli elettori del movimento, rivolti al sistema, siano svaniti. Sono moltissimi gli elettori del M5Stelle che hanno cambiato opinione sui capi e sugli eletti del movimento ma molte delle loro rivendicazioni, per i moderati di ogni tendenza politica, restano valide e condivisibili.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *