(Articolo su “Il Primato Nazionale del 11/9/21)
Roma, 11 set – Il silenzio della politica italiana sulla profanazione delle tombe al Campo della Memoria di Nettuno è l’emblema di una nazione che ha perso il senso della pietas e con essa i più basilari mores. Profanare tombe è forse l’atto più esecrabile, perché vigliacco, macabro e al contempo privo del benché minimo rispetto dei defunti. Chi compie tale atto è da sempre considerato ripugnante, fuori dal contesto civile. Ma soprattutto, se scoperto, ne paga le conseguenze in termini etici più che penali. Gli scudi che si sollevano di fronte al sacrilegio restano nella memoria di chi è chiamato a conservare quell’humanitas che ben poco ha a che fare con il vago concetto moderno di umanità, bensì fa rima con la magnitudo animi infranta dagli odierni villani che cantano e decantano esasperati individualismi.
Quel silenzio codardo sulle tombe profanate a Nettuno
Colpisce dunque, ma non stupisce che i politici italiani restino silenti, immobilizzati di fronte a una cortina di silenzio da loro stessi eretta con pervicace codardia. Soltanto CasaPound, a ben vedere, ha alzato davvero la voce. Nessun altro partito, perché? E’ forse l’ignavia del chiacchierone, colui che non perde tempo a pronunciarsi su risibili questioni – sovente con ridanciana insipienza – senza viceversa cogliere mai il nesso dell’architrave che regge la nostra civiltà. Ordunque tace quando non dovrebbe e parla quando dovrebbe tacere. Noncurante, quando non totalmente dimentico, della magistrale lezione di Foscolo.
L’essenza identitaria di una qualsivoglia patria, da difendere, riaffermare o riconquistare, china la testa di fronte ai propri caduti. Ne sente allora la voce, l’anima, la forza, il sangue. Certo, si può eleggere ad esempio un defunto piuttosto che un altro, si può tracciare una linea di demarcazione atta a elevarne le differenze comportamentali. C’è però una barriera inviolabile, fortezza di marmo, foglie verdi, fiori bianchi e bacche rosse. Lì si tace e posano rami di corbezzolo, come nell’ode del Pascoli.
I nostri sepolcri e il tricolore
A Nettuno chi ha violato le tombe dei caduti della Rsi ha compiuto un gesto orribile, ma in qualche modo le istituzioni che non lo rimarcano, trincerandosi in un imbarazzante no comment, sono altrettanto deplorevoli. Deorum manium iura sancta sunto, scriveva Cicerone nel De legibus, riportando una celebre espressione latina poi ripresa proprio in un’epigrafe dei Sepolcri. “I diritti degli dèi Mani siano sacri”, ovvero le anime dei defunti saranno per sempre intoccabili.
Ieri qualcuno a Nettuno ha sputato pure sui corpi di quei morti. Eppure è come se quella profanazione tracciasse l’ennesimo solco, fra chi ha dato la vita per l’Italia e chi la odia. Tra chi ci parla ancora di onore e coraggio, e chi ha svenduto se stesso al mercatino della miseria umana. Osservate bene quel tricolore sulla bara gettata a terra, senza rabbia, senza livore. Osservatelo con la fierezza di chi non si è arreso e continua indicarci la via, perché ora più che mai, è in piedi.
Eugenio Palazzini