È passato solo un giorno e le belve tastierizzate hanno già dimenticato Gino Strada.
Ma chi era davvero costui? Per ovviare alla donabbondiana domanda, è senz’altro utile il ritratto che ne fanno quelli che lo conoscono davvero; come Cesare Mevoli.
“Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando faceva parte negli anni ’70 all’Università di Milano dei picchiatori di sinistra del gruppo Katanga, gli stessi che colpivano tutti coloro che si opponevano alle loro proteste con la famosa chiave inglese di 45 centimetri, la Hazet 36.
Strada era soprannominato “Katanga” per il suo attaccamento alla causa, ed era il capo del Gruppo Lenin (un nome, un programma) che si distingueva anche rispetto alle altre formazioni teppiste e terroriste di sinistra per il rigido inquadramento ideologico e la lotta senza quartiere contro i fascisti, veri o presunti che fossero.
È con colpi di Hazet 36 che morì Sergio Ramelli, vittima di un agguato degli amici di Gino Strada e lasciato sul bordo della strada con la materia cerebrale che colava sull’asfalto.
Quei tempi e quella sinistra facevano talmente schifo (forse anche più di adesso, in quanto uccidevano con arroganza e impunità) che, quando durante una seduta consiliare del Comune di Milano si sparse la notizia che Sergio Ramelli era morto dopo diversi giorni di agonia, dai banchi della sinistra si levò un fragoroso applauso.
Questo basta a comprendere la caratura morale, prima ancora che politica, di quel tipo di personcine.
Io di Gino Strada ricordo soprattutto il forte attaccamento al problema immigrazione, quello che per anni, insieme ai suoi amici trafficanti delle Ong, ha garantito a sé stesso e ai suoi cari un lauto foraggiamento, cash a volontà.
Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando in una intervista su La7 disse: – dobbiamo pensare ai poveri africani, fanculo agli italiani, stanno fin troppo bene, non sento minimamente di appartenere a questo popolo di idioti –
Io di Strada ricordo questo e tanto altro.
Lascio a voi i post smielati e le lecchinate, io non ci riesco proprio ad essere falso”.