L’altro giorno è arrivata a scadenza la validità dei Buoni ordinari del tesoro emessi lo scorso anno. Milioni, in Bot, che dopo 12 mesi sono tornati nella disponibilità finanziaria dei loro proprietari. Erano stati “parcheggiati”, nelle banche, prima della fine del governo gialloverde e l’inizio di quello giallorosso, come gli oltre 2 milioni e quattrocentomila suoi simili e parenti CCT, BTP, CTZ, Btp Italia, BTP€i e ai nuovi CCTeu – sempre più numerosi dall’estate 2010 – quando hanno sostituito i vecchi titoli BTE e CTE , emessi in euroscudi!
Bot da un milione di euro di debito pubblico, ognuno dei quali ha fruttato, al suo “proprietario”, meno di 100 euro, lo 0,01%.
Il costo annuale del “parcheggio” di un monopattino.
Nulla in confronto a quanto invece guadagnano le banche “gestendo” i loro titoli di stato in Bot da un milione di euro.
Con la garanzia di quei Bot, ogni banca è autorizzata a prestare, ai propri clienti, capitali pari al 90% dell’importo “parcheggiato” – cioè 900.000 € – al tasso medio del 4% annuo. Quel nuovo capitale, “creato” dalla banca con una semplice trascrizione contabile, viene “scritto” sui conti corrente di imprese e aziende commerciali che, a loro volta, ne girano una buona parte nei c.c. dei loro fornitori presso altre banche. Depositi che beneficiano di “interessi” pari a zero, se non addirittura negativi.
Una tabella può sintetizzare meglio quanto accade in solo 5 dei numerosi passaggi possibili:
In pratica per un milione di moneta tolto dalla circolazione, parcheggiato per 12 mesi in un Bot che rende solo 100 euro, le banche sono autorizzate a “prestare” capitali 10 volte più grandi, guadagnando oltre il 20 % del milione iniziale. Capitali che solo per una minima parte circolano davvero, in moneta cartacea nelle tasche dei “correntisti”. La parte più consistente di quei capitali è “immateriale”, è stata “creata” dalle banche ma non esiste e circola solo nei conti corrente, con delle semplici trascrizioni. Sono solo scritture contabili; nelle banche non ci sono banconote a fronte di tutti i depositi dei clienti.
Ma questa “BotBot” di storia non finisce qui.
Alla scadenza annuale del Bot corrisponde anche la scadenza dei prestiti e degli accrediti bancari.
I capitali, dieci volte superiori concessi in prestito, vengono restituiti alle banche che li “girano” ai depositanti.
Con una grande differenza. Ai depositanti, i capitali, vengono restituiti con “malagrazia” (sembra quasi che ti facciano un favore) mentre alle banche resta il milione iniziale di ogni singolo Bot più gli interessi maturati su tutti i capitali prestati. Interessi che per poter essere “pagati”, devono necessariamente essere rastrellati fra i capitali in circolazione, aggravando ulteriormente quella “stretta monetaria” che tanto avvantaggia le banche e procura tanti dolori da Bot in testa agli italiani.