Risate popolari e nobili miserie

cola1Prima serata con pienone il 26 marzo al teatro Barium di Bari, per la prima del ‘Conte Kolaperchià e la Bari bene’ all’interno della 30° stagione teatrale. La commedia, ha raccolto applausi, ma soprattutto sonore risate per una storia ambientata in un passato di castelli e castellani, complice la regia di Gianni Colajemma, la scenografia di Gianmarco Colajemma e i costumi di Lucia Coppola.

Il conte Kolaperchià (G.Colajemma), che di nobile ha solo il nome ormai, è interpretato sagacemente dallo stesso Gianni Colajemma che veste i panni di un personaggio assopito nella sua figura di conte squattrinato, addosso a cui si riversano tutti i problemi degli altri abitanti del castello. Una sorta di pater familias che, più che il peso del titolo, sente quello della miseria, che però vuole algicamente nascondere agli occhi della società, poiché se ne vergogna, anche se non si vergogna di mantenere per sé dei lussi gastronomici, per il semplice fatto di essere colui che comanda in casa.
Esige rispetto il conte; un rispetto di cui viene illuso dai coabitanti, parenti e servi, come Cepodd (Gemma Magistro), i quali lo assecondano, prendendolo dolcemente in giro, ma continuando a vivere nell’illusione di una classe sociale di cui rimane solo l’alone e di uno stile di vita, ormai sulla via del tramonto.
Capofamiglia il conte, di sua sorella Vasella (Vittoria Amore), pesante figura a cui si fa pesare tutto, quasi il parafulmine su cui si addossano tutte le disgrazie della famiglia che però lo salverà dal disastro e dalla vergogna.
Pompetta (Lucia Coppola) e Minculio (Dario Mangieri), nella loro interpretazione di borghesi arricchiti e sempre più ricchi, grazie alla manna rappresentata da un ciondolo di famiglia, ma col cruccio del titolo che non possiedono.
Lingua franco-barese in casa Kolaperkià, più o meno stretta, per una sit-com che si svolge nella vecchia Bari, ma con preteso accento francese che non guasta affatto, tenendo conto dei nostri trascorsi con l’occupazione dei Francesi, che ci hanno lasciato evidenti impronte lessicali e accentazioni, di cui ancor oggi, ne sorridiamo noi Baresi, ma anche gli stessi Francesi.
Dalla rielaborazione di un testo ripreso dopo tanti anni, la commedia è un giallo grottesco, con uomini e donne alla ricerca di qualcosa che senza altri non potrebbero raggiungere; l’eterno dilemma dell’uomo che anela ad una speranzosa indipendenza che di reale ha solo la speranza, quella di crearsi o mantenere una posizione nel tempo e nello spazio, ma prima o poi dovrà capire che dipende comunque e sempre anche dagli altri, per una sorta di legge di equilibrio.
Tutti i sabati alle 21 e le domeniche alle 18 e alle 21 nei mesi di aprile e maggio.

 

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