Di costoro, a onor del vero, non si può dire che siano delle persone di malaffare, tutt’altro. Ognuno di loro ha, com’è giusto che sia, delle caratteristiche diverse, dei pensieri diversi in ambito politico. E sin qui il discorso non fa una piega, direbbe Catalano. Che uno nelle sue liste abbia portato il figlio di tizio, impresentabile, (con la speranza che il figlio sia diverso dal padre) lascia il tempo che trova. Così come lascia il tempo che trova che l’altro, Magrone, nella passata legislatura, sia stato sfiduciato dalla sua stessa coalizione. Qual è la differenza fra uno che politicamente manda a quel paese una larga parte del suo “sacrosanto e sovrano” mandato del popolo, quello rappresentato dai consiglieri della sua maggioranza e l’altro che candida il figlio di un ipotetico impresentabile non ancora giudicato né tantomeno condannato? Secondo l’immaginario collettivo di differenza fra i due casi ce né ben poca. Magrone ha un carattere alla “mi son fumino” che gli procura una naturale antipatia da parte di 13 qualcuno (sette + sei nello specifico) ma che non è “reato” e meno che meno “impresentabile”. Ha un background molto interessante, ha fatto un percorso politico sia a livello nazionale sia locale, ha scritto leggi importanti contro la mafia, è un fedelissimo della Costituzione (che secondo lui non si può modificare) la sua personalità è, diciamo così, rigida e strutturata per dirla con un linguaggio affine al candidato Cramarossa che neanche a farlo apposta è psichiatra; non è un difetto, anzi; uno che giura fedeltà a Esculapio per sua natura è portato ad aiutare il prossimo, ad essere completamente a servizio degli altri, oltre a capire i bisogni di chi lo circonda, vista la specializzazione. Che nel porsi all’elettorato lo abbia fatto con un certo garbo e una certa pacatezza è indiscutibile, anche se non passa inosservato un certo disaggio nel parlare che alcuni attribuiscono all’importanza della kermesse e all’obbiettivo da raggiungere mentre altri lo attribuiscono a una sorta di ira compressa. Cramarossa ha fatto della sua vita un percorso netto, senza tanti sobbalzi, è il tipico esempio di uomo dei nostri tempi, dinamico e un po’ impostato, ma anche questi non sono reati, sia ben chiaro.
A entrambi bisogna riconoscere l’amore per la città, che dimostrano a secondo delle loro personalità. Importante sarà come governeranno la città nei prossimi cinque anni, chi di loro avrà il coraggio di “cambiare” il modo di fare politica obsoleto e becero a cui si assiste oggi a tutti i livelli, dove l’azione principale non è cercare di fare il proprio dovere ma di sottolineare il difetto dell’avversario. Il popolo verte in estrema difficoltà economica, è stanco, sfiduciato, non ha un “leader” degno di essere tale e che dia se non altro la speranza che si può consegnare alle future generazioni un mondo come quello che è stato costruito con sacrificio e coscienza sociale da quelle precedenti. È doveroso farlo e solo chi fra Magrone e Cramarossa riuscirà a trasmettere all’elettorato questo messaggio, motivandolo a votare, sarà il nuovo sindaco di Modugno. Si augura alla città di eleggere il capo che in “tempo di crisi” come questo dia una sterzata coraggiosa e innovativa, per il bene di tutti.
Cramarossa o Magrone?
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