Libertà o schiavitù?
“Ho cominciato a 14 anni. Le mie giornate di festa le passavo nelle sale giochi. Le mie assenze a scuola: al 2° anno 1 mese, al 3° 90 giorni, al 4° bocciato per 110 giorni. Lavoravo nel settore ristorazione, ma soldi pochi: guadagnare 5 euro al lavoro non è come guadagnarli alle slot-machine che da 5 diventano 100. I soldi non mi bastavano mai e giunsi a rubare anche ai miei genitori. Davo appuntamenti agli altri, ma a metà strada entravo nella prima sala giochi che trovavo. Il giocatore ricorda le partite vinte, di quelle perse ricorda solo il post. I rapporti erano sempre più diradati, quelli con le ragazze non duravano più di 20 giorni: ero isolato. Ad oggi, per risanare i miei debiti di gioco ci vorranno circa 20 anni. E’ sempre un’illusione prima; dopo sei consapevole di fare una cavolata, ma la fai lo stesso. In famiglia, il giocatore studia il modo, anche la notte, per inventare bugie credibili. Un inferno di dieci anni: non riuscire a dormire, non voler alzarsi per andare a lavorare; oltre al danno economico c’è quello psicologico: sei assente. Di giorno ci penso al gioco; non si guarisce, ma si può arrestare, non puoi sfidarlo, perché è più forte di te. Ora riesco a guardare gli altri, ad avere degli obiettivi.” Questa la toccante dichiarazione di un ragazzo di 28 anni, giocatore d’azzardo compulsivo che ha smesso da circa 75 giorni, proiettata in forma anonima nell’auditorium dell’IISS Tommaso Fiore di Modugno. La scuola, con la supervisione del preside Eugenio Scardaccione, ha realizzato un progetto in collaborazione con il Circolo ACLI e con il SER.D. (Servizio per le Dipendenze) di Modugno. In virtù di una seria sensibilizzazione sui ragazzi per il grave pericolo chiamato quasi innocentemente ‘ludopatia’, gli stessi (della quarta) sono stati invitati alla realizzazione di un cortometraggio realizzato in una tabaccheria del territorio, dopo una serie di incontri coordinati dalla psicologa Eleonora Leombruno, dal sociologo Claudio Poggi e dall’assistente sociale Angela Mosca, nel quale hanno interpretato una situazione a rischio, quella di Davide che diventa un giocatore incallito senza accorgersene. All’incontro ‘La vita non è un azzardo…Modugno gioca responsabilmente’ tenutosi il 28 aprile e presentato da Vito Martinelli, presidente ACLI Modugno ‘San Rocco e San Nicola da Tolentino’ hanno partecipato Don Nicola Colatorti, che ha parlato di cifre paurose sul gioco: ‘800mila i giocatori, 2 milioni a rischio, 1260 euro la spesa nazionale pro-capite, neonati compresi. E’ un fatto sociale, familiare, di riguardo. Lo Stato ha dato l’input in tutta questa storia: non è esso che deve dettare la moralità e la modalità’. Poggi invece: ‘Lo Sportello di Ascolto è un primo momento…In ottemperanza alla L.43/13 i Servizi ASL si interfaccino con Istituzioni e Associazioni Private; questa iniziativa dovrebbe essere assunta anche dal Piano di Zona”. Leombruno invece: “Il gioco è d’azzardo perché è aleatorio e l’errore è la percezione della vincita”. Tonia Colaianni Triggiani, presidente dell’Associazione Vox Amica, su ragazzi e donne: “Il problema è capire cosa c’è dietro il gioco d’azzardo…i ragazzi come prendono i soldi? Dai loro genitori o che altro? E le donne giocatrici? Sono in aumento. La ludopatia è l’atto finale; quello iniziale è la solitudine”. Antonio Taranto, direttore del Dipartimento della Dipendenze Patologiche ASL BA ha detto: “Il SER.D. ascolta i bisogni senza imporre i comportamenti. La ASL è aperta ad un programma di prevenzione e vuole farlo in rete. Giocare è una cosa sacrosanta che si impara da piccoli, poiché nel gioco è nascosto il divertimento; se quest’ultimo viene inibito o usato male, crea delle carenze. L’Industria Nazionale del Farmaco sta cercando la ‘pillola’contro la dipendenza, ma questa va curata con la Psicologia”. Don Vito Piccinonna, direttore della Caritas Diocesana Bari-Bitonto invece: “Dio ha detto all’inizio ‘…Non è bene che l’uomo sia solo’. Non si deve lasciare nessuno da solo, perché la madre di ogni povertà è la solitudine…lavorare non solo sulle riparazioni, ma sulla prevenzione”. “Non è una piaga di ceto, anche se colpisce di più il ceto più basso, ma non c’è immunità. Le ACLI sono al centro della campagna ‘Mettiamoci in gioco’, all’interno della quale, uno degli auspici è di inserire il gioco d’azzardo nei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza)” ha concluso Nicola Pinto, presidente Provinciale ACLI BA-BAT. A questo punto una domanda sorgerebbe spontanea in tutti noi: vogliamo essere liberi o schiavi di un mostro invisibile?
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