Invitati ripetutamente ad intervenire imprenditori, artigiani, tecnici e politici. Mi è sembrato opportuno portare il punto di vista del cittadino comune che vive e sperimenta quotidianamente sulla propria pelle le decisioni della politica in ambito urbanistico.
Come si dice, ogni occasione è buona se serve alla causa, soprattutto quando in discussione ci sono i diritti delle persone a muoversi liberamente e vivere compiutamente gli spazi pubblici della propria città,
La questione che intendo portare all’attenzione di chi legge, è di per sè piccina, insignificante, persino banale per taluni, se rapportata ai grandi temi che gli strumenti di progettazione strategica affrontano nel pianificare lo sviluppo urbanistico di una città. Ma a volte sono proprio le piccole cose che si rivelano ai posteri come le grandi intuizioni, quelle cioè che hanno segnato l’inizio di un cambiamento e consentito la crescita economica, sociale e civile di una comunità. Quel cambiamento che trova la propria spinta e ragion d’essere nell’opporsi a forme di oscurantismo politico di menti letargiche perse all’ombra del campanile.
Modugno ha bisogno di una scossa. Adesso. Ma essa tarda ad arrivare. Nel frattempo i problemi si accumulano e, come un vaso colmo ogni goccia che arriva potrebbe farlo traboccare.
Pesante è il fardello di chi si accinge a governarla.
Riprendo il ragionamento con le riflessioni che seguono, che sottopongo al tuo giudizio.
Esse poggiano su fondamenta giuridiche coerenti con il quadro ordinamentale tracciato dai principi fondamentali sanciti dalla Costituzione Italiana agli ’artt. 2, 3, 4 comma 2, 13 e 16, nonchè dall’art. 8 del D.Lgs. n. 267/2000 (Partecipazione popolare) e dagli artt. 38 e ss dello Statuto comunale approvato con delibera del Consiglio comunale n. 38 del 23/07/2012. Tutto ciò, al fine di assicurare la migliore tutela (possibile) di interessi collettivi, ovvero, della comunità modugnese.
E, giusto per completezza, aggiungo che esse sono state già portate dal sottoscritto all’attenzione dell’amministrazione comunale nel luglio 2014, come “Osservazioni al Programma triennale delle opere pubbliche 2014/2016”. In tale circostanza, considerato il contesto, furono analizzate anche dal punto di vista politico, economico-finanziario e giuridico, ma, come è noto, la conclusione anticipata dell’esperienza politico-amministrativa non ha consentito la loro discussione nell’Aula consiliare, come la legge prevede. In questo conservano ancora tutta la loro freschezza e attualità.
Sono profondamente convinto che l’assetto urbanistico di una città non può intendersi e svilupparsi in modo avulso dalla vita delle persone, prescindendo cioè dai diritti di libertà ed eguaglianza degli individui che vivono nella comunità. Ne consegue che gli strumenti urbanistici di pianificazione territoriale devono avere in se elementi innovativi finalizzati a rendere le città e quindi anche Modugno, luoghi includenti, vivibili ed accessibili a tutti, ivi compreso i portatori di handicap, invalidi o persone che per varie ragioni sono costrette, anche temporaneamente, a deambulare con ausili o carrozzine.
I bisogni dell’individuo in quanto tale, portatore di diritti soggettivi, coincidono con i bisogni della collettività e in quanto tali necessitano di tutela. Sono queste le ragioni per cui gli strumenti urbanistici devono tener conto ed ottemperare ad un corpus di norme, sovra e sotto ordinate, alcune delle quali di rango costituzionale ed internazionale, poste a protezione dei diritti fondamentali della persona.
Entrando nel merito possiamo osservare che le Norme Tecniche di Attuazione vigenti nel Comune di Modugno, prevedono all’art. 18 (Zone destinate alla viabilità) lettera d comma 2, per le strade di P.R.G.C. e per la progettazione di strade della rete secondaria, marciapiedi larghi 75 cm.
Se consideriamo che su di essi insistono molto spesso, pali di segnaletica verticale, impianti semaforici, pannelli pubblicitari, cabine di servizio (Enel, Telecom, etc.), difficilmente ciò permetterà a persone diversamente abili che deambulano con ausili (carrozzina, stampelle, etc.) di muoversi liberamente ed in sicurezza, senza abbandonare il marciapiede. Tutto ciò riduce notevolmente, e, in alcuni casi, totalmente, il grado di libertà degli individui e di conseguenza la loro capacità ad accedere a scuole, strutture sportive, uffici pubblici, trasporto pubblico, etc..
Per quanto possa sembrare banale, una delle barriere architettoniche di ostacolo alla mobilità delle persone con disabilità motorie è certamente rappresentato dalla larghezza dei marciapiedi, ivi compreso, la cattiva qualità e/o la frequente assenza dello stesso.
Sicchè, mentre tutti concordano che la mobilità costituisce un aspetto essenziale della libertà e della qualità di vita delle persone, diritto costituzionalmente tutelato “ciascun cittadino può circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” (Art. 16 Cost.it.) e dalla Carta dei diritti dell’Unione europea (Art. II-105), nella realtà quotidiana siamo costretti a constatare che non è vero che ogni persona possa liberamente circolare in qualsiasi parte del territorio nazionale. Anzi, per le persone con disabilità motoria e sensoriale è vero il contrario.
C’è da aggiungere che tale diritto è tutelato anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge n. 18 del 2 marzo 2009. Infatti, l’articolo 9 (Accessibilità), stabilisce che “al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita”, impone di adottare “misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico”.
Appare chiaro che continuare a pensare allo sviluppo urbanistico della città dimensionando la larghezza dei marciapiedi a 75 cm, non può far altro che escludere e differenziare di fatto il diritto di accesso ai luoghi, introducendo in nuce uno stigma legato agli aspetti psico-fisico degli individui.
Ciò lede i diritti inviolabili dell’uomo affermati nell’articolo 1 della Dichiarazione di Madrid del marzo 2002 “La disabilità è una questione che riguarda i diritti umani” e dall’articolo 2 della Costituzione italiana che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, nonchè il diritto costituzionale di eguaglianza dei cittadini “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” (Art. 3 Cost.it).
Sono queste le ragioni che da tempo mi spingono ad impegnarmi sul tema nella speranza che prima o poi una nuova classe politica lungimirante e mitteleuropea si affacci a Palazzo Santa Croce e modifichi l’art. 18 lettera d comma 2 delle Norme Tecniche di Attuazione, affinchè
la realizzazione dei marciapiedi di nuova urbanizzazione possano consentire l’accessibilità e la fruibilità di tutti gli individui, ivi compreso di coloro che utilizzano stampelle, sedia a ruote o altri ausili per deambulare.
Ma sarebbe altrettanto opportuno che nei casi di intervento e ristrutturazione di strade, le dimensioni esistenti siano ricalibrate. In particolare si dovrà, ove possibile, operare il restringimento delle carreggiate alle dimensioni minime consentite rispetto al tipo di traffico e la realizzazione o l’allargamento dei marciapiedi.
Concludo facendo mio il principio richiamato nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America in cui viene affermato che “tutti gli uomini sono creati eguali”.
Troppo tempo è passato da allora, molte cose ci restano ancora da fare per rendere effettivo quel principio ed estenderlo al maggior numero di persone possibile, in linea di principio a tutti gli uomini.
Il diritto a muoversi liberamente e autonomamente in sicurezza, non è solo una questione di Diritti Umani, essa è sopratutto una forma di civiltà.
Modugno, 20 febbraio 2015
Raffaele PAPARELLA