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Siamo, ancora una volta, in campagna elettorale.
Si ha l’impressione però che gli avvenimenti degli ultimi anni non abbiano insegnato nulla.
Nessuno si preoccupa di analizzare i motivi che hanno spinto una larga parte dell’elettorato modugnese a preferire l’intransigente Magrone al moderato Fragassi nel ballottaggio dello scorso anno; nessuno si preoccupa di capire cosa realmente occorre fare per rimediare al tanto discusso problema urbanistico; quali sono le urgenze reali; quali sono le cose che è possibile fare.
Negli oltre quaranta programmi politici presentati dai vari candidati a sindaco degli ultimi 20 anni erano previste sempre le stesse cose, elencate in maniera diversa o scritte con diversa enfasi ma essenzialmente erano sempre e soltanto le stesse cose: promesse. Ben poche di quelle promesse sono state poi realizzate dai 5 sindaci eletti. Perché?
C’è qualcuno che si preoccupa di stilare un programma realizzabile? Che parli di benessere comune come sommatoria del benessere di tutti e non del bene comune che fa comodo solo a quelli che lo rivendicano?
C’è qualcuno che si preoccupa di sapere quanti sono i disoccupati a Modugno? E quante sono le famiglie in difficoltà? Quante sono le industrie del territorio, gli artigiani, i commercianti in crisi? Di cosa hanno bisogno gli anziani, i ragazzi, le famiglie?
Magrone nel giro di pochi mesi non aveva più la maggioranza, perché? Quali sono i veri motivi? Ora che l’urbanistica è ancora bloccata non c’è nessuno, fra chi lo contestava dentro o fuori palazzo S. Croce, che ammette di aver sbagliato a non dirgli “va bene, hai ragione, cerchiamo di rimediare nel minor tempo possibile, tutti insieme, ricordati però, Magrone, che il tuo voto vale quanto quello di ognuno degli altri consiglieri comunali”. Nemmeno Nicola Magrone ha il coraggio di ammettere la sua insufficienza in “amministrazione politica” resa evidente dalla sua propensione ad emulare quei personaggi dei quali Ignazio Silone così parlava con Indro Montanelli:“Ciò che mi colpì nei comunisti russi, anche in personalità veramente eccezionali come Lenin e Trotsky, era l’assoluta incapacità di discutere lealmente le opinioni contrarie alle proprie. Il dissenziente, per il semplice fatto che osava contraddire, era senz’altro un opportunista, se non addirittura un traditore e un venduto. Un avversario in buona fede sembrava per i comunisti russi inconcepibile” e così, arroccato nella sua “Fortezza Bastiani”, in attesa delle future vittorie politiche, l’ex sindaco si addestra, insieme ai suoi sodali, nella difficile arte dell’amministrazione cittadina.