La lettera di un Artista

Fa davvero piacere leggere la lettera del Maestro Paolo Lepore perché il direttore d’orchestra barese mette in evidenza un problema non solo legato alla Cultura, a cui qualcuno potrebbe anche non dare la giusta rilevanza, ma a un fatto di tutela del patrimonio di un territorio che rappresenta la nostra storia, la collocazione temporale di opere in contesti che raccontano di chi è passato di qui, lasciando una traccia di sé, come persona, come artista, come corrente di pensiero, imprimendo una traccia indelebile su di noi, non come imposizione, ma come flusso emozionale che si diffonde, creando bellezza. Una bellezza che ricopre i nostri palazzi, sede dell’Amministrazione, posti nei quali ci rechiamo spesso per problemi legati alla nostra infinita burocrazia, alle nostre questioni fiscali e similari, dove ci sediamo per attendere, a volte anche delle ore e spesso, vediamo opere pittoriche o scultoree, senza effettivamente ‘guardarle’. Forse pensiamo che siano appese o posizionate in tali uffici, solo perché qualcuno ha voluto riempirne le pareti leucine, insignificanti e grandi, per coprire uno spazio. In realtà, durante le nostre aspettative, il nostro cervello vaga in pensieri matematici e logici e non ci rendiamo conto di come le opere ci parlino e ci supportino anche nei nostri pensieri. Presi dalla fretta, dalla dura realtà quotidiana, non ci accorgiamo dei messaggi eterei che ci inviano, suggerendo al cervello di dare un po’ più di spazio d’espressione al suo emisfero destro, responsabile dell’emotività e del sentimento, più che al sinistro, responsabile della percezione, gestione e del pensiero matematico. Calzante la proposta del maestro Lepore di far fruttare le nostre risorse umane giovanili di laureati in materie artistiche, arginando così la piaga del lavoro, a favore della rivalutazione di un patrimonio artistico che non valutiamo abbastanza, ma che altri invece, dall’estero elevano degnamente (vedi l’enorme guadagno e lustro che il British Museum sta ottenendo con l’esposizione di pezzi archeologici presi in prestito dall’Italia dal sito di Pompei ed Ercolano, da noi in decadenza). Forse se provassimo ad ampliare di più il nostro emisfero destro, tacitando un po’ il sinistro, quello del calcolo, dell’interesse e chi più ne ha, più ne metta, la vita potrebbe davvero essere più semplice, scorrevole e vera.

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