Modugno lì, 24/05/2013
Intervista a Micaela Holzer, modugnese, guida presso la sinagoga Scolanova di Trani (BAT)
Buonasera Micaela Holzer. Nell’ambito della manifestazione “Trani a gogò”, in qualità di guida turistica, Lei illustra ai visitatori la storia e le vicende legate alla sinagoga Scolanova, edificata nel ‘ghetto’ ebraico della città del litorale nord-barese. Cosa può dirci a riguardo?
In qualità di guida della sinagoga all’interno di questo evento, mi occupo di illustrare ai visitatori la storia e la religione che ci sono dietro. La sinagoga fa parte della giudecca di Trani, cioè di quello che era il vecchio quartiere ebraico. Bisogna fare anche attenzione a non confondere i termini ‘giudecca’ e ‘ghetto’ perché usare il termine ghetto, per il quartiere ebraico di Trani, è improprio, nel senso che i ghetti nacquero nel 1600 ed erano dei quartieri ebraici chiusi, dove gli ebrei erano costretti a risiedere. Per fortuna, invece, la giudecca di Trani è antecedente a questo periodo. La nostra sinagoga è della prima metà del 1200 come anche le altre tre che erano presenti nel nostro quartiere ebraico; nel periodo fiorente che va dal 1100/1200 addirittura se ne contavano quattro di sinagoghe a Trani; di queste quattro sinagoghe a noi ne sono giunte solo due. La prima è la sinagoga Scolanova, che ancora oggi usiamo per riunirci, pregare, celebrare le nostre feste. L’altra sinagoga che ci è giunta è la sinagoga Scolagrande che oggi è più conosciuta dalla popolazione locale come chiesa di S.Anna. Tutte e quattro le sinagoghe, nel periodo 1300/1400 sotto il domino francese, andarono incontro ad un processo di mutamento in chiese.
La storia degli ebrei del sud Italia è una storia molto complicata perché è stata sempre caratterizzata dai diversi livelli di accoglienza o di rifiuto da parte dei governanti e della popolazione stessa. Da un lato venivano affidati loro dei compiti anche importanti, politici e sociali; ad esempio si ricorda come gli Statuti Marittimi, che furono un importantissimo documento commerciale, ebbero tre firme di cui due erano di ebrei. Quindi sappiamo bene l’importanza politica e sociale che l’elite, se così possiamo chiamarla, aveva raggiunto anche nel commercio, nella tintoria della seta, delle stoffe, che in quel periodo era un’attività molto redditizia. Però, parallelamente, l’odio religioso, l’astio per il diverso, per il non-cristiano in quel periodo era molto forte; per cui spesso c’erano delle ritorsioni verso gli ebrei. Vennero istituiti degli obblighi riguardo il vestiario che contemplavano la stella di Davide ricamata o delle tasse molto più alte da pagare finché poi si arrivò a quei processi di conversione forzata degli ebrei al cristianesimo, il fenomeno del cosiddetto ‘Marranesimo’, per cui gli ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo in privato rimanevano ancora ebrei, pregavano in casa da ebrei, ma uscendo per strada erano dei cristiani. E questo, possiamo dire, è stato l’inizio della fine delle comunità ebraiche nel sud Italia; in particolare, ricordiamo come sotto il dominio spagnolo nel 1541 ci fu la cacciata definitiva degli ebrei dal sud Italia. E’ da questo momento in poi che gli edifici sinagogali di Trani, come anche nel resto del meridione, vengono trasformati in chiese o semplicemente abbandonate. A Trani purtroppo fino al 2004/5 non c’è stata una forte presenza ebraica; o possiamo dire che non c’è stata affatto perché a Trani la comunità ebraica è presente da meno di dieci anni, da quando noi siamo arrivati e su concessione del comune abbiamo riottenuto l’edificio che era stato trasformato in una chiesa e l’abbiamo riconvertito in una sinagoga.
Per chi non conosce la religione ebraica, può illustrarci i principi portanti del suo credo?
La religione ebraica è molto antica, nasce diverse migliaia di anni fa. Nacque in un periodo molto particolare, nel senso che fu una delle prime – se non la prima – religione monoteistica ad affermarsi, in un periodo in cui c’erano diverse religioni che facevano capo a più divinità. La religione ebraica ha come punto nevralgico del suo credo la presenza di un solo Dio e questo viene assolutamente ribadito tanto nel primo, quanto nel secondo comandamento perché addirittura nel primo si afferma l’unicità del Dio, nel secondo si afferma il rifiuto di una qualsiasi raffigurazione divina, ma anche un totale rifiuto di una raffigurazione di un qualsiasi elemento che si trovi nel creato. Questo comandamento vieta di raffigurare quello che c’è in cielo, in terra e nel mare perché questo è frutto dell’idolatria. Non solo non possiamo sapere come sia fatto il Signore e pertanto non lo possiamo descrivere ma è lo stesso per ogni cosa del creato perché riproducendola significherebbe metterci sullo stesso piano, che stiamo dicendo , evitare l’idolatria è un segno sia di rispetto. Altri principi cardine della religione ebraica sono il rifiuto del proselitismo; nella Torah (il libro sacro per gli ebrei) c’è scritto che il popolo ebraico è il popolo eletto da Dio per incamminarsi verso una via di illuminazione e proprio in quanto popolo eletto vi è il rifiuto della conversione di una persona estranea all’ebraismo. Una persona nasce ebrea solo se la madre è ebrea. Per una persona non è assolutamente facile convertirsi all’ebraismo, il percorso di conversione comporta uno studio attento della religione ebraica e un esame finale con un rabbino che attesta effettivamente la volontà della persona interessata a volersi convertire. Per cui possiamo dire che è una religione abbastanza chiusa, nel senso che vi è questa percezione di una ‘lezione’. Per un certo periodo l’ ebraismo è stato visto come una setta proprio per questa sua chiusura rispetto ad una religione come quella cristiana che, al contrario, cercava di fare quanti più proseliti possibili.
Quali sono gli obblighi per l’ebreo?
La religione ebraica è piena di precetti. La donna ha come compito fondamentale l’educazione del figlio e quindi per la religione ebraica questo è un compito importantissimo. Per l’ebreo, il vanto non è aver avuto sette generazioni precedenti (di cui ad esempio si vantano simpaticamente i romani) ma è potersi vantare di poter tramandare ai figli l’ebraismo per cui, detto ciò, capiamo bene che è il compito principale della donna. L’uomo ha molti più precetti rispetto alla donna perché si crede che abbia più tempo per dedicarsi alla religione. In generale ci sono dei precetti molto particolari che riguardano entrambi i sessi, ad esempio sull’alimentazione, sulle norme igieniche. Noi abbiamo un tipo di alimentazione ‘kasher’ che vuol dire adatta: i cibi kasher devono avere dei requisiti di “adeguatezza”; ci sono determinate categorie di cibi che si possono mangiare e cibi che non si possono mangiare e quello che si può mangiare, ad esempio la carne, va trattata in un certo modo (
infatti ci sono dei corsi per diventare un macellaio ebraico e un macellaio ebreo). Stesso discorso per il vino. E’ questa possiamo dire anche un po’ la motivazione per cui solitamente le comunità ebraiche sono molto concentrate: vicino nascono sempre delle strutture che possono in un certo senso supportare la vita quotidiana di un ebreo; la vita di un ebreo è scandita dalla religione, dalla mattina fino alla sera; è un continuo seguire ed osservare i precetti scritti nella Torah e negli altri testi sacri.
Sappiamo che a Trani non sono più presenti famiglie ebraiche. Qui a Modugno, oltre a voi, ci sono altri fedeli?
A Modugno siamo solo noi. Nell’area di Bari ci sono solo tre o quattro famiglie. Noi siamo solo una comunità che fa riferimento alla sinagoga di Trani in quanto l’unica in tutta la Puglia ad essere attiva, quindi ad essere ancora usata per il culto, ma in realtà le famiglie, i membri che fanno parte di questa comunità sono sparsi per tutta la Puglia; ci sono diversi nuclei che si possono individuare nel leccese, nel brindisino, nella zona di Barletta c’è una famiglia.
Vuole raccontare ai nostri lettori la storia della sua famiglia ?
Faccio una premessa e dico che in generale la nostra comunità rappresenta tante storie perché non essendo autoctoni ognuno di noi ha un passato da raccontare, qualcuno si è trovato qui in Puglia per caso, se così possiamo dire; molti sono anche degli ebrei convertiti e che quindi hanno intrapreso un cammino ancora più impegnativo del cammino di un ebreo nato ebreo. Ma se vogliamo rimanere alla nostra famiglia, io pur essendo italiana porto un cognome particolare, un cognome tedesco e questo perché i miei nonni sono di origine polacca ed emigrarono in Israele nel periodo della seconda guerra mondiale; per cui, in realtà, mio padre è israeliano, nato ad Haifa. La cosa non finisce qua: mio padre dopo il servizio militare, che in Israele è ancora obbligatorio, vista anche la situazione di belligeranza che ancora oggi vige, venne qui in Italia a studiare e conobbe mia madre. Per avere un matrimonio religioso e, comunque anche perché nel conoscere mio padre si avvicinò alla religione ebraica, mia madre si convertì a Napoli e intraprese questo percorso di conversione molto impegnativo. Adesso sia io che mio fratello siamo ebrei. Tra l’altro, mio fratello non ebbe la fortuna di avere una sinagoga già attiva per cui ha dovuto cominciare il suo percorso di conversione e di studio dell’ebraismo (che si è concluso con il bar mitzvah – per i ragazzi -) a Roma perché in quel momento era il punto più vicino per noi ebrei pugliesi e invece, al contrario, io sono stata fortunata perché ho cominciato il mio cammino là dove la comunità era già nata; sono stata la prima persona a fare la cerimonia di passaggio dallo stato di bambina a quello di adulta dal punto di vista religioso (bat mitzvah, per le ragazze) nella nuova sinagoga. Un particolare: il passaggio appena citato permette all’ebreo di potersi assumere delle nuove responsabilità. Come, per esempio, quella dei rotoli della Torah, che possono essere tirati fuori solo durante il momento della preghiera e solo se sono presenti dieci uomini adulti (oppure dieci bambini che hanno fatto il bar o il bat mitzvah).
Il conflitto arabo-israeliano ha purtroppo radici lontane nel tempo e tuttora sembra di difficile soluzione. Quale è il suo pensiero al riguardo?
Io credo che come al solito la verità stia nel mezzo. Il popolo ebraico è andato via tanti secoli fa dalla terra della Palestina e di quello che oggi è l’odierna Israele e anche contro la propria volontà perché quando ci fu la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. da parte di Tito, l’imperatore romano; quello fu l’inizio della diaspora, una diaspora non voluta; non fu infatti un’emigrazione dovuta al fatto che non ci si trovava più bene nella zona ma appunto per i motivi che la guerra era stata persa. E’ ovvio che diventa difficile rivendicare un territorio dopo tanti secoli ma anche, non credo che la pretesa di avere uno stato proprio sia una pretesa del tutto scorretta. Certamente la via della guerra non è mai la via da prediligere perché tutte le guerre più importanti sono finite con dei trattati di pace quindi quello che noi auspichiamo come ebrei della diaspora (perché siamo ancora ebrei della diaspora) è il ritorno nella terra promessa e il riconoscimento del nostro stato da parte di altre potenze che ancora oggi non riconoscono l’esistenza dello stato di Israele ma soprattutto una risoluzione di questo conflitto che possa andare a favore di entrambe le parti, senza poter penalizzare l’uno o l’altro.
Da noi, in Puglia, vi è una consistente presenza di emigrati di fede musulmana, in quanto provenienti dal Maghreb, e in generale, dal mondo arabo. Lei è a conoscenza di contrasti con queste persone di fede diversa e come è la convivenza?
Noi, fino a quando si è formata la comunità, non abbiamo avuto problemi di natura antisemita, nessun insulto, nessun rifiuto da parte della popolazione; anzi quelle poche volte che la sinagoga viene aperta al pubblico, c’è sempre un grosso afflusso di turisti, di visitatori e di curiosi perché è un qualcosa di diverso che attira molto la popolazione e – ripeto – non ci sono mai stati problemi con la comunità musulmana che qui in Italia si è ingrandita negli ultimi anni; sicuramente noi siamo sempre per una convivenza che sia pacifica per permettere la coesistenza di diversi credo e delle diverse religioni.
Nella mia esperienza personale c’è la collaborazione due anni fa con il FAI (Fondo Ambiente Italiano) per aprire la sinagoga; all’epoca venne fatto un percorso interculturale e io fui felicissima di poter fare scoprire alle persone quante religioni siano vissute, siano passate nello stesso territorio e abbiano potuto vivere in armonia; tutto ciò è meraviglioso e io mi auguro che in futuro non ci siano problemi e che continueremo ad avere questa vita pacifica che è un traguardo che abbiamo raggiunto dopo secoli di conflitti.
Come vede il futuro della sinagoga e, più in generale, della vostra religione nella nostra città? Quali sono i vostri progetti?
Il futuro della nostra sinagoga lo vedo promettente, ma incerto. Nel senso che, da una parte noi abbiamo costruito una comunità ebraica dal niente,e quindi questo è già un ottimo risultato: riuscire ad ottenere la sinagoga, prendere contatti con delle persone che fino al giorno prima non sapevano nulla di questa realtà, è stato veramente un traguardo. Parallelamente, abbiamo delle grosse difficoltà organizzative perché c’è la comunità della città (in realtà noi la chiamiamo comunità di Trani, ma dovremo chiamarla comunità ebraica della Puglia) ma siamo sparsi nella intera regione e questo rende molto difficile la vita religiosa perché non riusciamo a riunirci molto spesso. Piuttosto, le feste le facciamo in piccoli gruppi. Sicuramente, l’auspicio è quello di diventare sempre più grandi, di riuscire a rintracciare altre persone, altri ebrei che vivono qui in Puglia o nella nostra zona e che vogliono riscoprire le proprie radici e le proprie tradizioni religiose. Ma parallelamente, speriamo di diventare una comunità molto più attiva non solo dal punto di vista degli eventi culturali, a cui noi partecipiamo molto volentieri, ma anche dal punto di vista degli eventi religiosi e quindi della nostra vita religiosa di comunità.
Allora, complimenti per i risultati raggiunti e buona fortuna a Micaela Holzer e a tutta la comunità ebraica di Puglia.
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