Il Centro Storico di Modugno: Se non lo conosci, non lo ami

Si dice abitualmente che Modugno non abbia un bel Centro Storico. Ben diversamente da altre città a forte vocazione turistica, quali Ostuni, Locorotondo, Cisternino, ecc., il Centro Storico di Modugno, dicono, è brutto, decisamente brutto. Leggevo da qualche parte, giorni fa, una polemica sul suo stato di igiene, di pulizia, sulla raccolta dei rifiuti. Ebbene, il resto di Modugno com’è? A mio parere il Centro storico è più pulito della periferia, non fosse altro perchè, per un connaturato senso di decoro e rispetto nei confronti dei vicini, gli abitanti delle case, specie di quelle che si aprono direttamente sulla strada, ci tengono a pulirne con diligenza il pezzo di loro pertinenza. Certo, poi ci sono quei tratti dove non si aprono porte, o le case sono disabitate, o sono fiancheggiate da edifici pubblici. Ecco: quei tratti sono gabinetti pubblici per colombi, di giorno; per nottambuli gravati da necessità fisiologiche, dopo l’imbrunire. Ma questa è una questione di civiltà per la quale nessun addebito può essere fatto agli abitanti del quartiere costretti, purtroppo per loro, a subire l’affronto e la schifezza.
Qualche tempo fa accompagnavo un gruppo di curiosi, modugnesi e non, in giro per i vicoli narrandone le storie e dovetti fermarmi, perchè il sito lo meritava, nella piazzetta davanti all’Arco dei Santi ed al “Palazzo Motta” (N.B. A Modugno non si fanno i panettoni e quello è il palazzo della famiglia Calò-Cesena sulla Motta). C’era un tanfo di orina così forte che afferrava alla gola e, da cittadino, me ne vergognavo come un cane in chiesa.

Ben diversamente dalla stradella in salita, via La Motta, che conduceva nel cuore di ciò che una volta era stato un castello. qui tutto era pulizia e lindore e la piazzetta in cima era un giardino di graste verdeggianti e fiorite. chissà quanti hanno mai notato lo stemma trecentesco che decora l’architrave di una finestra, o le iscrizioni sui cornicioni delle casetorri? Nomi di famiglie patrizie oggi estinte, come gli Alfarana, dai vaghi (ma poi non tanto) echi moreschi come la bifora sull’arco di via Vergini dove il Vinaccia (studioso di storia dell’arte) favoleggiò un convento scomparso, “le Vergini”, appunto. Se vi affacciaste nella chiesetta di San giovanni, potreste ammirare la maestosa figura di un Dio Padre Onnipotente benedicente una crocifissione fra Apostoli e Santi. E’ un dipinto del XIV secolo, ma se chiedeste chi era Andrea de Jannatio agli abitanti dell’omonimo vicolo che gira intorno alla cappella, chi vi saprebbe rispondere? Più di quindici cappelle e chiese si aprivano lungo le strade, luogo di preghiera e di sepoltura fino a due secoli fa, tanto da poter affermare, citando Carlo Levi, che “l’intero paese è costruito sulle ossa dei morti”. La metà di quelle chiese non esiste più; le superstiti sopravvivono grazie all’impegno di cittadini privati e di confraternite laicali.

A proposito: fino a quando la trecentesca cappella di Sant’Antonio dovrà reggere il palazzo prospiciente? Deve avere molta pazienza, Sant’Antonio, e anche spalle ben larghe se da molti anni continua a reggerne il peso. La fondò un tale De Chirico, detto Malacarne, nel 1376 e la dedicò a Sant’Antonio di Vienne, protettore dei malati di erpes zoster (il “fuoco di Sant’Antonio”); oggi potremmo intitolarla a Sant’Antonio al Puntello, protettore di chi porta pazienza.
Come questa chiesa, il Centro Storico sopravvive in bilico fra restauro e degrado, ristrutturazione e abbandono. E’ facile parlare di riassetto urbanistico e di rivalutazione del patrimonio storico-architettonico: senza denari non si cantano Messe. Il lastricato di belle basole bianche si è fermato tra via Carmine e Piazza del Popolo. Le altre strade sono rimaste al lastricato più antico che meriterebbe un po’ di manutenzione oppure è coperto dal bruttissimo asfalto che fu steso anni addietro per coprire il selciato sconnesso, in nome della modernità. Perché è qui il tallone d’Achille del nostro Centro Storico: il Modugnese è stato sempre attratto dal nuovo e dal moderno (e di questo non gli si può fare torto) specialmente se di nuova residenza, immigrato da ogni parte d’Italia attratto dal lavoro nella Zona Industriale. Le vecchie case non si addicevano ai moderni criteri abitativi e nuovi quartieri sono sorti per soddisfarne le necessità. E’ forse un male? No. Ma questo ha generato un effetto negativo: i più deboli sono rimasti indietro. Le case vecchie sono rimaste ai vecchi o a chi non poteva permettersi una casa nuova. Ci sono stati anche di quelli che son voluti rimanere spontaneamente. Hanno scommesso il loro futuro sul passato rimodernando le case a costo di sacrifici, magari accorpando più unità abitative, convinti del valore di una residenza storica perché, senza radici nel passato, un paese non ha futuro.

Per questo invito chi legge questa pagina a passeggiare per il Centro Storico, a soffermarsi per osservare la bellezza dei particolari architettonici seminascosti che ingentiliscono le vecchie case: piccole foglie scolpite sugli spigoli dei fabbricati, date incise in caratteri cinquecenteschi, stemmi, teste antropomorfe sorridenti o sbeffeggianti che si affacciano dagli angoli o di sotto i balconi dei palazzi rinascimentali. A chi ne sapesse leggere i segni, la chiesa Matrice saprebbe narrare quattro secoli di storia.
Fate una passeggiata nel Borgo Antico, tra via Conte Rocco Stella e piazza Romita Vescovo, via Carmine, Piazza del Popolo e intorno alla Motta, magari con la guida di Modugno tra le mani: non è Roma o Firenze, ma non vi dispiacerà.
Imparate a conoscere la nostra Storia, imparerete ad amare il vostro Paese.  

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