D: Come si fa capire ai propri allievi, nel raggiungimento di alcune tappe, che c’è qualcosa che potrebbe far loro scalare una montagna e cadere?
R: Il Doping è una tentazione quando i propri mezzi non permettono di superare certe barriere. Alla base deve esserci un’educazione da parte dei ‘veri allenatori’, da quando si è piccoli. Poi ci deve essere un ‘credo’: obiettivi posti sempre dall’allenatore, tappe reali, quasi oltre la capacità, ma pur sempre tangibili, inoltre la volontà alla base di chi esordisce. L’allenatore deve selezionare gli atleti in base a ciò e la famiglia deve essere di supporto, sia all’allenatore che all’allievo.
D: Come si fa a capire che lo sport non è annientamento dell’altro, che si vinca o si perda, ma equilibrio.
R: Io vengo da uno sport di squadra, il basket e, la mia esperienza personale mi ha portato ad inserire le dinamiche di gruppo all’interno di uno sport individuale:il nuoto. L’avversario è un confronto continuo e può essere anche il compagno di squadra. L’unione va cercata:ad esempio alla fine di ogni allenamento, inserisco 15-20 minuti di stretching, che è un modo per comunicare. Ciò permette di interfacciarsi con altre squadre, costruendo anche rapporti d’amicizia, quanto sana rivalità. Ho organizzato così, gare collegiali, con atleti che sono venuti qui da noi, ma che sulla carta sono nostri avversari.
D: Pietro Mennea, ex corridore nei 200 mt, avvocato e deputato parlamentare europeo dal ’99 al ‘04 ha affermato che ‘a livello comunitario c’era una forte lobby che faceva pressione per non far passare la legge di reato penale per Doping, fenomeno che alla criminalità organizzata rende più delle droghe’. Tutto questo, gli atleti lo sanno?
R: Io cerco di informare gli atleti sul contenuto e i rischi di queste sostanze, inoltre di stabilire obiettivi pluriennali, giusti, equilibrati e fattibili:ad esempio, nell’arco di 10 anni, creare una squadra con 1-2 atleti per i campionati italiani.
D: Il Doping è sistema senza regole, senza consenso-assenso:nelle strutture sportive viene fatta una campagna informativa?
R: No, lo fanno solo gli operatori di settore, perché vogliono informarsi. Non ci sono lezioni sul doping. Per allenarsi serve metodo e una sana alimentazione. Io ho istituito delle lezioni di educazione alimentare, coinvolgendo una nutrizionista che fa lezione ai piccoli per l’educazione alimentare in generale e ai grandi fa eseguire esami di sangue e continui richiami.
D: I prodotti che inducono il Doping sono facilmente acquistabili su Internet e nei negozi. Come redarguire che molte malattie come infarti, tumori, ecc., sono solo l’esito finale?
R: E’ bene sapere che per molti prodotti è trascurata la posologia e comunque manifestano i loro effetti nel tempo, poiché questi ultimi non si toccano e non si modellano. Uno sprazzo di tentativo è stato fatto dalla Federazione Nuoto Puglia, creando una lista su Internet con i nomi di istruttori e i loro titoli, i luoghi, perché i genitori sappiano dove i loro figli vanno e con chi. Peraltro le Istituzioni non prevedono un’obbligatorietà alla responsabilità.
D: Come si potrebbe agire?
R: Si dovrebbe partire accreditando le strutture, con la presenza di medici, psicologi e nutrizionisti che controllino, e non solo con esami generici.
D: Quali sono stati i vostri risultati nelle ultime gare di nuoto?
R: Ai campionati regionali, a fine febbraio, un nostro atleta, Giorgio La Gioia ha portato a casa dei titoli – 50-100-200 rana e 200 misti – Il 25-26-27 marzo prossimi ci saranno i campionati italiani a Riccione, ai quali lui parteciperà.
“ Eravamo consapevoli di atleti che sposarono un sistema diverso dal nostro, ma chi lavora, prima o poi raccoglie: è dura, ma meno dell’ ‘dell’altra strada’” (Pietro Mennea)