La pm Isabella Ginefra ha chiesto il processo anche per il “responsabile erogazione crediti della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Francesco Conteduca, il “responsabile della direzione regionale centro sud Roma” della Unicredit Corporate Banking spa, Alfredo Protino e il direttore generale della Unicredit Banca d’Impresa spa, Mario Aramini. Secondo l’accusa, derivati ad altissimo rischio sottoscritti con Unicredit avrebbero causato il fallimento dell’azienda barese. Nel 2006 (in seguito agli effetti catastrofici di quei derivati, sottoscritti a partire dal 2000) ha chiuso, licenziando 430 operai, ed è stata dichiarata fallita nel giugno scorso. La truffa complessiva ipotizzata dalla procura di Bari si aggira intorno ai 15 milioni di euro. L’indagine è stata avviata dopo la denuncia del titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi. Unicredit non lo avrebbe informato correttamente dei rischi connessi agli strumenti di finanza complessa che stava acquistando, proponendoli anzi come sicuri. La società, che produceva mobili imbottiti, ha avviato un parallelo processo civile, chiedendo a Unicredit la restituzione di 219 milioni di euro più 61 di interessi. Secondo l’accusa gli imputati accusati di truffa e appropriazione indebita, avrebbero indotto “Parisi nell’errore di ritenere che i 203 prodotti finanziari derivati, dallo stesso negoziati con la Filiale di Bari del Credito Italiano Spa, dell’Unicredit Banca Spa ed ancora dell’Unicredit Banca d’Impresa Spa, avessero finalità di copertura del rischio di cambio tra sterlina inglese e lira italiana (in 4 casi), tra dollaro Usa e lira italiana (in 22 casi), tra euro e dollaro Usa (in 171 casi) nonchè di copertura del rischio di variazione avverse dei tassi di interesse (nei restanti 6 casi), anzichè natura speculativa”. Il reato di estorsione è contestato a tre dei 20 imputati, i già citati Aramini e Protino e il Procuratore speciale di Aramini, Giuseppe Cittadino.
“In concorso tra loro – si legge nel capo d’imputazione – constringevano Parisi ad impegnarsi a corrispondere all’istituto di credito la somma di 4,5 milioni di euro (somma riveniente dalla riduzione al 50% dell’esposizione debitoria complessiva di quasi 9 milioni di euro), a saldo dell’obbligazione illecitamente creata con gli strumenti finanziari derivati a danno della predetta società (Divania, ndr). In particolare – si legga ancora nel capo d’imputazione – al fine di consentire a Parisi di estinguere il debito, lo costringevano a sottoscrivere con un pool di banche e quale capofila la Unicredit Banca d’Impresa Spa la Convenzione interbancaria del 7 giugno 2005 con la quale, oltre ad assumere altre ulteriori obbligazioni con le altre banche firmatarie, Parisi veniva costretto ad assumere l’impegno di costituire una nuova società denominata Parco don Vito srl; far acquistare dalla parco don Vito Srl l’immobile di proprietà della Divania Srl; stipulare un mutuo fondiario dell’importo di 10 milioni di euro tra la Parco Don Vito Srl e la Unicredit Banca d’Impresa Spa a garanzia del buon fine di tutte le obbligazioni assunte da Divania Srl con la Convenzione; versare la somma di 10 milioni di euro alla Divania Srl quale acconto per l’acquisto dell’opificio; impegnarsi a versare ad Unicredit Banca d’Impresa Spa trimestralmente la somma di oltre 244mila euro a partire dal 31 marzo 2008 fino all’estinzione del debito”. Nell’informativa finale del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari, si legge che “nel secondo trimestre 2003 alla Divania si può dire che viene sottratta la reale gestione della propria liquidità che di fatto viene assunta dalla Unicredit. L’effetto di questa scelta faceva sì che Divania, per la prima volta nella sua storia, diventasse inadempiente su rate di mutuo da pagare ad altre banche. Ed è così che nell’anno 2003 la società presenta una perdita d’esercizio di oltre 16 milioni di euro.
All’inizio di marzo 2004 Divania era ormai paralizzata sul piano finanziario, ai limiti del fallimento”. Ma che il fallimento di Divania sia stato causato dai derivati sottoscritti con Unicredit, e’ ancora tutto da dimostrare. E’ sostanzialmente questo il contenuto della sentenza con cui il 27 giugno scorso la sezione fallimentare del Tribunale civile di Bari ha dichiarato fallita la società Divania srl. Nel provvedimento, i giudici ripercorrono la situazione debitoria dell’azienda. Del resto il debito accertato dal tribunale fallimentare e’ di gran lunga superiore ai crediti vantati nei confronti di Unicredit (17 milioni di euro) e ammonta a oltre 43 milioni di euro.