Da sedici anni terra di confine, avamposto non solo di carità ma anche di assistenza spirituale, umana e sociale verso chi ha poco, niente, non solo in tasca ma spesso anche nel cuore, ma manca una mensa peri più bisognosi. Attraverso il Progetto “Banco Alimentare” tre giorni a settimana (lunedì, mercoledì e giovedì) vengono distribuiti pacchi di viveri a indigenti ed extracomunitari in difficoltà.
Una decina di persone, volontari appartenenti alla stessa esperienza ecclesiale, un locale piccolo, forse troppo, ma ospitale: questa è la Caritas della parrocchia Matrice. Ogni parrocchia ha il suo gruppo Caritas ma, spiega il responsabile delegato, Pino Debernardis “assistiamo anche famiglie di altre parrocchie che vengono presentate dai loro parroci”. La situazione è drammatica, seria. Come Caritas del centro storico l’associazione ha un gran da fare con l’assistere tanti tipi di povertà.
“Chi si rivolge a noi – spiega il responsabile – sono quelle persone che con un reddito basso non riescono ad “arrivare alla fine del mese”, ma non solo; infatti nel territorio della parrocchia vivono anche tanti immigrati, senegalesi, nigeriani e indiani che spesso vengono da noi per un sussidio”. La Caritas partecipa al progetto del “Banco Alimentare” e ogni due settimane il lunedì, mercoledì e giovedì vengono distribuiti pacchi di viveri a circa settanta famiglie, senza contare le circa cento famiglie di immigrati e altri “assistiti” che per pudore non osano farsi vedere negli orari di apertura ma preferiscono rivolgersi direttamente al parroco o ai volontari.
L’attività del centro, spiega un volontario, non riguarda solo la distribuzione di viveri, avendo in passato anche aiutato a trovare mobili per arredare qualche casa, o aiutato per il pagamento di utenze domestiche. Agli inizi il loro lavoro consisteva nel fare una colletta presso le persone benestanti del paese per cercare di comprare ciò che poteva servire a che si rivolgeva all’associazione. Purtroppo però negli ultimi tempi le esigenze sono cambiate e, complice la crisi economica, le richieste negli ultimi dieci anni si sono addirittura decuplicate.
“Il nostro – racconta Debernardis – nasce come centro d’ascolto. Il resto delle attività veniva di conseguenza, perché non si poteva restare indifferenti di fronte a chi ti chiedeva un aiuto: è il caso ad esempio di un’extracomunitaria senza permesso di soggiorno che necessitava di cure mediche, per cui l’associazione si è attivata per garantirle ciò che la legge non poteva, grazie anche all’aiuto di medici volontari e strutture mediche ecclesiastiche”. Il gruppo ha anche a che fare con persone alcolizzate o tossiche verso le quali l’intervento è complicato.