E poi il modugnese Francesco Devito. Nell’ordinanza d’arresto il giudice scrive: “Parisi Vito, Fiorentino Antonio e Devito Francesco promuovevano, dirigevano e finanziavano le illecite attività svolte dall’associazione con il ricorso a metodi ispirati alla violenza e alla sopraffazione”. Infine, a gestire il giro di soldi e prestiti, c’era l’altra donna coinvolta nell’operazione, Pasqualina Antonietta Consiglio Modugno, di origini francesi, ritenuta la finanziatrice del gruppo criminale, l’unica dei citati a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari.
A reperire la clientela per il sodalizio ci pensavano, secondo l’accusa, i modugnesi Deborah Cannale e Daniele Bottalico (Mago Ciccio), che insieme a Turi e Franco Amendolagine percepivano una percentuale sugli interessi. Infine i riciclatori del gruppo, tutti modugnesi: Cataldo Palermo, Claudio Carnevale e Cosimo Capasso. Un’organizzazione non verticistica ma “orizzontale” (come la definisce l’accusa), che “aveva a disposizione precise basi, ove i partecipi si riunivano e ricevevano le persone interessate a chiedere un prestito (la villa per Vito Parisi e il capannone nella zona industriale di Modugno per Antonio Fiorentino)”.
Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno consentito di ricostruire le modalità con cui i presunti usurai intimidivano le vittime. Frasi come “ti taglio la testa se non mi dai i soldi”, “o mi porti i soldi stasera o ti taglio a pezzettini”, “se non mi paghi ti sparo”. In un’occasione una delle vittime avrebbe detto testualmente al suo usuraio “questo mese non vi posso pagare, se vuoi ammazzami pure”, e lui, Vito Parisi, gli avrebbe risposto “non ho bisogno di uccidere te, se lo devo fare, uccido o tua moglie o uno dei tuoi figli”.
“E’ la prima volta che viene smantellato un modello organizzativo criminale nel quale le vittime in difficoltà venivano aiutate dagli usurai con rateazioni di pagamenti a patto che portassero altre vittime”. Questo è stato il commento del procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, a margine della conferenza stampa sugli arresti eseguiti dai finanzieri del Gico. La particolarità dell’organizzazione è infatti quella di aver fatto diventare gli usurati, 15 quelli accertati, a loro volta usurai con la formula del “presenta un amico”: vittime del clan ai quali veniva proposto di presentare nuovi clienti bisognosi e in cambio ricevevano sconti sui tassi usurai. E’ il ruolo di alcuni imprenditori finiti agli arresti domiciliari, come il modugnese Cosimo Capasso, ma non solo.
Vittima e carnefice, finito suo malgrado nel vortice dei prestiti e costretto a collaborare con i criminali, paradossalmente, per tentare di venirne fuori. Imprenditori e negozianti erano le vittime preferite dal gruppo. Le indagini infatti sono partite nel 2008 dalla denuncia di un ristoratore (oggi sotto protezione) stanco di subire vessazioni, minacce e danneggiamenti oltre che a pagare somme di denaro con tassi che variavano dal 120% al 240%. Altro sistema per fare business era reclutare i giocatori d’azzardo. Venivano adescati in un circolo ricreativo, il SIFI Club, noto come club Padolecchia, con promesse di grandi vincite in alcuni casinò in Italia e all’estero, soprattutto in Croazia, Slovenia e a San Pietroburgo.
A loro venivano offerti pacchetti di viaggio gratis con il solo impegno di acquistare nei casinò fiches per 5 mila euro. Grazie ad una sorta di convenzione con le case da gioco, il capo dell’organizzazione Vito Parisi, guadagnava 200 euro per ogni giocatore che puntava. Nel momento in cui quest’ultimo iniziava a perdere soldi, l’organizzazione immediatamente soccorreva il malcapitato prestandogli denaro, naturalmente con tassi usurai che oscillavano tra il 10 e il 25%. In due anni di indagini i finanzieri hanno accertato il clima di terrorismo psicologico che le vittime subivano.
Minacce telefoniche e visite quotidiane anche a casa. Gente senza scrupoli che non ha desistito neppure quando si sono verificati lutti nelle famiglie delle vittime. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni per complessivi 15 milioni di euro: tre ville (a Bari e Modugno), 16 appartamenti (a Bari, Modugno, Ostuni, in provincia di Brindisi, e Melendugno in provincia di Lecce), un locale e due box (ad Acquaviva delle Fonti), 8 ditte individuali (a Bari e Modugno), 10 società (Bari, Triggiano e Modugno), 35 auto (molte di grossa cilindrata), 11 veicoli commerciali e 19 motocicli.
Al momento degli arresti i militari del Gico hanno sequestrato ulteriori auto nelle disponibilità degli arrestati, gioielli, quadri e anfore antiche. All’indomani degli arresti gli indagati sono stati interrogati, ma per nessuno di loro il gip ha accolto la richiesta di revoca della misura cautelare. Ora toccherà al Tribunale del Riesame decidere se rimetterli in libertà.