Che succede a Pinocchio dopo il lieto fine raccontato da Lorenzini? La storia continua tra le pagine di Brancaccio. Trasformato in un bimbo vero diventerà anche un bravo ragazzo? Leggete e scopritelo. “E tutti vissero felici e contenti!”. Ogni racconto fantastico, che trova la sua origine nella radice popolare, finisce così. E se non lo scrive l’autore, nell’immaginario collettivo è stampata, fissa, immodificabile la formula del finale a lieto fine di ogni fiaba. Scritta e non scritta. E poi?
In quanti ci siamo chiesti cosa fosse successo a Pinocchio dopo lo spaccato di vita del burattino-fanciullo- raccontato da Carlo Lorenzini alla fine dell’Ottocento? E non solo lui: quale è stato il destino del mondo fantastico, eppure così tanto legato alla quotidianità della vita umana, dei protagonisti delle vicende e delle avventure di Pinocchio? Queste domande nascono dal fatto che certe storie, oltre che raccontarsi, ti raccontano. Sono pezzi di biografie, singole e collettive. Un sorta di specchio che ti si para di fronte e ti accompagna, il Grillo Parlante del quale tutti e sempre sentiamo il bisogno.
Giovanni Brancaccio, autore modugnese, con una penna mossa da passione senza corruzione di tecnicismi, ha dato un seguito a quel patrimonio collettivo che rappresenta la storia di Pinocchio regalandoci l’occasione di rituffarci nello straordinario mondo realistico/fiabesco che ha segnato le nostre infanzie lasciando un segno indelebile nei nostri percorsi di vita. Vi è mai capitato, infatti, di incontrare qualcuno che non conoscesse Pinocchio?
Brancaccio ha avuto l’audacia di mettere mano ad una icona, di sfondare il muro dell’intoccabile, senza intaccare la portata intergenerazionale del messaggio complessivo e degli spunti di riflessione che ha offerto e che, con questo scritto continua ad offrire, la storia di Pinocchio. La corsa ad accaparrarsi una copia del libro da parte degli adulti (che è già ad una prima ristampa e che a breve sarà distribuito sul territorio nazionale) e l’attenzione mediatica che l’evento editoriale ha suscitato, da un lato conferma (e di questo non ve ne era bisogno) l’attualità della presenza di Pinocchio nel quotidiano collettivo come sostrato significativo, dall’altro fornisce la misura di una attesa mai detta, mai resa manifesta così come si fa nei confronti delle cose per quali si nutre reverenza.