L’attesa di un futuro migliore per un papà senza lavoro e con una bimba da accudire. La speranza di una ripresa è quasi un obbligo per chi rimane senza un’occupazione stabile.
La crisi del salotto imbottito non ha investito solo l’area della Murgia al confine tra la Puglia e la Basilicata ma i suoi riflessi negativi si sono fatti sentire anche a Modugno nel cosiddetto indotto. Mercati saturi, delocalizzazione, concorrenza cinese, rafforzamento dell’euro sono state tra le cause principali che hanno costretto le aziende operanti in questo settore a ripensare i propri programmi di investimento e, in molti casi, anche a ricorrere a licenziamenti, cassa integrazione e mobilità.
Michele M., modugnese e sposato con un figlio, fa parte di questo esercito di ex lavoratori del mercato del salotto un tempo florido e con prospettive di crescita. Dopo dieci anni come tappezziere e mulettista, ad un certo momento viene collocato in mobilità perché il fatturato e gli ordini della sua azienda si erano ridimensionati. Cominciano le preoccupazioni per Michele e la sua famiglia: lo stipendio che non basta mai, i sacrifici per arrivare a fine mese con un bambino di pochi anni da far crescere, le bollette da pagare. Il mondo sembra crollare addosso anche perché i risparmi si assottigliano come la fiducia nel ricollocarsi in breve tempo.
La famiglia di Michele e della sua sposa hanno arginato come meglio potevano una situazione di emergenza. Hanno svolto loro la funzione di “ammortizzatore sociale” per evitare che la situazione potesse degenerare. Non è stato facile andare avanti inventandosi ogni giorno qualche stratagemma per conciliare il pranzo con la cena. Mentre Michele la mattina bussava a mille porte per trovare una sistemazione che gli consentisse di riacquistare anzitutto